Sembra il Venezuela, ma è l’America di Trump. Parla Moisés Naím

Il tycoon “sta seguendo il copione di Hugo Chávez e degli altri che arrivano al potere attraverso mezzi democratici e poi minano la democrazia dall’interno”, dal controllo della magistratura a quello delle Forze armate. Intervista all’analista ed ex direttore della rivista Foreign Policy

“Perché negli Stati Uniti stanno rimuovendo i migliori leader meritocratici del settore militare? E con chi li stanno sostituendo?”. Direttore della rivista Foreign Policy dal 1996 al 2010, Premio Ortega y Gasset, già direttore esecutivo della Banca mondiale, considerato tra i cento pensatori più influenti al mondo, Moisés Naím nei suoi ultimi libri ha dedicato molta attenzione alla crescente crisi della democrazia in tutto il mondo. In particolare, nel 2013 ne “La Fine del Potere” spiegò come, a causa della crescente complessità dei problemi da risolvere, per i politici stava diventando sempre più difficile riuscire a incidere. Nel 2022 ne “La Rivincita del Potere” aggiunse che, per frustrazione, gli elettori stavano dando sempre più spesso fiducia a uomini forti che promettono di fare ma poi minacciano di distruggere anche le democrazie più mature a colpi di “3 P”: populismo, polarizzazione, post-verità.

Cittadino venezuelano, e tra 1989 e 1990 anche ministro del Commercio e Industria, Naím è un analista a cui l’ascesa di Trump diede da subito una sensazione di déjà vu rispetto al precedente di Chávez, sulla cui vita scrisse il soggetto per una serie in 102 puntate per una tv colombiana proprio subito dopo l’arrivo del tycoon alla Casa Bianca. In questa chiave, diventa appunto centrale il modo in cui il regime di Caracas venne costruito mettendo le mani sulle Forze armate e ideologizzandole. “Le Forze armate degli Stati Uniti sono state pensate minuziosamente per prendersi cura di sé stesse, ma questo a quanto pare sta iniziando a cambiare”, dice al Foglio Naím. La sua esortazione a “prestarvi molta attenzione” viene nel momento in cui a Washington è stata annunciata una grande parata militare in occasione del 79mo compleanno del presidente, che coincide col 250esimo anniversario della fondazione dell’Esercito degli Stati Uniti. Ma nella tradizione militare americana le parate nelle occasioni commemorative non si fanno, e quando già nel 2018 Trump aveva ordinato al Pentagono di organizzare una grande parata militare dopo essere rimasto colpito da quella del 14 luglio a Parigi, l’evento fu poi cancellato perché sarebbe stato troppo costoso.

“In effetti Trump sta facendo quello che ha detto che avrebbe fatto”, osserva Naím. “Rimettere gli Stati Uniti in una posizione di potere sugli altri paesi, non fidarsi delle alleanze, non fidarsi della Nato, non fidarsi degli accordi commerciali internazionali, non fidarsi delle regole, e usare il potere della Casa Bianca per rifare il mondo”. Ma può riuscirsi sul serio, o semplicemente avrà sull’economia un evento devastante tipo quello che Fidel Castro o Chávez hanno avuto sull’economia dei propri paesi? Ovviamente con ripercussioni molto più ampie, visto che gli Stati Uniti sono il paese guida del pianeta… “Siamo ancora nel mezzo di un processo, ma è chiaro che c’è già un cambiamento irreversibile nelle relazioni commerciali tra i paesi. Ora arriverà una fase di negoziazione in cui diversi paesi verranno a Washington per chiedere accordi ed eccezioni. Allo stesso tempo, però, inizia una resistenza e una reazione. Ci sono appena state alcune marce nelle strade delle principali città degli Stati Uniti, e mostrano come vi sia anche un paese che è contro il suo presidente e i suoi soci. Non è ancora facile anticipare chiaramente cosa accadrà, ma tra gli esperti oggettivi, che non rispondono a partiti politici o ideologie, c’è consenso su una inevitabile diminuzione molto significativa dell’attività economica, con stagnazione economica e aumento dell’inflazione”.

Gli slogan di Trump sono un curioso riecheggiare di quel tipico vittimismo del populismo latinoamericano, sulle “vene aperte dell’America Latina” per colpa dell’imperialismo yankee. Solo che invece di prendersela con l’America per i problemi latinoamericani se la prende con il resto del mondo per i problemi americani. “La cosa grave è che sta seguendo il copione di Hugo Chávez e degli altri che arrivano al potere attraverso mezzi democratici e poi minano la democrazia dall’interno, usando il potere che la democrazia ha loro dato. La prima cosa che si fa è cercare di controllare la magistratura, mettendo i propri giudici nei tribunali. Poi si va alle Forze armate. Poi le principali attività economiche. La scorsa settimana, senza motivo e senza spiegazioni, Trump ha rimosso dal suo incarico il generale a quattro stelle che era direttore della National Security Agency e del Cyber Command. Era considerato uno dei generali più rispettati negli Stati Uniti, è stato licenziato, e non si sa perché. Diversi funzionari molto alti, molto rispettati, molto esperti, sono stati licenziati anche loro. Questo è parte del copione: mettere nelle posizioni importanti persone assolutamente leali, senza guardare al merito”. Ieri il presidente Trump ha licenziato uno dei più alti ufficiali militari statunitensi di base al quartier generale della Nato a Bruxelles, il viceammiraglio della Marina Shoshana Chatfield, senza grosse spiegazioni.

Una cosa del genere sembrava plausibile in America latina, non in quegli Stati Uniti che sono stati il modello della democrazia di oggi. “Sicuramente c’è una grave crisi costituzionale, e la Costituzione sta venendo messa a dura prova. Vediamo da qui alle elezioni di medio termine come funziona. Non dimentichiamoci che l’attuale presidente degli Stati Uniti ha promosso un assalto al Campidoglio per impedire il pacifico trasferimento del potere a Joe Biden. Effettivamente il sistema dei checks and balances sta venendo messo a dura prova, e non si sa se resisterà anche a questa. Nella magistratura, ci sono giudici, indipendenti o nominati da altri presidenti repubblicani, che stanno prendendo decisioni contro la politica di Trump: sui dazi, sul licenziamento di dipendenti federali, sull’immigrazione… Ma Trump e il suo team le ignorano. E questa è già una prima violazione della divisione dei poteri”. La Costituzione americana è diventata troppo vecchia? “Finora aveva funzionato, ma nessuno immaginava che potesse essere così facilmente sovvertita, attaccata e neutralizzata”.

Come si è arrivati a ciò? “Una convergenza di fattori ha creato una tempesta perfetta. Scontente per la loro situazione economica e sentendosi abbandonate dai governi la classe media e la classe operaia hanno pensato che Trump potesse essere il loro salvatore e gli hanno dato un potere assoluto. Vediamo ora come reagiranno, nel momento in cui le politiche di Trump inizieranno a danneggiarli pesantemente”. In Europa c’è la percezione che il Partito democratico stia reagendo in maniera molto debole: “Sì, sembra che i dem non siano all’altezza del compito. Forse colti di sorpresa, ma comunque con una chiara carenza di leadership”.

In qualche modo, Trump sta paradossalmente realizzando il programma no global del popolo di Seattle o del Subcomandante Marcos. Può finire per distruggere il capitalismo come lo conosciamo? “Per distruggere il capitalismo i mezzi di produzione devono passare sotto il controllo dello stato, e ciò Trump non lo ha pianificato. Però può cambiare il modo in cui il capitalismo è regolamentato, e ciò lo sta chiaramente facendo giorno per giorno”.

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