L’Artico è stato teatro di imprese eroiche, ora ridotto a piazza mercantile

Da Fridtjof Nansen (che per primo attraversò la Groenlandia) alla scomparsa fra i ghiacci del grande Roald Amundsen. Da muto scenario di azioni al limite dell’umano a trafficata autostrada di barche: una perdita di magia e mistero

L’interesse di Trump per la Groenlandia non è quello di un giocatore di Monopoly, bensì di uno scacchista intento a preparare un attacco combinativo al Re. La Torre, l’Alaska, è già da tempo in posizione, in attesa di promuovere la Groenlandia a Regina. Mentre il Re avversario è il Polo nord, ossia la rotta transpolare, che lo scioglimento sempre più massivo e duraturo dei ghiacci durante l’estate rende finalmente praticabile ai cargo commerciali. Una rotta che cancellerebbe, quanto a minor durata e sicurezza, sia il canale di Suez che quello di Panama, unendo Pacifico e Atlantico quasi con la stessa semplicità di uno schiocco di dita. Si capiscono quindi le mire di Stati Uniti, Russia, Canada e altri paesi circumpolari verso questo nuovo intonso scacchiere della Storia. Così almanacca la geopolitica e l’economia. Duole un poco però che la Storia umana – con le sue anodine cifre e cupidigie sfrenate e ben peggio con le sue suole sporche di sangue – sia giunta sino al niveo Artico; il quale da ultimo limite invalicabile dell’umanità (una delle postreme conquiste geografiche della Terra, quasi una sorta di paesaggio lunare quaggiù) è infine scaduto a più utile e diretta rotta commerciale, quindi con una perdita di panica inviolabilità, nonché di eroismo.

Per esempio l’Encyclopedia of Explorations di R.J. Howgego (opera monumentale in cinque volumi e summa del genere) nel volume The Oceans, Islands and Polar Regions raccoglie più di cento biografie di esploratori artici, arrestandosi però al 1940, dato che in seguito, nota con profetica malinconia Howgego: “Their number becomes too great and their discoveries too insignificant”. Eppure il Polo nord, prima di divenire un’altra affollata piazza mercantile o una trafficata autostrada di barche, è stato il muto scenario d’imprese al limite dell’umano, fissatrici di quel limite, oltre che della possibilità di superarlo, seppur per poco. Chissà se Trump conosce i nomi di Fridtjof Nansen che per primo attraversò la Groenlandia, o di Robert Peary che raggiunse contestato il Polo nord? Del nostro Umberto Nobile che tentò tragicamente di trasvolarlo e del grande Roald Amundsen che scomparve tra i ghiacci soccorrendolo? Più educativo per il presidente yankee sarebbe forse il destino del vecchio John Franklin al comando delle navi Erebus e Terror: partito in pompa nel 1845, convinto di svelare il celeberrimo Passaggio a Nord-Ovest, scomparve invece tra i ghiacci della baia di Baffin. Nulla più si seppe di lui e del suo sventurato equipaggio. La vicenda offrì in seguito il destro alle congetture romanzesche – tra mistico e cannibalico – della formidabile serie The Terror, ove la Natura sembra vendicarsi della iattanza degli uomini, suoi figli ormai degeneri e mostruosi.

Molti esploratori artici, nei loro diari, parlano della bellezza indicibile di quei luoghi e in particolare della notte polare, ove lo spazio profondo – con le sue infinite stelle e aurore boreali – sembra scendere sulla Terra; ne esaltano i colori traslucidi e cangianti, visibili solo a quelle severe latitudini, colori tra l’oro e il violetto inesistenti altrove e proibiti a qualunque artista. Anche per gli esploratori artici si è parlato di un “mal di Polo”, una sorta di fascinazione morbosa che li riportava, appena scampati a stento da quell’inferno bianco, a ritornarci ancora, spesso a morirci. Nulla poteva dissuaderli, né la stretta dei ghiacci (descritta come una paurosa morsa schiacciatesta dai rumori striduli e insieme rimbombanti) né l’immagine puntuta dei lastroni che come schegge aguzze di giganti ferivano l’occhio con una desolazione d’anima simile a quella del Mare di ghiaccio di Friedrich. Ma più di tutto la fine del Polo nord quale luogo regolativo delle ambizioni e sicumere umane (quasi a ricordarci che siamo piccoli ospiti sopra questo pianetino) è una perdita di magia e mistero. Sul nostro cammino di umanità non apparirà più la figura velata di Poe del Gordon Pym, la cui pelle presentava “il perfettissimo candore della neve”.

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