Fratelli di Romania: Meloni si congratula con Simion che in Italia arriva al 73 per cento

La telefonata della premier al leader ultraconservatore e l’obiettivo di arrivare al blocco di 4 conservatori di Ecr in Consiglio europeo. Dietro al boom di Aur in Italia l’accordo del governo sull’otto per mille con l’influente Chiesa ortodossa

Più della presenza di Carlo Fidanza, vicepresidente di Ecr a Bucarest al fianco di George Simion domenica sera sul palco, c’è un dettaglio da mettere a fuoco rispetto a queste elezioni in Romania. E riguarda l’Italia. Nel nostro paese il candidato dell’ultradestra ha raggiunto percentuali incredibili tra i suoi connazionali: 73,66 per cento. L’equivalente cioè di 127.488 voti. In poche parole, qui, il nazionalista di Aur ha quasi raddoppiato il suo consenso, fermo in Romania al 40 per cento. E di converso, lo sfidante, l’europeista Daniel Dan, che lo affronterà al ballottaggio, ha quasi dimezzato le percentuali in Italia: è passato dal 20,4 al 14,9. Queste turbolente presidenziali hanno riproposto un effetto già visto nel governo: Matteo Salvini si è complimentato con Simion, ha detto che nessuno, cioè l’Europa, deve interferire sui processi democratici, visto il precedente annullamento. A specchio, Antonio Tajani per Forza Italia si è dimostrato cauto sul trionfo sovranista sperando nel ballottaggio. E Meloni? Domenica sera la premier, senza sbandierarlo, ha telefonato a Simion.



D’altronde la presenza di Fidanza in Romania era già tutto un programma. Il braccio destro di Meloni in Europa ha commentato il risultato del candidato presidente, e collega in Ecr, con queste parole: “Non è vero, come dicono i media mainstream da settimane, che in caso di vittoria di George Simion in queste elezioni, la Romania sarà isolata in Europa e nel mondo. E’ molto simile a quanto detto durante la campagna per le elezioni italiane, vinte da Giorgia Meloni”. Insomma, mentre Salvini usava la Romania per parlare anche di AfD e per attaccare l’Europa, la leader di Fratelli d’Italia con il suo colonnello passava all’incasso. Con una narrazione affatto inedita: non sono brutti e cattivi, gli elettori vanno sempre ascoltati, essere trumpiani non è uno stigma. Vedremo che cosa accadrà, in caso di successo, con la posizione di Bucarest sull’Ucraina, viste le simpatie di Aur per il regime di Vladimir Putin. Secondo tutti gli osservatori tra i segreti del successo di questo partito non proprio moderato c’è la Chiesa ortodossa romena (Bor). Croce, tonaca e urna. Il risultato ottenuto in Italia da Aur è il più importante, secondo per un soffio a quello ottenuto in Germania, nella diaspora romena. E qui entra in campo un altro dettaglio, rivelato dal Foglio, lo scorso 31 gennaio. L’intesa conclusa fra il governo italiano, a opera del sottosegretario Alfredo Mantovano, e la Diocesi ortodossa romena d’Italia (Dor). Il punto più interessante, ma non certo l’unico, riguarda la possibilità per la Dor di accedere alla quota dell’otto per mille dell’Irpef. Non solo: sono riconosciuti, per esempio, “gli effetti civili dei matrimoni celebrati davanti ai ministri della confessione religiosa di cittadinanza italiana, trascritti nei registri dello stato civile”. E ancora, come si legge nell’accordo visionato da questo giornale, viene riconosciuta la personalità giuridica degli enti costituiti dalla Dor “a fine di religione o culto, anche congiunto con scopi d’istruzione, assistenza e beneficenza”. Possibile dunque che l’attenzione del governo guidato da una leader conservatrice nei confronti di una Chiesa così influente nelle elezioni abbia in qualche modo aiutato Aur in Italia a raggiungere percentuali – si scusi il pasticcio geografico – così bulgare? Sì e no. Ma il tempismo è comunque interessante.


La Chiesa ortodossa romena vanta – dati del 2023 – 285 parrocchie sparse in Italia. I romeni in Italia sono – dati Istat – 1.073.196 (il 20,4 per cento degli stranieri nel nostro paese). In quanto cittadini comunitari, da residenti, possono votare qui per le amministrative e le europee. Anche perché i cittadini comunitari – come appunto i romeni – possono votare alle amministrative, regionali comprese (e il 2025 prospetta sfide interessanti, al limite del campale, che si vincono con turno secco, e magari anche per una manciata di voti).


In questo contesto di favori e attenzioni va ricordato un altro dato: la chiesa ortodossa romena vanta – dati del 2023 – 285 parrocchie sparse in Italia. E’ molto capillare, fin dalla fine degli Sessanta: la prima parrocchia nacque a Milano nel 1974.


Meloni guarda a Bucarest, certo, ma anche a Bruxelles. Se dovesse vincere fra due settimane Simion i leader di Ecr in Consiglio europeo salirebbero a quattro: la premier italiana, Petr Fiala per la Repubblica ceca, Bart De Wever per il Belgio. Un quartetto a cui va aggiunto – anche se formalmente risulta iscritto al gruppo dei Patrioti – il primo ministro ungherese Viktor Orbán. Ecco quindi farsi largo un blocco dell’est che ha in simpatia Donald Trump, con l’Italia a fare da baricentro in perenne equilibrio con l’esecutivo di Ursula von der Leyen che vanta in squadra il vicepresidente esecutivo Raffaele Fitto.


Così gira il mondo, così si muovono le due destre italiane. Sicché mentre Salvini da ore si sbraccia con tweet e dichiarazioni e il suo eurogenerale Roberto Vannacci si fa immortalare con la moglie romena Camelia al seggio di Prato, dentro Fratelli d’Italia fanno altri tipi di calcoli. E nel frattempo coltivano, via governo, un rapporto privilegiato con la potente Chiesa ortodossa. Dio, patria e famiglia: Fratelli di Romania.

  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d’autore.

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