La religione è una guerra sublime contro il tempo

Due ore di silenzio in attesa della prima fumata nera sono sembrate insostenibili, eppure in confronto all’eternità non sono niente. La fede, dopotutto, è anche accettare che il tempo non è sempre nostro

La religione si può veramente definire una guerra sublime contro il tempo: sia quando decidiamo come investire quel poco che abbiamo a disposizione su questa terra, in vista di incerti beni futuri; sia quando dobbiamo confrontarci con quella sottrazione assoluta di tempo che è l’eternità, la quale dura sempre e non finisce mai. Se giudichiamo il nostro rapporto col tempo in base alla prima fumata del conclave, non ce la stiamo cavando benissimo. A fronte dell’eternità due ore di ritardo non sono nulla, certo, ma non sono niente anche se paragonate ai millenni di storia della Chiesa, alla durata di un pontificato, ai giorni che mediamente un conclave richiede; eppure, sono bastate a mandare in tilt coscienze, pronostici, mezzi di comunicazione.

Abbiamo arbitrariamente fissato la prima fumata alle 19 come se fosse una call col capufficio, e nella perdurante silenziosa fissità che ne è seguita abbiamo attraversato una serie di ipotesi più o meno fantasiose: hanno iniziato in ritardo, non sanno come votare, è successo qualcosa di brutto, non funziona la stufa, lo hanno eletto al primo colpo, ci hanno ghostati e se ne sono andati a cena senza votare. Quando alle 21 e rotte il comignolo ha sbuffato fumo nero, l’abbiamo caricato di significati impliciti, per quanto, a rigore, non fosse successo nulla; o, meglio, è successo solo che abbiamo scoperto di star perdendo la nostra guerra contro il tempo. Lasciati soli per due ore, senza poter compulsare il telefono per ricevere informazioni o soffiate, senza poter interpretare (gabbiani a parte) l’imperscrutabilità delle tegole, senza poter tempestare l’irraggiungibile controparte di solleciti o improperi, non siamo riusciti ad affidarci a qualcosa che non ricade sotto il nostro controllo ma sotto quello dello Spirito Santo. Non abbiamo avuto fede.

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