Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa
Al direttore – Quelli che si stupiscono, non capiscono come mai l’antifascismo non sia ancora oggi condiviso da tutti con eguale trasporto, si chiedano anche come mai un ragazzo ammazzato di botte dopo aver fatto un tema contro le Br non metta, ancora oggi, dopo mezzo secolo, tutti d’accordo.
Andrea Minuz
Esiste ancora il fascismo dei nemici dell’antifascismo, cioè i fascisti. Esiste ancora il fascismo degli antifascisti. Cito ancora Marco Pannella: “In tutta questa vostra storia antifascista non so dove sia il guasto maggiore: se nel recupero e nella maledizione di una cultura violenta, antilaica, clericale, classista, terroristica e barbara per cui l’avversario deve essere ucciso o esorcizzato come il demonio, come incarnazione del male; o se nell’indiretto, immenso servizio pratico che rende allo stato d’oggi e ai suoi padroni, scaricando sui loro sicari e su altre loro vittime la forza libertaria, democratica, alternativa e socialista dell’antifascismo vero”.
Al direttore – Ha fatto notizia un ragazzo che ha chiesto a ChatGPT di scrivere un tema su “I Promessi Sposi”, con gli errori tipici che farebbe un quattordicenne. Sconcerto del prof. Schettini (il noto fisico influencer): “Un tempo avevamo solo i libri, i professori e il nostro cervello”; “Priveranno i nostri ragazzi del ragionamento e del pensiero critico”, e così via. Immaginate un contadino che per la prima volta utilizza l’aratro, direste che ha imbrogliato e non avrà più muscoli, fiato e metodo per lavorare? Se non avesse avuto l’ardire di barare, quanto sarebbero progredite nel tempo l’economia, il benessere e la ricchezza, che hanno portato poi allo sviluppo di tecnologie come la stampa che ha moltiplicato i libri? Direste oggi che abbiamo perso la capacità di copiare i testi a mano? Con una banale richiesta di poche righe, uno studente potrebbe ricevere una quantità enorme di spunti, idee e contenuti, in linea con le sue passioni e il suo mondo. Professore, da grande innovatore quale è, non riterrebbe stimolante cercare di interpretare anche il ruolo di mediatore e facilitatore di questo straordinario processo, senza declassare tout court la macchina al ruolo di compagno secchione dal quale copiare senza ritegno? “Garbage In Garbage Out”: se poniamo quesiti pessimi alla macchina o non ci sforziamo di fare richieste sensate, essa produrrà inesattezze e immondizia. C’è ancora quindi un tremendo bisogno di ragionare in maniera critica, per collaborare con un’intelligenza che sì, lo fa, però in maniera acritica, che ha allucinazioni, che è imperfetta nella sua oggettiva perfezione; perché incapace di accedere alle più piccole sfumature e storture che rendono autentico un adolescente. Se non siamo in grado di porre le giuste domande non otterremo delle buone risposte, e in un mondo inondato da informazioni irrilevanti, la chiarezza è potere. In sintesi, va rivoluzionato il paradigma nozionecentrico, che fatica a catturare l’attenzione di molti studenti. Possiamo davvero continuare a ignorare che universi interi siano a portata non più di clic, ma quasi di pensiero? Sapere è oggi soprattutto saper trasformare la conoscenza. Evitiamo di banalizzare, di ricorrere all’ostracismo verso qualcosa che ci terrorizza, ma che andrebbe innanzitutto conosciuto e governato. Ogni tecnologia ha un prezzo, dà qualcosa, ma toglie qualcos’altro. L’unico modo per difendersi non è evitarla, ma conoscerla profondamente e criticarla con lucidità. Parliamo sì, anche dei terribili rischi che porta inevitabilmente con sé, del trattamento dei nostri dati più sensibili, di digital gap, e della concentrazione di potere e risorse in mano a un pugno di organizzazioni che ne guidano lo sviluppo. Non commettiamo però lo sciagurato sbaglio di proibire, censurare, chiuderci ancora, ripetendo l’imperdonabile errore commesso con l’educazione alla sessualità e all’affettività. Fin dall’origine, l’uomo evolve fondendosi con i suoi strumenti. Ogni techne è pensiero incarnato. Prof. Schettini, la prego, ci ripensi. Sproni questo ragazzo ad aggiungere qualcosa di suo, invece di biasimarlo; magari qualcosa che lo apra a una relazione più autentica con ciò che apprende. E aiutiamolo soprattutto a individuare dei simboli, prima che sviluppi dei sintomi.
