Ora dovrei portare a mio figlio le prove che non passo tutto il mio tempo su TikTok
Da quando mio figlio ha scoperto che gli piace molto leggere, la mia vita è cambiata. A volte, confesso, ho usato l’immaginazione per figurarmi questa possibilità: fantasticavo di vederlo arrivare a casa con un libro in tasca, ansioso di discuterne con me. Io sarei stata accogliente, seria, anche spiritosa ma soprattutto acuta. Lui mi avrebbe ascoltato con grande interesse, avremmo discusso di letteratura mentre, io con un bicchiere di vino bianco molto freddo in mano, lui con una Coca, lui mi avrebbe detto, giorni dopo: mamma come mi piace parlare con te.
Non ho mai badato alla frase secondo cui bisogna fare attenzione ai propri desideri perché potrebbero avverarsi, che scemenza: se un desiderio si realizza io sono felice e basta, ma appunto da quando mio figlio ha scoperto che gli piace leggere (era un mio desiderio ma non l’ho mai espresso davanti a una stella cadente, mi sembrava che la stella mentre cadeva mi avrebbe detto: dai, non mi sopravvalutare), la mia vita è cambiata. In meglio, nel senso che mi commuove vederlo spesso assorto in un libro? In meglio, nel senso che mi sembra che il lavoro di una vita stia dando i suoi frutti? In meglio, nel senso che il nostro rapporto ora si nutre di una passione comune che ci avvicina? In realtà, per niente. Mio figlio l’altro giorno è entrato in cucina, dove mi ero appena accasciata sperando che qualcuno mi offrisse un bicchiere di vino bianco freddo, e ha detto, con il suo cavolo di libro in tasca e un’aria scettica: comunque mamma, io non ti vedo mai leggere.
Ho pensato che fosse una battuta, invece mio figlio, che sedici anni fa ho partorito e poi ho anche nutrito e che quindi mi deve un po’ di rispetto, diceva sul serio. Ha aggiunto che suo padre sì che legge molto ma io insomma, al massimo sto davanti al computer con un libro di fianco, e comunque non ho letto Fahrenheit 451 che lui ha appena finito e insomma dovrei portargli le prove che non passo tutto il mio tempo su TikTok. Ogni cambiamento, durante questa sconfinata adolescenza (anche mia, sia chiaro) si trasforma in un processo in cui io, forse perché ho le manie di persecuzione o forse perché sono un bersaglio facile, sono sempre seduta al banco degli imputati.
Un giorno non cucino abbastanza vegetariano, un giorno sono una sfruttatrice di galline perché ho fatto una frittata, un giorno sono interessata solo ai voti perché gli ho chiesto com’è andato il tema di italiano, un giorno non mi importa niente di lui perché ho saltato i colloqui con i professori. Un giorno sono vessatoria perché gli ordino di non ruttare, un giorno sono una finta femminista perché gli chiedo di portarmi la valigia. Tra tutti i capi d’imputazione, però, non mi aspettavo il: non leggi abbastanza. Infatti ho scelto di non rispondere, sia perché mi mancavano le parole sia perché ho deciso di arrendermi all’ostilità. Meglio travestirsi da Azalea fiorita, meglio cambiare piano, meglio quel bicchiere di vino che nel frattempo è diventato caldo e mi è passata la voglia. Nel frattempo ho adottato a distanza una gallina anziana, che così potrà continuare a razzolare e vivere felicemente nonostante non sia più produttiva per le mie frittate. Stavo giusto guardando la foto della gallina quando mio figlio è tornato, ha tolto un nuovo libro dalla tasca, Se questo è un uomo, e ha detto: mamma posso leggerti questa pagina? E me l’ha letta, una pagina sulla pioggia e sulla speranza, e io allora ho ringraziato la stella cadente.