Sono passati diversi decenni e sembrano ieri, al massimo l’altro. Di storie da raccontare ce ne sarebbero migliaia: “Sono cambiati gli attrezzi, gli staff sono affollatissimi, negli spogliatoi si parla pochissimo. Però c’è una cosa che non cambierà mai, ed è il gioco, che è rimasto lo stesso”
È il giorno del ritorno. Roma ha il nuovo Papa, Roma is the place to be. Sinner, Musetti, Berrettini, Paolini, Cinà, Grant, Fognini. Presente, futuro, quasi passato: è tutto al Foro italico in queste settimane.
Oltre a rincorrere l’attualità di un paese che vanta 3 giocatori in top 10 tra Atp e Wta, diventato improvvisamente un popolo di tennisti, è interessante e divertente fare un salto nell’epoca in cui si giocava con racchette di legno, si calzavano scarpe Superga e la sera si andava tutti a cena insieme, compagni di squadra e avversari del giorno dopo. Si tratta dell’epoca di Panatta&Bertolucci, ormai diventato un nome unico, che si legge e si pensa tutto attaccato. Tennis Heroes è la nuova produzione di Sky Sport che accompagnerà l’estate sportiva della tv dalla terra rossa all’erba di Wimbledon proseguendo per il finale di stagione sul cemento con l’ultimo Slam dell’anno, lo Us Open e le Atp Finals di Torino. In totale 42 tornei tutti live. Il giro del mondo dentro un campo da tennis. E anche un giro nel tempo. La prima delle dieci puntate è dedicata a Bjorn Borg, l’uomo che ha portato la musica pop nella Cattedrale dei gesti bianchi. Aneddoti, amarcord, scherzi e un po’ di nostalgia per quel tennis a bassa definizione, con le polo a righe, le discese a rete con tuffo finale e i ciuffi di capelli al vento. La coppia azzurra non ha avuto bisogno di copioni, prove o pause durante la registrazione del programma, nessuna puntata pilota ma braccio sciolto, come ai tempi della Davis del 1976.
“Un giorno Borg viene da me e Adriano e ci dice: ‘Portatemi a cena fuori’. Io lo guardo dalla testa ai piedi e gli rispondo: ‘Forse non hai capito’. Aveva un paio di zoccoli svedesi, camicione di jeans e jeans. Non lo si poteva guardare. Lo abbiamo portato in una boutique costosissima, gli abbiamo fatto spendere un sacco di soldi, ma lui era felicissimo. Lo chiamavamo il Matto Calmo”, racconta Paolo Bertolucci che oggi il tennis continua a vederlo, commentarlo e comprenderlo un po’ prima degli altri. “I capelli bianchi a questo servono. Di partite in tutta la mia vita ne ho viste più di un milione”.
Alcune fotografie e ricordi di quell’epoca non si possono raccontare, altri sono diventati leggenda, rotocalchi, immagini della dolce vita. Sono passati diversi decenni e sembrano ieri, al massimo l’altro. Di storie da raccontare ce ne sarebbero migliaia e ce ne saranno, tutte a ruota libera, raccontando tutta la verità, nient’altro che quella, soprattutto quando pare incredibile.
Gli eroi del tennis made in Panatta&Bertolucci sono diversi da quelli contemporanei. “Sono cambiati gli attrezzi, gli staff sono affollatissimi, negli spogliatoi si parla pochissimo. Però c’è una cosa che non cambierà mai, ed è il gioco, che è rimasto lo stesso”. A chi gli chiede per chi pagherebbe il biglietto Paolo Bertolucci risponde così: “Tra gli uomini McEnroe, Nastase, i match tra Federer e Nadal, quelli tra Sinner e Alcaraz. E poi Fonseca. Tra le donne Navratilova, Hingis, Seles, Henin e poi Flavia Pennetta”. Passato, presente e futuro: nostalgia ma soprattutto curiosità.
Roma attende il ritorno del numero uno del mondo. Jannik Sinner tornerà in campo cento giorni dopo l’ultimo match, la finale degli Australian Open. L’esordio al Foro Italico sarà contro l’argentino Mariano Navone. Bertolucci, ritornando sul presente commenta così il come back: “Jannik deve soltanto sciogliersi e non guardare il punteggio. Roma è un passaggio in direzione Parigi. Sono contento che per un mese non abbia toccato la racchetta, era la cosa giusta da fare. Senza un infortunio, allenarsi e basta per tre mesi è una tortura, c’è da sbattere la testa contro il muro”. La stagione del tennis è ancora lunghissima e tutta in diretta.