Tra la celebrazione della risurrezione e il suono delle campane a morto, la scomparsa di Papa Francesco scuote la serenità della giornata e invita a una riflessione sulla vita cristiana e il suo rapporto con la morte
A Pasquetta non volevo pensare a nulla, non voglio pensare a nulla mai e a Pasquetta meno che meno, volevo concentrarmi solo sul taglio del tradizionale salame (taglio un po’ difficoltoso perché per errore l’ho comprato troppo fresco, e sì che la negoziante me l’aveva fatto palpare…). Ed ecco che Dio mi pone davanti a un cortocircuito resurrezione-morte. Solo poche ore prima, durante una bellissima veglia pasquale, avevo sentito i campanelli annunciare dall’altare la resurrezione di Cristo e adesso devo sentire le campane a morto per il Papa. E’ la vita, ovvio, si muore tutti i giorni, c’è chi muore addirittura a Natale, e tuttavia è impossibile non sentirsi chiamati allo sforzo di una riflessione. A differenza dei mondani noi cristiani abbiamo confidenza con la morte, la nominiamo sempre, nell’Ave Maria, nella messa, di sicuro non ci stupisce. E però un vero conservatore, a differenza del progressista bramoso di novità, le notizie le detesta e deplora l’estinzione di persone e cose perfino se sgradite: sia per cristiana misericordia, sia perché si fa l’abitudine a tutto, sia perché al peggio non c’è mai fine. L’eterno riposo dona a lui Signore, e a noi un nuovo Papa che non faccia notizia.