Il paese va al voto per scegliere un nuovo presidente. Si vede l’effetto Fico tra svolte illiberali, propaganda russa, minacce di morte e insulti irripetibili
Che volto inaspettato aveva la Slovacchia del 2019, quando Zuzana Caputová vinse le elezioni presidenziali. La sorpresa era in tutto. In lei, che era arrivata in politica dopo una carriera trascorsa a dire che, da avvocato, aveva il compito di stare dietro le quinte, di consigliare, di raddrizzare. Aveva pensato che la sua vita dovesse lambire la politica, non incrociarla, e invece. L’altra sorpresa era la Slovacchia, un paese che dopo l’assassinio del giornalista Ján Kuciák si era guardato allo specchio e non si era piaciuto per niente e così aveva scelto di cambiare. Anche se quello del presidente è un ruolo in gran parte cerimoniale, gli slovacchi avevano scelto la persona più diversa possibile dal passato. Appassionata, aperta, coraggiosa, instancabile. Il paese veniva da mesi di veglie e proteste, di cori e lamenti dedicati a Ján e alla sua fidanzata Martina Kusnirová, uccisa la stessa notte. Dei sicari fecero irruzione in casa, spararono mentre i due erano a letto. Erano arrivati per conto di un imprenditore locale al centro delle inchieste del giornalista. Ján e Martina vennero sepolti con addosso i vestiti da sposi che avrebbero dovuto indossare per il loro matrimonio e che mai avevano mostrato l’uno all’altra. La forza della protesta era cocciuta e dolorante, cosparsa dalla consapevolezza che Ján Kuciák fosse stato ucciso per le sue inchieste. Zuzana Caputová era arrivata come guida e curatrice, aveva preso la piazza e l’aveva trasformata in programma politico con il suo partito Slovacchia progressista. Era entrata in politica con l’eleganza e la calma di chi è sicuro delle ragioni della propria lotta. Combattiva, europeista, cattolica, liberale, originaria di un paesino vicino a Bratislava, Pezinok, famoso per il vino e per una discarica enorme: le due cose non possono convivere. Aveva iniziato il suo attivismo contro quella discarica, che di fatto stava uccidendo il vino. Dal piccolo al grande, dal locale al nazionale: “Sono un’ottimista – ripeteva spesso nella sua campagna elettorale – credo che sia sempre possibile cambiare le cose”. Così si era presentata lei, unica donna contro quindici candidati uomini, a spiegare di cosa aveva bisogno il paese.
Nel fine settimana gli slovacchi voteranno per scegliere un nuovo presidente e il paese non assomiglia per nulla alla Slovacchia tormentata ma energica di cinque anni fa. La rivoluzione Caputová finisce qui, trasformata in involuzione.
La non candidata. Zuzana Caputová non è tra i candidati delle prossime elezioni, il cui ballottaggio si terrà il 6 aprile. Quando aveva deciso di correre, si era presentata con alcuni spot che, nel loro piccolo, fecero la storia delle campagne elettorali in Slovacchia perché molto cinematografici. Ricordate l’imprenditore locale al centro dell’inchiesta di Ján Kuciák? Si chiama Marián Kocner, è stato arrestato e condannato: fu il Parlamento europeo a fare pressioni affinché le indagini fossero svolte in modo corretto. In uno degli spot di Caputová appariva lei in un bar, seduta di fronte a un uomo dall’aria minacciosa, molto somigliante a Marián Kocner, che in tono intimidatorio le porge la mano e le dice: “Affare fatto?”. Lei lo fissa, il bar è pieno, tutti la guardano con speranza e trepidazione. Zuzana risponde: “No”. La gente si alza e si mette al suo fianco. L’uomo, ancora più minaccioso, le chiede: “Non hai paura?”. “No, non sono sola”, risponde lei. Fu un potente messaggio agli elettori e alla criminalità organizzata. La Caputová mostrava coraggio, forza, inflessibilità. Questa volta, con le nuove elezioni, è stato tutto diverso, perché sono mesi che riceve minacce di morte e intimidazioni che coinvolgono non soltanto lei, ma anche i suoi figli. Tutto è iniziato quando la campagna elettorale per le elezioni amministrative lo scorso anno è entrata nel vivo e l’attuale premier, Robert Fico, iniziò a definirla con insistenza e diffida: “agente degli americani”. Le minacce venivano da canali telegram vicini al Cremlino, e di fronte al rischio che coinvolge tutta la sua famiglia, Caputová prese una decisione: “Dopo una seria riflessione, so che non ho le forze”. La corsa per le presidenziali, senza di lei, ha cambiato volto.
