Kyiv rende inquieti i cieli di Mosca alla vigilia della parata. Tè e tappeti per Xi, ma ogni leader in Piazza Rossa ha il suo significato. Da Vucic a Fico, passando per la Csto
Da ieri è iniziata la tregua voluta da Vladimir Putin per celebrare il suo Giorno della Vittoria. Gli ucraini hanno mandato sciami di droni per disturbare la festività del capo del Cremlino e i cieli inquieti sono un messaggio non soltanto a Putin ma anche a tutti suoi ospiti, che per la prima volta dopo tre anni sono tornati in molti sugli spalti della Piazza Rossa.
Putin annuncia tregue a piacimento, ha fatto del 9 maggio un giorno sacro per sancire la continuità tra la vittoria sul nazismo e l’invasione che ha lanciato contro l’Ucraina. Chi siede oggi sugli spalti, condivide questa idea.
L’ospite d’onore è il leader cinese Xi Jinping, accolto con i tappeti rossi, con tazze di tè in mano. Xi ha portato in dote i suoi soldati che si sono mescolati con gli uomini di Mosca. La tregua di Putin serve anche a non disturbare i suoi ospiti e non mostrare a Xi e a tutti gli altri che stanno sostenendo la sua guerra che i cieli di Mosca sono vulnerabili. I droni di Kyiv possono arrivare a Mosca. Due anni fa due droni giunsero fino al Cremlino e danneggiarono una cupola, ma quotidianamente colpiscono punti strategici dentro al territorio della Federazione russa. Per Putin il 9 maggio serve a proiettare verso il popolo la potenza dell’esercito, ma anche a mostrare agli alleati che Mosca è convinta delle sue azioni. E’ il giorno più importante per la propaganda e ogni presenza tratteggia la linea delle alleanze. Xi è andato a mostrare che l’amicizia con Mosca è forte, ma anche la presenza di un europeo come il premier slovacco Robert Fico è importante: per Putin mostra che l’Ue è divisa e non tutti sono pronti a dimenticare il Cremlino. Anche l’arrivo del serbo Aleksandar Vucic ha il suo valore e indica che le mani di Mosca sui paesi che possono ambire all’Ue reggono la presa con forza. Fondamentali sono gli alleati di sempre: ci sono tutti i leader della Csto, il Trattato per la sicurezza collettiva, l’alleanza che lega alcuni dei paesi che hanno fatto parte dell’ex Unione sovietica e la loro presenza fissa sugli spalti per Putin è il segnale da mandare al mondo che il suo controllo in Asia centrale, nell’area che non ha mai smesso di ritenere sua continua e continua anche in Armenia, nonostante il premier Nikol Pashinyan si sia sentito tradito da Mosca che non ha aiutato Erevan in Nagorno Karabakh e non è mai intervenuta per aiutare gli armeni.
Accanto a Putin poi c’è l’ospite fisso, quello che al suo fianco non è mani mancato: Aljaksandr Lukashenka, il dittatore bielorusso che da questa settimana ha un altro motivo di gratitudine per Putin: il capo del Cremlino è andato a commemorare la resistenza di Minsk contro il nazismo. La resistenza non c’è mai stata, neppure fu organizzata: Minsk non resistette all’arrivo dei tedeschi e anche gli uomini del Cremlino lasciarono la città in fretta e furia. Putin ha inventato un mito per far contento Lukashenka che per questa amicizia che gli consente di rimanere al potere si accontenta di briciole.