I danni involontari di Trump a Putin

Le politiche economiche dell’Amministrazione americana affossano il prezzo del petrolio e colpiscono i conti russi più delle sanzioni. Ma rischiano anche di danneggiare l’industria americana dello shale oil

Donald Trump sembra ottenere più risultati con una sola mossa: fa ribassare il prezzo della benzina, riesce a devastare l’economia di guerra del bilancio della Russia meglio di quanto non abbiano fatto anni di sanzioni, potrebbe mettere in crisi l’industria petrolifera statunitense dello shale oil. Si sa, il modo migliore per ridurre i prezzi dei beni è portare alla recessione l’economia, e le politiche attuate finora – basti pensare ai dazi annunciati, cancellati, rimessi, cambiati, adeguati, aggiornati, ritoccati, tolti, riapplicati – stanno funzionando alla perfezione nell’intento tafazziano di generare una crisi. Ieri i prezzi del petrolio sono scesi di oltre 1 dollaro al barile dopo che l’Opec+ ha deciso di accelerare gli aumenti della produzione, e l’offerta più alta si imbatte in una domanda recessiva in calo. Venerdì il presidente Trump aveva affermato trionfante: “La spesa alimentare (e le uova!) è in calo”.

Secondo alcune rilevazioni è in calo non è il prezzo – in marzo l’inflazione sugli alimentari a domicilio aveva accelerato al 2,4 per cento e le uova al dettaglio costavano il 60 per cento in più rispetto al marzo 2024 – ma è in calo la spesa. Forse si compra meno, non a meno. Aveva aggiunto Trump: “La benzina è appena scesa sotto quota 1,98 dollari al gallone, il prezzo più basso da anni”. Secondo i dati di AAA il prezzo medio nazionale di un gallone di benzina è di 3,18 dollari. Sono però crollati di circa il 25 per cento i prezzi del petrolio da quando Trump è in carica. E gli effetti si sentono anche sui conti di Vladimir Putin: mercoledì il ministero russo delle Finanze ha alzato la stima del deficit di bilancio per il 2025 dallo 0,5 all’1,7 per cento del pil, dopo aver ridotto del 24 per cento le previsioni sui ricavi energetici. Così le previsioni russe sulle entrate da petrolio e gas per il 2025 sono precipitate a 8,32 trilioni di rubli (un centinaio di miliardi di euro), pari al 3,7 per cento del pil, contro a una previsione iniziale di 10,94 trilioni di rubli. Meglio di tre anni di sanzioni ed embarghi.

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