Una delle principali vulnerabilità dei paesi europei è la scarsa capacità di difesa contro i missili balistici ad alta quota, aggravata dall’assenza di un sistema di sorveglianza indipendente. È urgente sviluppare una difesa comune e integrata, sostenuta da fondi condivisi
Una delle vulnerabilità più evidenti dei paesi europei è costituita dalla insufficiente capacità di difesa aerea. Mentre contro la minaccia portata da velivoli e missili da crociera le risorse disponibili sono di livello adeguato, anche se numericamente insufficienti, l’Europa è quasi totalmente scoperta contro attacchi simili a quello che domenica scorsa ha colpito Sumy, causando decine di vittime civili. Le capacità scendono a zero se si considerano missili balistici con traiettoria esoatmosferica, cioà con un apice superiore a 50 chilometri.
Tenuto conto delle diverse possibili tipologie di un attacco dall’aria, è opinione largamente condivisa che una difesa efficace si deve basare su tre strati, uno per le quote medio-basse, uno per quelle nulla fascia di quota fino a circa 15 chilometri e uno per quelle superiori, attese le prestazioni delle minacce possibili. Così è strutturata la difesa israeliana, che ha dimostrato la sua piena efficacia nei due attacchi missilistici scatenati dall’Iran il 19 aprile e nella notte tra l’1 e il 2 ottobre 2024: per i bassi strati, contro razzi della classe Qassam e simili viene impiegato il sistema Iron Dome, che ha evidenziato le sua capacità, anche di discriminazione; per le medie quote esiste un sistema integrato missilistico e pilotato, in modo da agire efficacemente contro minacce di vario tipo, come missili da crociera, droni di varia natura e capacità, velivoli pilotati: troviamo quindi le batterie di David Sling (sistema acquisito anche dalla Finlandia), così come velivoli intercettori F16 e F15. In questa fascia di quote vengono anche contrastati missili balistici a corto/medio raggio, per i quali il David Sling si è rivelato particolarmente efficace; infine per i missili balistici di maggiori prestazioni è schierato il missile Arrow 3, che può distruggere le testate in arrivo prima del rientro nell’atmosfera, distruzione che si ottiene non con la deflagrazione di una testata di guerra, bensì con l’impatto diretto contro l’ordigno in arrivo.
Ovviamente tutti questi mezzi di difesa attiva, tra loro integrati, non avrebbero la minima efficacia se non controllati e guidati da un sofisticato sistema di avvistamento, comando e controllo, a sua volta costituito da un articolato insieme di sensori e di apparati per l’avvistamento, la discriminazione e il tracciamento della minaccia in arrivo, nonché per la guida degli intercettori, pilotati o missilistici che siano. Si parte da satelliti di sorveglianza, in grado di identificare un missile nemico fin dal momento del lancio e di tracciarne la traiettoria, a radar di varia tipologia, anche aeroportati, che assicurano una copertura totale del territorio da proteggere, a quelli delle singole batterie di missili superficie-aria per l’acquisizione dei bersagli e la loro intercettazione.
La domanda che dobbiamo porci è di che cosa dispone l’Europa, nel suo insieme e a livello dei singoli paesi, e di che cosa ha bisogno, relativamente a un sistema di sistemi così complesso e articolato come quello descritto. Per cominciare non abbiamo un sistema satellitare di sorveglianza che possa allertarci di un lancio missilistico ostile, si tratti di un Iskander o di un Oreshnik, come quelli impiegati da Mosca contro l’Ucraina: per questa capacità dobbiamo necessariamente affidarci agli Stati Uniti. Per le medie quote invece è perfettamente operativo il Natinad (Nato Integrated Air Defense System), costituito da un cluster di testate radar con copertura totale, due centri per il comando e controllo, velivoli da caccia sempre pronti a decollare su allarme, batterie di missili di vari tipi (certo in misura insufficiente per tutte le aree sensibili); per le quote più basse altri tipi di missili superficie aria, ma solo per la difesa di punti specifici e non nella quantità necessaria. Dove c’è una carenza assoluta è nella difesa contro missili balistici con traiettoria esoatmosferica, per la quale in occidente sono oggi in servizio solo due tipi di intercettori: il già citato Arrow 3 israeliano e lo statunitense Thaad.
E’ in ogni caso chiaro che per assicurare un’adeguata protezione al territorio europeo non è sufficiente la sommatoria di singole componenti nazionali, ma serve uno sforzo collettivo. Potrebbe essere questo il banco di prova di una volontà politica condivisa per una Difesa comune, che dovrebbe essere necessariamente finanziata collettivamente, con modalità che coinvolgano direttamente le istituzioni comunitarie, seguendo i suggerimenti che vengono anche da personalità come Draghi. Bisogna pensarci in fretta: abbiamo dovuto purtroppo constatare che gli scenari cambiano rapidamente e non dobbiamo farci trovare impreparati.