La prima bozza di bilancio federale per il 2026 presentata dall’Amministrazione Trump prevede un taglio del 25 per cento ai fondi della Nasa, cancellando di fatto parte del programma Artemis e mettendo a rischio le collaborazioni internazionali con l’Europa
Il 2 maggio scorso è stata pubblicata la prima bozza di bilancio federale per il 2026 proposta dall’amministrazione Trump, che mostra dove e come la Casa Bianca intende stanziare i fondi federali del 2026. Uno dei dati che ha colpito di più gli osservatori riguarda le attività scientifiche della Nasa e di molti altri enti spaziali collegati. Il budget programmato da Trump per il 2026 da destinare all’agenzia spaziale più importante del mondo è circa il 25 per cento inferiore a quello stanziato per il 2025: si tratta del più grande taglio percentuale mai fatto al bilancio Nasa da un presidente americano.
Il fondo di 18,8 miliardi di dollari, contro i poco più di 25 stanziati per l’anno in corso, sarà discusso fino a novembre, quando il governo dovrà trovare un compromesso con il Congresso. E si prevede che sarà un compromesso particolarmente difficile da raggiungere.
Trump sembra pronto a tornare indietro sulle sue promesse di fare “di nuovo l’America grande” anche nello spazio. Ancora meno contenti dei tagli sono gli europei, che vedrebbero svanire una buona parte dei programmi di esplorazione spaziale dove l’Europa era direttamente collegata agli Stati Uniti.
Tra i programmi che Trump vorrebbe cancellare ci sono, per esempio, l’enorme razzo della Nasa, l’SLS, e la sua capsula Orion. Questi due mezzi avrebbero dovuto costituire l’ossatura del Programma Artemis: il razzo SLS avrebbe lanciato la Orion, con all’interno gli astronauti, verso l’orbita lunare. Qui la capsula avrebbe attraccato alla Starship, e con essa gli astronauti sarebbero scesi e risaliti dalla superficie. Poi, con la Orion, sarebbero tornati sulla Terra.
Metà della capsula Orion — quello che viene chiamato “il modulo di servizio” — è però costruito in Europa, e perdendo la Orion si rischierebbe di cancellare un contratto già firmato per tre moduli di servizio, destinati alle missioni Artemis 4, 5 e 6. Secondo il nuovo budget voluto da Trump, infatti, le missioni Artemis con il razzo SLS e la capsula Orion dovranno fermarsi alla numero 3, quella con il primo allunaggio umano. E poi? Si abbandona nuovamente la Luna dopo aver piantato una bandiera, come accaduto il secolo scorso?
Attualmente le intenzioni sembrano essere più o meno queste, con la differenza che, una volta piantata la bandiera, il programma governativo lascerà carta bianca all’intraprendenza dei privati — con Elon Musk e SpaceX in testa, ovviamente. Già nel budget 2026, infatti, questo è proprio il piano per l’orbita terrestre: ridurre l’impegno americano nella Stazione spaziale internazionale, con altri tagli previsti, e lasciare ai privati il compito di costruire le loro stazioni. Una linea coerente con quella già tracciata da Biden, ma da attuare molto più rapidamente.
Lasciare ai privati l’esplorazione lunare significherebbe però abbandonare anche altri programmi governativi legati alla Luna, come la Stazione spaziale lunare, il Lunar Gateway.
Si tratta dell’erede spirituale della Stazione spaziale internazionale, e doveva essere un modo per coinvolgere il maggior numero possibile di partner internazionali (ed evitare che partecipassero al progetto della stazione spaziale cinese): più del 50 per cento della nuova stazione lunare è progettata e costruita in Europa, ma ora potrebbe sparire per sempre.
In questa nuova visione americana non esiste più una stazione spaziale internazionale, e ognuno va per conto proprio sulla Luna. Certo, se non lo si può fare — e nessuno, a parte l’America e fra poco la Cina, può farlo senza collaborazioni internazionali — si può sempre pagare un’azienda americana per il trasporto, invece di stringere un accordo politico con la Nasa: un cambio di rotta radicale, ma che vede sempre al centro i player spaziali americani. Il direttore generale dell’Agenzia spaziale europea (Esa) Josef Aschbacher, in un comunicato pubblicato ieri sera, ha fatto sapere che “l’Esa rimane aperta alla cooperazione con la Nasa sui programmi soggetti a riduzione o cancellazione, ma sta al contempo valutando l’impatto della proposta insieme agli Stati membri in vista del Consiglio dell’Esa di giugno”.
Secondo diverse analisi, Trump vorrebbe sfruttare questo cambio di paradigma per tagliare anche tutte le missioni scientifiche (–2,2 miliardi alla Nasa per le attività di astrofisica e astronomia), le missioni di studio dei cambiamenti climatici dallo spazio (–1,1 miliardi alla Nasa per le “scienze della Terra” e –346 milioni per i programmi ambientali legati all’aviazione).
C’è forse lo zampino di Musk in questa nuova strategia. Trump, durante il suo discorso inaugurale, ha dichiarato di voler portare le stelle e strisce su Marte: l’unico nuovo finanziamento da un miliardo di dollari previsto nel budget proposto è infatti destinato a programmi finalizzati alle missioni marziane.