Valerio Ferri, assegnista di ricerca sull’AI applicata alla didattica – UniRoma2
Al direttore – Sono tanti a fare uso della presunzione di innocenza come un collutorio. Se ne sciacquano la bocca, sputacchiandola appena diventa scomodo insistere. La vicenda del magistrato Michele Prestipino, in questo senso, è esemplare. Un uomo riconosciuto da tutti come magistrato serio e rigoroso, che ha retto la procura della Capitale, che riveste un incarico delicatissimo come aggiunto alla procura Antimafia, che ha combattuto la criminalità organizzata ovunque abbia lavorato, in un batter d’occhio è trasformato in un malfattore. L’atto che avrebbe dovuto essere a sua tutela, l’avviso di garanzia, è la clava per massacrarlo e rovinarne immagine e reputazione. Titoloni, retroscena, la sentenza giornalistica già emessa. Il solito schema del processo in piazza. Dai media c’è da aspettarselo, si nutrono delle disgrazie, in nome del diritto di cronaca, contrabbandando come oro colato contestazioni tutte da dimostrare. Un giurista, al contrario, dovrebbe nutrirsi dei princìpi costituzionali. Invece accade che chi ha lavorato fianco a fianco con Prestipino, chi dovrebbe conoscerlo meglio di tutti, chi non ha mai avuto nulla da eccepire, lo scarichi con una nota di agenzia (a proposito di processo mediatico) che reca nell’incipit un curioso richiamo alla presunzione di innocenza. Merita riportare testualmente le parole del procuratore Antimafia: “Fermo il rispetto della presunzione di innocenza, nell’esercizio dei miei doveri di garanzia dell’immagine stessa e del buon andamento delle attività della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo, ho provveduto a revocare con effetto immediato le deleghe di coordinamento investigativo attribuite al dott. Prestipino”. I giuristi discutono di bilanciamento di interessi, e il procuratore Antimafia, che tra l’altro si è sempre comportato da garantista vero, a quel bilanciamento si ispira, a modo suo. Su un piatto della bilancia mette l’“immagine”, sull’altro piatto pone l’articolo 27 della Costituzione, il principio della presunzione di innocenza (“fermo il rispetto…”). Da una parte la Costituzione, dall’altra l’“immagine”, che pesa di più e, viste le conclusioni, assorbe tutto il resto. Per non compromettere la reputazione dell’Antimafia meglio sacrificare quella di una persona alla quale fino a ieri si sono assegnati compiti delicatissimi, anche se le contestazioni sono ancora tutte da verificare. Un comunicato che fa riflettere. La presunzione di innocenza sacrificata sull’altare dell’immagine. Le convinzioni garantiste sacrificate sull’altare delle convenienze. Siamo testimoni di quante inchieste si sgonfino in poco tempo e quante assoluzioni (oltre il 50 per cento) giungano dopo anni, ma anche di come il fango lanciato in pochi giorni si consolidi irrimediabilmente. E il comunicato del procuratore ha un effetto di presa rapida. Tanti “sedicenti garantisti” di fronte a un magistrato trattato così da un collega, si voltano dall’altra parte o ridacchiano sotto i baffi perché “gli sta bene” o “chissà quante volte ha fatto arrestare degli innocenti”, eccetera eccetera. I veri garantisti, al contrario, fanno sentire ancora più forte la loro voce.
Enrico Costa, deputato di Forza Italia