Romano (Museo Brigata Ebraica): “Saremo in piazza con gli ucraini. Basta parassiti del 25 aprile”

Il direttore del museo milanese: “Oggi i fascisti sono quelli rosso-verdi. Ma la sinistra non li vede e non fa da argine”

Siamo preoccupati ma in piazza ci saremo. Rivendicando il diritto a difenderci dai nuovi fascismi: quello rosso, come lo chiamava Pannella, e quello verde, dei filo Hamas. Tutte derive verso cui la sinistra chiude sempre più spesso gli occhi, rifiutandosi di fare da argine”. Davide Romano è il direttore del Museo della Brigata ebraica, il primo al mondo, aperto nel 2016 a Milano. Al Foglio racconta la scelta di esserci, questo 25 aprile, in piazza. “Anche come reazione di orgoglio per quello che abbiamo subìto negli ultimi anni. Sfileremo insieme alla comunità ucraina, che ha riflettuto fino all’ultimo se esserci o meno, visto che sono oggetto di attacchi vergognosi”.



In questo colloquio con Il Foglio il direttore del Museo della Brigata ebraica parte proprio dalla reazione della comunità locale. “Tanti giovani si sono automobilitati dopo tutto quello che è successo lo scorso anno, con insulti e attacchi nei confronti della Brigata”, spiega Davide Romano. “Un gesto di vicinanza anche nei confronti delle associazioni ucraine, che abbiamo invitato a sfilare con noi sin dal 2022, avendo fatto la loro parte anche nella nostra Resistenza. E che anno dopo anno sono andate incontro a nuovi attacchi inaccettabili”. E infatti, racconta Romano, la loro presenza per le strade di Milano, visti i precedenti, non era affatto scontata. “La scorsa settimana sono arrivati a discutere al loro interno se partecipare o meno perché erano stufi di sentirsi etichettare come nazisti, mentre in sottofondo suonavano musiche filosovietiche, con slogan filoputiniani. Ua.mi ha scelto di non esserci ma le altre associazioni saranno in piazza, scortati dai City Angels, oltre che dalle forze dell’ordine”.

Romano si sente di esternare una considerazione significativa, legando gli insulti al popolo ucraino a quelli alla Brigata ebraica, secondo i Giovani palestinesi (che vorrebbero aprire il corteo di Milano) composta non da eroi ma da “assassini”: “A mio avviso uno può avere anche il diritto di essere antisemita, ma quello che dobbiamo capire è che se gli ebrei vengono attaccati non è un problema solo degli ebrei. Allo stesso modo la messa in discussione della resistenza ucraina non è qualcosa che riguarda solo Kyiv, ma anche noi. Putin va sconfitto non solo per liberare l’Ucraina, ma anche perché sta facendo crescere un certo cancro ideologico all’interno delle nostre società. Guardate cosa succede in Francia, per esempio, dove si scopre che ci sono cittadini russi dietro alle stelle di David che compaiono sui muri delle città. Non è più complottismo: è la realtà dei fatti. Ecco perché umanamente, da italiano, mi vergogno quando vedo gli ucraini che vengono aggrediti nelle nostre piazze”. Più in generale Romano spande considerazioni a tutto campo sul significato del 25 aprile, approfondendo questioni di cui si occupa quotidianamente all’interno del Museo di cui è alla guida. Cosa pensa dell’invito alla sobrietà nei festeggiamenti rivolto dal ministro Musumeci? “Non sono uno psicologo, dico solo che io vorrei un 25 aprile normale, una festa di tutti, come il 4 luglio negli Stati Uniti o il 14 luglio in Francia. E invece a me sembra che ogni anno la situazione vada peggiorando. Sono tutti lì a fare i parassiti del 25 aprile per ritagliarsi il loro minuto di celebrità o mettere la loro agenda sopra il ricordo dei caduti per la nostra libertà”. E’ anche per questa ragione, forse, che il ricordo della Resistenza, dell’antifascismo, come abbiamo osservato qui sul Foglio, dovrebbe andare di pari passo con il contrasto ai fascismi moderni. “Mi ricordo la grande lezione di Marco Pannella, che parlava dei fascismi rossi”, analizza Romano. “Io credo che a partire dal 7 ottobre in poi abbiamo assistito alla prolificazione di un altro fascismo, quello verde dei filo Hamas. Fa una certa specie leggere la lettera che Khamenei ha scritto agli studenti che protestavano nelle università americane e occidentali. E’ esattamente il rischio che corriamo e che stiamo facendo finta di non vedere”. Un rischio ancor più grosso se si considera il tipo di eco e di reazioni che queste prese di posizioni hanno alle nostre latitudini. “Le lotte dei fascisti rossi e dei cosiddetti pro Pal negli ultimi tempi sono andate saldandosi sempre di più. Così facendo il problema s’ingrossa”, analizza ancora il direttore Romano. “Purtroppo a sinistra si finisce per chiudere gli occhi e non si riesce a mettere un argine a queste derive, che sono preoccupanti per la nostra società”. Una prova del disinteresse, secondo Romano, la si avrebbe dalle manifestazioni contro Hamas nella Striscia di Gaza. “Non mi sembra che a sinistra se le siano filate granché”, dice ancora. Prima di una considerazione finale proprio sul valore, oggi, del 25 aprile. “Chi si batte contro i fascismi dovrebbe saper riconoscere i veri rischi per la nostra democrazia come Putin, come il terrorismo di Hamas, come Khamenei. E invece molto spesso noi occidentali siamo superficiali. Così gli altri hanno gioco facile a sfruttare il nostro senso si colpa. E invece quelli sono i fascisti da combattere oggi”.

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  • Luca Roberto
  • Pugliese, ha iniziato facendo vari stage in radio (prima a Controradio Firenze, poi a Radio Rai). Dopo aver studiato alla scuola di giornalismo della Luiss è arrivato al Foglio nel 2019. Si occupa di politica. Scrive anche di tennis, quando capita.

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