Il suo volto inconfondibile ha attraversato tutto il cinema del dopoguerra, facendosi apprezzare per la versatilità con cui è riuscito ad alternare personaggi drammatici ad altri puramente comici. Un convegno a Roma per celebrarne il ricordo
“Halò! E’ l’avvocato De Marchis che parla. Telefono a proposito di quella cosuccia. Di quella cambialetta, come? Cambialona? …Eh… addirittura… non si va in galera per una cambiale. Comunque sto telefonando per dirle che ho molte cose che stanno bollendo in pentola, e qui, massimo ventiquattro ore, io finisco in galera! Aridaje, ma lei mi trascina cò questa galera!”. Gli appassionati di “Febbre da cavallo”, celebre film di Steno con protagonisti Enrico Montesano, Gigi Proietti e Francesco De Rosa, riconosceranno l’inconfondibile frase che l’avvocato De Marchis, che poi avvocato non è, come sottolinea la voce narrante del Proietti Mandrake, rivolge a uno sconosciuto interlocutore telefonico. Interpretato da Mario Carotenuto, l’avvocato De Marchis è una figura di sbruffone, intrallazzone, un commendatore scapestrato con manie di grandezza ma di buon cuore, verace romano, summa e perfetta sintesi del personaggio tipo interpretato nel corso della lunga e prolifica carriera di Carotenuto.
Carotenuto, nato a Roma il 30 giugno del 1916, moriva esattamente trent’anni fa, il 14 aprile del 1995, all’Aurelia Hospital. Il suo è un volto inconfondibile, bonario, a Roma si direbbe da pacioccone, che ha attraversato tutto il cinema del dopoguerra, tra generi diversi, ciascuno dei quali ha incarnato un momento storico della cultura cinematografica italiana, tanto da aver fatto dire a Marco Giusti che Carotenuto rappresenta l’essenza della commedia italiana. Negli anni quaranta lavora per la radiofonia ma è naturalmente vocato alla recitazione, teatrale e cinematografica. Anche nel cuore fiammeggiante della seconda guerra mondiale, quando, giovanissimo, dopo l’otto settembre del 1943, aderisce alla Repubblica Sociale Italiana, aspetto questo che lo accomunerà a molti altri mostri sacri della commedia. Particolare per lungo tempo obliato, negli ultimi anni si è venuto a sapere che Carotenuto e il suo estro comico finirono nella compagnia teatrale dipendente dalla sezione intrattenimento della 29. Waffen-Grenadier-Division der SS (italienische Nr. 1), le SS italiane. Nonostante per molti italiani il suo volto rappresenti sinonimo di commedia all’italiana, Carotenuto è stato prima di tutto un grande interprete teatrale; Brecht, che gli valse il premio San Genesio nel 1956, Pirandello, Molière, Shakespeare.
L’esordio al cinema avviene negli anni cinquanta, lavora con mostri sacri del cinema italiano, da Dino Risi a Mario Monicelli, al fianco di Totò, Vittorio De Sica, Alberto Sordi. Si fa apprezzare per la versatilità con cui riesce ad alternare personaggi drammatici e dalle molteplici sfaccettature ad altri puramente comici. Dalla fine degli anni sessanta, Carotenuto si dedica in prevalenza a film più leggeri, anche se non manca qualche incursione nel cinema più alto, come nel caso de “Lo scopone scientifico” di Luigi Comencini, interpretazione che gli valse un Nastro d’argento. Ovviamente ci sono ottime possibilità che al solo mostrare la sua immagine un ipotetico interlocutore scorga in lui uno dei simboli perfezionati di quella commedia grottesca e sovente sexy che, con Lino Banfi, Alvaro Vitali, Edwige Fenech, ha caratterizzato una parte consistente, per quanto spesso ingiustamente disprezzata, del nostro cinema. Recordman delle interpretazioni, sul suo carnet vanta 152 pellicole realizzate, come ricorda Domenico Palattella nel suo volume “Il commendatore della commedia all’italiana – tutto il cinema di Mario Carotenuto” (Il Foglio Letterario Edizioni).
A lui, proprio in occasione del trentennale della scomparsa, è stato dedicato un convegno a Roma, che si è tenuto il 9 aprile in Campidoglio. L’incontro è stato organizzato dalla Casa della Commedia all’Italiana, fondata da Claretta Carotenuto, figlia dell’attore e attrice ella stessa, e da Steve Della Casa, con la presenza, tra gli altri, di Graziano Marraffa, Domenico Palattella e Marco Giusti. La tomba di Carotenuto si trova nel cimitero di Grottammare, in provincia di Ascoli Piceno, località di cui è originaria la seconda moglie mentre a Roma, precisamente al Cimitero Flaminio, riposa il fratello maggiore, Memmo, anche lui celebre volto della commedia italiana.