La seconda linea della Nazionale italiana di rugby femminile, fra le candidate da votare per il Team of the Tournament 2025, ci racconta le speranze delle Azzurre prima dell’ultima partita del Sei Nazioni contro il Galles
Rugby, Sei Nazioni donne, quinto e ultimo turno, in programma sabato Scozia-Irlanda alle 15.30 e Inghilterra-Francia alle 17.45, domenica l’Italia affronta il Galles alle 12.30 a Parma (in tv su RaiSport ed Eurosport). Fra le azzurre, Sara Tounesi, 29 anni, di Cremona, seconda linea del Montpellier, 46 presenze in Nazionale, fra le candidate da votare per il Team of the Tournament 2025.
Sara, voto al Sei Nazioni?
“Sette e mezzo. Così rimane un margine per arrivare al dieci, la perfezione. E’ uno dei tornei più ambiti e prestigiosi, un onore partecipare, un privilegio giocare. Ma non tutte le nazioni lo accolgono con lo stesso coinvolgimento. E’ una questione di storia e tradizione, anche di tempo. A cominciare dal pubblico. Quando giochiamo all’estero, ci sembra di essere in un altro mondo. Per esempio in Inghilterra”.
Voto all’Inghilterra?
“Nove e mezzo. L’ho detto: storia e tradizione, mentalità e mezzi. Ho giocato nel Sale Sharks, dove le donne hanno lo stesso rispetto degli uomini. Un po’ come succede anche in Francia”.
Voto alla Francia?
“Otto e mezzo. Ho giocato nel Romagnat, che oggi si chiama Clermont, e adesso nel Montpellier. La disponibilità di mezzi si traduce anche in un livello di gioco più alto. Non è un caso che Inghilterra e Francia siano in testa alla classifica del Sei Nazioni, mentre noi ce la giochiamo con Scozia e Galles”.
Voto al Galles?
“Vedremo. Finora le gallesi ne hanno perse quattro su quattro, e i gallesi sono arrivati ultimi nel torneo degli uomini, ma bisogna smetterla di fare confronti fra uomini e donne dello stesso Paese, perché si tratta di realtà così diverse per finanziamenti, contratti, mezzi… Contro il Galles dovremo cercare di produrre una partita di alto livello, con determinazione e competitività. Se vinceremo, significherà che avremo concretizzato il nostro lavoro. Se non succederà, il nostro bilancio – la prima competizione con un nuovo tecnico – sarà comunque da considerarsi positivo”.
Voto al rugby?
“Dieci. Mi ha insegnato rispetto ed educazione, mi ha trasmesso sicurezza e consapevolezza, mi ha aiutato a integrarmi, mi ha dato una famiglia e legami personali che dureranno tutta la vita. E quello che avevo già me l’ha potenziato. D’altra parte mi ha tolto poco o niente. La cartilagine alle ginocchia, ecco, che cigolano un po’. Il rugby ti regala una squadra: prima delle partite sono abbastanza tranquilla, non ho riti, né scaramanzie, né preghiere, mi guardo intorno, ci sono le mie compagne e questo mi basta. E pensare che al rugby sono arrivata per caso. A Cremona era stata organizzata una giornata a porta aperte. Ci andai solo per accompagnare una mia amica. Poi l’allenatore mi vide ai bordi del campo, mi chiamò, mi diede un paio di scarpe, mi coinvolse in giochi con il pallone ovale, io mi divertii e ci ritornai. Avevo 19 anni. Mai fatto sport prima di quel giorno. Ero pigra e sedentaria”.
Voto al suo ruolo, seconda linea?
“Troppo debole per giocare in prima linea, troppo lenta per giocare in terza, dunque seconda per… esclusione. E’ un ruolo bellissimo, che mi appartiene e che non vale niente se non ci sono tutte le altre. I miei verbi? Saltare, spingere, avanzare, placcare. Il mio obiettivo: essere consistente”.
Voto alla vita?
“Il mio motto: ‘La potenza è nulla senza il controllo’. Potenza e controllo anche negli studi. Mi sono laureata, nella triennale, in Lingue e letterature straniere”.
Voto alla laurea?
“Non c’è stato voto. In Francia, dove mi è stato attribuito lo stato di atleta di alto livello e dove ho potuto organizzare gli esami in base al calendario sportivo (voto al sistema universitario francese: un bel nove), o si passa o non si passa. Adesso sono al secondo anno di master in Comunicazione e Mediazione culturale. Vorrei diventare una team manager. Intanto parlo inglese, francese, italiano, arabo e spagnolo. E il linguaggio del rugby. Quello verbale e quello non verbale, quello codificato di ciascuna squadra, sia dentro sia fuori dal campo, un linguaggio culturale e gestuale. Un linguaggio anche di sentimenti e valori”.