I viaggi storici di Francesco in medio oriente, gli incontri con l’ayatollah sciita al Sistani e con Tayyeb, leader del mondo sunnita. Le condoglianze dei terroristi di Gaza
Fu dalla culla delle fedi abramitiche, dove fu inventata la ruota e prese forma il codice di Hammurabi, vicino alle rovine dello zigurat dell’antica città di Hur che Papa Francesco rivolse il suo ringraziamento più sentito al popolo iracheno, uscito vittorioso sull’estremismo dello Stato islamico appena cacciato da Mosul. “Vengo come un pellegrino di pace, in cerca di fratellanza e riconciliazione dopo anni di guerra e terrorismo. Sembra di tornare a casa”, disse il Pontefice dal deserto aperto, 300 chilometri a sud di Baghdad. Lo storico viaggio del 2021, il primo di un Pontefice in Iraq, fu un’esplorazione alle radici del cristianesimo, lì dove visse Abramo. “Gli esseri umani sono o fratelli per religione o uguali per creazione”, gli disse l’ayatollah al Sistani in un incontro fortemente voluto da Papa Francesco nella città santa di Najaf con la massima autorità religiosa dell’islam sciita in Iraq. Ma al di là dei simbolismi, gli appelli del Papa al dialogo interreligioso – estremismo e violenza sono “il tradimento delle religioni”, disse – rimasero in parte inascoltati. La comunità cristiana irachena, rimasta ai margini della scena politica e messa sotto il ricatto dei Guardiani della rivoluzione islamica dell’Iran, resta in balia di discriminazioni e minacce. Quando il Papa rivelò nella sua autobiografia di essere stato vittima di due attentati terroristici sventati dalle forze di sicurezza durante il suo viaggio in Iraq, la leadership di Baghdad, imbarazzata, si affrettò a smentirlo.
Oggi il mondo islamico, a cui Francesco ha sempre guardato con grandi aspettative, ha espresso il proprio cordoglio per la morte del Papa. Se lo sciita Sistani ha parlato di “profonda tristezza”, dal Cairo Ahmad al Tayyeb, il grande imam dell’Università di al Azhar e punto di riferimento dell’islam sunnita, ha ricordato il Pontefice “al servizio dell’umanità, difensore degli oppressi e sostenitore del dialogo interreligioso e interculturale”. E questo nonostante Tayyeb si sia sempre rivelato come una figura controversa. Commemorando l’uccisione del leader di Hamas Yahya Sinwar, lo scorso ottobre, l’imam di al Azhar non esitò a condannare Israele e a definire i terroristi di Gaza “eroi” e “combattenti della resistenza che hanno difeso la causa di arabi e musulmani”.
Gli appelli per la fine di ogni estremismo e gli incontri epocali con i grandi leader del mondo musulmano sono usciti ridimensionati dalla storia recente. Nel 2019, Francesco e Tayyeb si incontrarono negli Emirati Arabi Uniti, ad Abu Dhabi, in un altro vertice storico. Il primo Papa a mettere piede nella terra di Maometto, la penisola arabica (tornerà tre anni dopo in Bahrein), firmò un documento dalle enormi aspettative. Dedicata alla “Fratellanza umana”, la dichiarazione firmata insieme a Tayyeb fu accolta come la pietra miliare di una relazione nuova tra islam e cristianesimo. Sull’isola di Saadiyat, fu inaugurato in quella occasione la Casa della famiglia abramitica, che ospita una chiesa, una moschea e una sinagoga come simboli del dialogo interreligioso e della coesistenza pacifica tra cristiani, ebrei e musulmani. Per Francesco, non si trattava solamente di simboli, ma di occasioni concrete per riconnettere mondi in guerra.
La difesa dei cristiani in medio oriente fu al cuore dei suoi sforzi. “Caro fratello”, fu l’incipit di una lettera inviata a Sistani due anni dopo l’incontro di Najaf per chiedergli di intercedere con le autorità irachene affinché si costruisse “una cultura basata sulla giustizia, la pace, promuovendo le azioni politiche che proteggono i diritti fondamentali di ognuno”. Alla benedizione Urbi et orbi di domenica, il Papa aveva ricordato Gaza e gli orrori della guerra, ma anche i bambini coinvolti nelle guerre in Yemen, Libano e Sudan. Parole che nel giro di poche ore sono rimaste vittime di un triste cortocircuito quando ieri è arrivato il cordoglio di Hamas per la morte del Pontefice: “Papa Francesco era un fermo difensore dei diritti legittimi del popolo palestinese – ha detto Bassem Naim, uno dei leader dei terroristi – in particolare nella sua ferma posizione contro la guerra e gli atti di genocidio perpetrati contro il nostro popolo a Gaza”.