Bertinotti: “Effetto Trump? Da noi un risveglio a sinistra è impossibile”

L’ex presidente della Camera non crede a una rinascita delle forze progressiste in risposta al trumpismo, come accaduto in Canada o Australia. “In Italia c’è qualche tentativo, generoso, come i referendum. Ma questo purtroppo non può supplire all’assenza di protagonismo della sinistra, che non esiste da anni e non si vede all’orizzonte”.

Le elezioni in Canada e Australia non illudano. Non ci sarà un effetto Trump anche da noi. “La sinistra in Europa adesso è nuda”. E in Italia? “C’è qualche tentativo, generoso e importante, come i referendum e le tesi sul salario minimo, o alcune lotte contrattuali come quelle dei metalmeccanici. Ma questo purtroppo non può supplire all’assenza di protagonismo da parte della sinistra, che non esiste e non si vede all’orizzonte”, dice Fausto Bertinotti.

L’ex presidente della Camera ne parla con una certa preoccupazione, riflettendo sul trumpismo e sui suoi effetti. “Perché si respira un’aria da anni Trenta. Assistiamo a un’avanzata della destra emergente, che assume forme diverse nei vari paesi, ma di cui l’elemento trainante e inquietante è proprio la destra estrema. Tutto questo sta avvenendo mentre la sinistra è incapace di incidere. Perché ormai da anni ha scelto di essere adattiva invece che di contrasto alla globalizzazione”, dice l’ex segretario di Rifondazione comunista. Eppure in Canada e in Australia, in risposta a Donald Trump, le forze progressiste hanno battuto un colpo. Non è un segnale incoraggiante? “Non vedo segnali di questo tipo, vedo invece la capacità di alcune forze democratiche di contrastare attraverso il voto la temperie provocata dal presidente americano. Il liberale Carney e il laburista Albanese – è l’analisi di Bertinotti – si sono giovati del contrasto con il presidente americano per vincere delle elezioni il cui il risultato appariva assai problematico”. In altri termini, spiega ancora l’ex presidente di Montecitorio, c’è stato un “conflitto tra chi è alla guida dei diversi paesi, cosa assi diversa dalla contesa politica destra-sinistra”.

Più che guardare all’altra parte del mondo, a contingenze oggi non replicabili ovunque, Bertinotti invita dunque a fare maggiore attenzione a quanto sta accadendo dalle nostre parti. “In Europa corrono i cavalli che si addobbano dei manti dell’estrema destra, seppur in vesti diverse, perché Afd è diversa da Marine Le Pen. Una tendenza che ha tra i suoi padri Elon Musk, che l’ha perorata esplicitamente venendo in Europa a proporre una sorta di internazionale nera. Alcuni economisti, come di recente Nouriel Roubini, sostengono che l’avversario del trumpismo è sostanzialmente il mercato. Può sembrare una bestemmia dirlo proprio al Foglio ma è una tesi che non mi convince”. Perché? “Contro questo tecno-feudalesimo il mercato può certo resistere, ma non può vincere senza la politica. L’accoppiata mercato-cultura liberale è stata già sconfitta dal trumpismo”. Ed è anche per questo, prosegue Bertinotti, che oggi ci troviamo nella situazione in cui la sinistra non tocca palla, mentre il mondo va in un’altra direzione, a destra. “All’inizio di questo secolo il centrosinistra ha avuto l’ambizione di governare la globalizzazione in un ciclo che l’ha vista al potere in quasi tutti i paesi europei”. Con che risultati? “Progressivamente quel centrosinistra è stato mangiato dal mercato, che ne ha demolito ogni forma di autonomia politica”.

E’ una dinamica europea ma che ha lasciato il segno anche a livello italiano. E guardando ai principali partiti di opposizione oggi, dal Pd al M5s, le prospettive non sono proprio rosee: “Nel quadro attuale, e con le forze politiche esistenti, non credo ci possa essere alcuna possibilità di rinascita per un protagonismo della sinistra italiana”, è l’amara sentenza a cui giunge Bertinotti. “Basta guardare l’affannoso discorso sulle alleanze, tutto questo politicismo è una delle ragioni principali della crisi”. Così anche sulla prossima consultazione referendaria, che potrebbe unire per una volta gli attori in campo, si registrano timidezze e qualche distinguo un po’ opportunistico. “Esattamente. Anche a costo di restare all’opposizione, la sinistra può ritrovare se stessa solo uscendo dal quadro governativista in cui si è imprigionata, rimettendo al centro l’obiettivo della trasformazione della società. E ripartendo dal conflitto: sociale, ecologista e femminista. In questo quadro il primo tema da affrontare, banalmente, si chiama salario”.

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