Chi è il capo della Protezione civile che gestirà la giornata del 26 aprile, medico e poliziotto, prefetto ed ex membro del Cts in tempi di Covid, con esperienza tra terremoti, inondazioni e grandi eventi (esequie di Woijtila comprese)
Roma. Gira, va, vede gente, in queste ore, il capo della Protezione civile Fabio Ciciliano, già commissario straordinario nella Caivano dove la premier Giorgia Meloni ha dato avvio alla campagna ( e alla narrazione) per la riqualificazione delle zone degradate dal punto di vista sociale, educativo ed economico. Ma non gira, va e vede gente per tic morettiano d’onnipresenza, Ciciliano. Siamo infatti alla vigilia del funerale di Papa Francesco, con successiva traslazione della salma nella basilica di Santa Maria Maggiore (dove il feretro sarà tumulato, come da volontà del defunto pontefice) e il capo della Protezione civile si trova nel bel mezzo di una serie di eventi: il 25 aprile, il funerale suddetto, il Giubileo in corso, il Conclave e persino, come ha ricordato lui stesso ieri, nelle ore di affanno e perlustrazione attorno al luogo di sepoltura, gli Internazionali di tennis prossimi venturi.
Ed eccolo, Ciciliano, già medico, poliziotto, prefetto plurilaureato che in tempi di Covid aveva fatto parte di quel Comitato tecnico scientifico su cui tanto si discettò in polemica (dandogli a volte la colpa a volte il merito su dati, chiusure, aperture e mascherine), ma ne aveva fatto parte in posizione di voce “moderata”, nel senso dell’allarmismo di contiana memoria. Motivo per cui, dicono oggi in zona Palazzi, l’attuale vertice della Protezione civile — succeduto a Fabrizio Curcio, considerato uomo d’emanazione draghiana – piaceva nel centrodestra già a monte della nomina a commissario per Caivano, incarico per cui si narra che la premier si sia molto spesa, in accordo con il sottosegretario Alfredo Mantovano. E insomma – a ventiquattro ore dalla calata a Roma di almeno 500 pullman di fedeli, cifra stimata da Ciciliano stesso – l’uomo è sul campo, con l’atteggiamento di colui che ne ha viste tante, tra calamità naturali e grandi eventi, dal terremoto dell’Aquila a quello in Emilia, da Haiti al funerale di Papa Wojtila (simile come portata a quello di Francesco, solo che oggi c’è il carico del Giubileo), ma anche con l’aria del buon padre di famiglia: se volete stare ore in fila, ha detto Ciciliano all’indirizzo di pellegrini e papa-boys, giunti a Roma per il Giubileo degli adolescenti, ma accorsi a San Pietro per l’omaggio alla salma, state attenti agli “sbalzi di temperatura”, e vestitevi “a strati”, se intendete passare la notte all’addiaccio. E se il Ciciliano di oggi è l’uomo dell’organizzazione “flessibile”, cangiante in base al numero degli arrivi, che annuncia la presenza in piazza, tra gli oltre duecentomila fedeli attesi, e sotto gli occhi di tiratori scelti sui palazzi, artificieri e agenti di polizia fluviale per il pattugliamento del Tevere, di 3000 volontari della Protezione civile, 55 squadre sanitarie, 11 postazioni mediche avanzate, migliaia di operatori delle forze dell’ordine e vigili del fuoco, il Ciciliano di ieri è quello che, a fine mandato nel Cts, rassicurava sulla fine dell’emergenza: era la primavera del 2022 e a chi si domandasse “siamo davvero fuori pericolo con il Covid?”, il medico della Polizia di Stato rispondeva che sì, si era ormai al sicuro, e l’organismo tecnico-scientifico che “aveva per due anni portato per mano il paese” poteva anche sciogliersi, ma che “l’allentamento della tensione psicologica legata al virus” non doveva “cancellare il buonsenso”.
Fatto sta che di buonsenso, misto a qualche dote manageriale, ce n’è voluto molto, per attraversare indenne le polemiche che, due mesi fa, hanno accompagnato l’annuncio della premier di voler estendere il “modello Caivano”, sotto la coordinazione di Ciciliano, ad altre otto periferie degradate d’Italia, con l’opposizione che accusava Meloni di usare le campagne di riqualificazione urbana come vetrina elettorale, anche grazie agli arresti in area di delinquenza minorile, con conseguente ingrossamento della già strabordante popolazione carceraria. Nato a Napoli, Ciciliano conosce bene il suo territorio, ma negli anni ha ricoperto ruoli di vertice in molte missioni internazionali, come quando, nelle vesti di esperto in rischio nucleare e radiologico, si è recato in Giappone dopo lo tsunami che ha colpito la centrale di Fukushima. E oggi non si scompone, come mai si è scomposto. “Sono in arrivo più fedeli del previsto”, diceva infatti ieri, sbattendo le palpebre con aria serena da entomologo delle emergenze.