Crosetto ci spiega perché “la difesa di attacchi via missilistica deve essere una priorità per tutti”

Il modello inglese, l’Italia, la minaccia di Putin e l’Iron Dome per l’Europa: difendere l’Ucraina per difendere noi stessi è necessario, ma visti i tempi che corrono forse non è più sufficiente

Che cosa vuol dire esattamente proteggersi dalla minaccia russa? Che cosa vuol dire esattamente proteggere i propri confini dalle esondazioni di Putin? Che cosa vuol dire esattamente proteggere la propria sovranità da tutti coloro che cercano di utilizzare le nostre vulnerabilità per influenzare le nostre democrazie? Negli ultimi tre anni, la risposta a queste domande, in Europa, tendenzialmente ha coinciso con una parola, con uno stato, con una bandiera: l’Ucraina. Proteggere l’Ucraina, negli ultimi tre anni, ha avuto molti significati, significati strategici, significati militari, significati politici, ma al fondo l’Europa che ha scelto e che sta scegliendo ancora oggi di proteggere militarmente l’Ucraina ha fatto una scelta al centro della quale non vi è semplicemente la difesa di un paese sovrano abbracciato all’Europa ma vi è anche la scelta di difendere i confini delle nostre democrazie difendendo i confini di una democrazia aggredita. La nuova fase storica che stiamo vivendo negli ultimi tempi, una fase fatta di trattative di pace appese a un filo, una fase fatta di aggressori che vengono trattati come se fossero gli aggrediti, una fase fatta di minacce alla sicurezza dell’Europa che a causa di un disinteresse per l’Europa mostrato dalla democrazia più importante del mondo, ovvero l’America, potrebbe divenire ancora più complicata da gestire nel futuro rispetto al recente passato, in questa nuova fase storica, si diceva, da mesi i paesi europei, intesi quelli anche dell’Europa allargata, cercano modi creativi per provare a prevenire turbolenze future.

Qualcuno lo ha fatto entrando nella Nato (Svezia e Finlandia). Qualcuno lo ha fatto ragionando su un ritorno alla leva militare (Germania e Polonia). Qualcuno lo ha fatto evocando truppe di volenterosi (Francia, Regno Unito e Germania). Qualcun altro lo ha fatto tornando a evocare lo stesso strumento difensivo poderoso utilizzato da Israele per intercettare i razzi e i missili lanciati dai terroristi e dalle milizie in giro per il medio oriente che sognano di spazzare via Israele dalla mappa geografica (l’Iron Dome). Il Telegraph, pochi giorni fa, ha rivelato, senza essere stato smentito, che la Gran Bretagna si sta preparando segretamente a un attacco militare diretto da parte della Russia, nel timore che non sia pronta per una eventuale guerra. Per questo, da parte del governo, è stato chiesto ai funzionari responsabili della Difesa di aggiornare i piani di emergenza vecchi di vent’anni anni che avrebbero messo il paese in condizioni di guerra dopo le minacce di attacco da parte del Cremlino. Nel nuovo piano, dice sempre il Telegraph, saranno inclusi scenari in cui la Gran Bretagna verrà colpita da missili convenzionali, testate nucleari o operazioni informatiche, che rappresentavano una minaccia limitata quando è stato effettuato l’ultimo aggiornamento significativo del piano, ovvero prima del 2005. Le istituzioni inglesi hanno scelto di prendere particolarmente sul serio l’annuncio fatto da Russia, Cina e Iran, che sostengono – lo hanno detto il 23 novembre 2024 – di aver sviluppato missili ipersonici in grado di viaggiare fino a dieci volte la velocità del suono e di eludere le difese più facilmente di un missile balistico convenzionale. Ed è per questo che i funzionari della Difesa del Regno Unito hanno anche chiesto al governo inglese di sviluppare una propria versione dell’Iron Dome di Israele per proteggerlo dagli attacchi missilistici.

Abbiamo cercato di capire se anche in Italia vi sono preoccupazioni simmetriche e quello che emerge dalla nostra piccola indagine offre qualche spunto interessante e anche qualche notizia. In Italia, secondo la Relazione annuale 2025 sulla politica dell’informazione per la sicurezza, i principali rischi che corre il nostro paese in relazione alla minaccia russa sono legati alla guerra ibrida: sabotaggi, atti di violenza asimmetrica, disinformazione e ingerenze digitali. Nella fase attuale, confidano al Foglio fonti che hanno accesso al dossier, non vi è nulla di paragonabile a quanto sta facendo il Regno Unito “se non un aggiornamento fisiologico dei piani, che annualmente sono programmati, ma assolutamente non in correlazione con eventi bellici potenziali”. La possibilità di sviluppare una propria versione dell’Iron Dome di Israele per proteggere i paesi membri dell’Ue dagli attacchi missilistici non è però solo un pallino inglese: è da sempre un pallino anche di molti ministri della Difesa europei.

Nel 2022, su iniziativa della Germania, è stato creato l’European Sky Shield Initiative (Essi), che altro non è che un progetto nato per creare un sistema europeo integrato di difesa aerea e antimissile, ideato per rafforzare la sicurezza del continente contro minacce come missili balistici, droni e attacchi aerei, attraverso l’acquisto congiunto di tecnologie interoperabili (come Iris-T, Patriot e Arrow 3). All’Essi aderiscono venti paesi europei, ma non Francia e Italia, che promuovono una difesa europea basata su sistemi sviluppati congiuntamente, come il progetto italo-francese Samp/T e contestano l’acquisto di tecnologie extraeuropee, in particolare israeliane e statunitensi, preferendo rafforzare l’autonomia strategica dell’Ue. Nonostante questo, però, interpellato dal Foglio, il ministro della Difesa Guido Crosetto non si nasconde. E a domanda diretta, se uno strumento modello Iron Dome sia o no da considerare un’opportunità da valutare con serietà per il nostro futuro, il ministro Crosetto risponde così: “La difesa da possibili attacchi via missilistica è una priorità per chiunque si debba occupare della sicurezza e della difesa di una nazione”. Allarmismo, no. Ma tempo di una svolta, forse sì. Difendere l’Ucraina per difendere noi stessi è necessario. Ma visti i tempi che corrono forse non è più sufficiente. La sovranità di un paese, in fondo, passa anche da qui.

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  • Claudio Cerasa
    Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e “Ho visto l’uomo nero”, con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.

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