Il leader turco incontra Meloni: i due paesi stringono partnership nei settori del Made in Italy, della scienza, della tecnologia, dell’innovazione, della cyber sicurezza, dei trasporti, della Cultura, dello Sport e della Difesa. Ma Erdogan si comporta sempre più come un autocrate mediorientale che segue l’ideologia del tecno-nazionalismo
Ankara. Mentre Recep Teyyip Erdogan sbarcava a Roma per partecipare al 4° vertice intergovernativo, a Istanbul iniziavano le ormai “tradizionali” detenzioni del 1° maggio e la polizia faceva irruzione nelle case di giornalisti, lavoratori e sindacalisti arrestando 92 persone, accusate di aver indetto le celebrazioni per la Festa del Lavoro, bandita all’opposizione dal 2013, nella piazza Taksim di Istanbul. L’incontro tra il leader turco e la presidente del Consiglio Giorgia Meloni è stato organizzato dal ministero degli Esteri di Turchia e Italia e con la collaborazione del ministero del Commercio turco per affrontare temi strettamente economici.
A Villa Pamphilj Meloni e Erdogan hanno presentato dieci memorandum d’intesa per il rilancio del partenariato strategico nei settori del Made in Italy, della scienza, della tecnologia, dell’innovazione, della cyber sicurezza, dei trasporti, della Cultura, dello Sport e della Difesa. Il cuore del summit è stato il forum aziendale dove cinquecento rappresentanti delle maggiori imprese turche e italiane hanno stipulato accordi nei settori della sicurezza informatica, dell’energia, dell’automotive e delle infrastrutture. L’Italia esporta in Turchia con le sue 1.610 aziende. Lo scorso anno, il commercio bilaterale aveva raggiunto i 32 miliardi di dollari. I crescenti legami nel settore della Difesa hanno costituito un trampolino di lancio per il nuovo ambizioso obiettivo concordato di elevare l’interscambio a 40 miliardi di dollari. Forte è anche la cooperazione per la creazione di consorzi per progetti in Africa e medio oriente. All’inizio di marzo, la Leonardo, firmava con la prestigiosa azienda turca Baykar del genero di Erdogan uno storico accordo di joint venture con sede in Italia per lo sviluppo di droni. La Turchia per l’Italia rappresenta una porta aperta verso i mercati mediorientali, dell’Africa e dell’Asia centrale. Nel contempo l’Italia mantiene aperta per Ankara la porta di accesso all’Unione europea nonostante l’arresto del sindaco di Istanbul Imamoglu.
L’arresto del principale rivale politico del presidente, rappresenta un nuovo livello di autoritarismo nel panorama politico della Turchia, fino a poco tempo fa illiberale, ma ancora competitivo. Ora Erdogan è impegnato nel ridisegnare l’opposizione più o meno nello stesso modo in cui ha rimodellato i media, la magistratura e le istituzioni statali del paese, con arresti quotidiani dei politici e amministratori dell’opposizione, di giornalisti, avvocati e di attivisti per i diritti umani e sta lavorando da tempo all’inaugurazione di una “seconda repubblica” senza una vera competizione politica per avere il pieno controllo del processo decisionale e l’abolizione della separazione dei poteri garantendosi un mandato a vita sul modello putiniano.
Questa svolta autoritaria coincide con una crisi geopolitica ampia e complessa. Ci sono le guerre in medio oriente e in Ucraina, permangono incertezze sul futuro della Nato, del commercio globale e della democrazia liberale. Sulla scena internazionale, i tradizionali garanti dell’applicazione delle norme e dello stato di diritto all’interno (cioè l’Ue e gli Stati Uniti) stanno abdicando a questa responsabilità in nome di migliori relazioni con la Turchia in un’epoca di emergenza geopolitica. Ma oggi Ankara è al verde ed Erdogan si comporta sempre più come un autocrate mediorientale. E’ un errore guardare Erdogan attraverso una lente islamista obsoleta: distorce la realtà della Turchia. Ora la sua politica estera è tutta affari e l’unica vera ideologia è il tecno-nazionalismo turco con l’obiettivo del potere assoluto e incontrollato.