Gli spot della Caputová nel 2019 erano diventati una rivoluzione in campagna elettorale. Oggi non si è ricandidata
Il dibattito in tv. “La pace di cui parli tu si chiama capitolazione” davanti alla Russia, ha detto Ivan Korcok a Peter Pellegrini durante il dibattito televisivo tra i due rivali principali alle presidenziali slovacche. Korcok è un diplomatico di carriera, ex ministro degli Esteri, sessantenne con tutti i capelli bianchi e lo slogan elettorale “rispettabile ma risoluto” (chissà perché ha messo un “ma” in mezzo), nominato dal partito libertario Libertà e Solidarietà (l’acronimo è SaS) che fa parte dello stesso gruppo politico europeo di Giorgia Meloni, l’Ecr. Visto da qui Korcok è quindi un euroscettico, per quanto non radicale, ma visto dalla Slovacchia degli stravolgimenti è un europeista liberale, che denuncia il governo di Robert Fico e il suo alleato candidato Pellegrini perché “stanno bruciando” i ponti con l’Ue e con i paesi vicini. Korcok ce l’aveva in particolare con lo scontro che c’è stato tra la Slovacchia di Fico e la Repubblica ceca guidata dal conservatore Petr Fiala. Il premier ceco ha infatti sospeso i consigli dei ministri congiunti con la Slovacchia – che si tenevano regolarmente dal 2013 – dopo che il ministro degli Esteri slovacco, Juraj Blanár, ha incontrato Sergei Lavrov, ministro degli Esteri russo, in Turchia, all’inizio di marzo. L’opposizione interna lo ha criticato molto, anche altri paesi europei lo hanno fatto, ma Fico ha detto che questo incontro è la dimostrazione della sua politica estera “bilanciata”, e per ribadire la sua tesi ha detto che il suo ministro della Difesa aveva incontrato anche il capo del Pentagono, come se i due meeting fossero perfettamente equiparabili. Pellegrini naturalmente conferma e rilancia la politica di Fico, e durante il dibattito con Korcok – un dettaglio: Pellegrini non voleva fare questi dibattiti, si è opposto fino all’ultimo – ha detto: “Mi dispiace che ci siano dei politici in Slovacchia che giustificano quello che la Repubblica ceca ci ha fatto”. E ancora, sull’Ucraina, Pellegrini ha ripetuto la litania papesco-pacifista: “Gli slovacchi pensano che le uccisioni in Ucraina debbano cessare e che i politici debbano contribuire a fermare la morte di persone innocenti”. Anche qui: i morti in generale, gli innocenti in generale, come se non ci fosse un paese che aggredisce e uno aggredito, che si difende.
Pellegrini e Fico. Pellegrini, che ha remote origini italiane ed è un economista, è un quasi cinquantenne molto pieno di sé e molto social, che per tutta la sua carriera politica ha rivaleggiato con l’attuale premier Fico. Amici e nemici, a seconda del momento, molti slovacchi non sanno dire chi dei due sia il più opportunista. Pellegrini, che oggi è lo speaker del Parlamento di Bratislava, è sempre stato nello stesso partito assieme a Fico, lo Smer (che vuol dire “direzione” e che faceva parte del gruppo dei Socialisti europei, ma ora è sospeso), fu nominato vicepremier con delega agli Investimenti nel 2016, da Fico, e poi prese il suo posto nel 2018, quando Fico dovette dimettersi da premier in seguito all’uccisione di Kuciák e della sua fidanzata. Alle elezioni del 2020, Pellegrini prese 170 mila voti in più rispetto a Fico (comunque le persero, quelle elezioni) e decise di convocare un congresso del partito dicendo: il leader qui devo essere io, sono il più popolare. La mattina del congresso, Pellegrini non si presentò ma in compenso, assieme ad altri dello Smer, lanciò un nuovo partito, Hlas (che vuol dire “voce”, anch’esso sospeso dai Socialisti europei), che aveva l’obiettivo ovviamente di separare il proprio cammino da quello di Fico, ma anche di diventare un “asso pigliatutto”, corteggiando sia l’elettorato conservatore sia quello di sinistra, con una politica populista. Alle elezioni dello scorso anno vinte da Fico, c’è stato un po’ di finto corteggiamento per formare la coalizione, con Pellegrini (arrivato terzo) che si è goduto 15 minuti di notorietà da kingmaker, entrando poi nel governo con Fico e rimettendo nel cassetto gli screzi del passato. Entrambi sono un grattacapo non piccolo per la famiglia della sinistra europea, visto che sono considerati gli Orbán di sinistra. Pellegrini è oggi leggermente avanti nei sondaggi rispetto a Korcok, con il quale con tutta probabilità andrà al ballottaggio. Non sono soli, anzi, è una corsa affollata, ma per comprendere meglio Pellegrini è utile ricordare che attualmente al terzo posto, con poco più del 10 per cento dei voti, c’è l’ex giudice della Corte suprema diventato un esponente di estrema destra, Štefan Harabin: i suoi sostenitori sono filorussi e antioccidentali. Pellegrini spera che, in caso di ballottaggio, questi voti vadano a lui.
Pellegrini spera di vincere al ballottaggio con Korcok prendendo i voti del giudice putiniano Harabin
Sensibili al Cremlino. In Slovacchia la propaganda russa è instancabile e gli slovacchi sono finora tra i cittadini europei più martellati da contenuti confezionati dal Cremlino. L’ambasciata russa di Bratislava è tra le più attive sulle piattaforme social e quando l’invasione di Putin era appena iniziata, la maggioranza degli slovacchi era tra coloro che dicevano che era inutile combattere, tanto la Russia non poteva essere battuta. E’ dal 2014 che la propaganda di Mosca nel paese si è fatta più attiva e non è una data a caso, è l’anno dell’inizio della guerra in Ucraina e dell’annessione illegittima della Crimea. Da allora il lavoro di Mosca si è fatto meticoloso, facendo leva anche su politici particolarmente inclini a farsi ispirare da Orbán e anzi a chiedere la sua intercessione per delle visite in Russia. Nel 2014, nella cittadina di Ladomirová fu ricostruito un cimitero per i soldati anche russi morti nella Prima guerra mondiale. Nel settembre del 2022, venne diffusa la notizia che era stato distrutto. La disinformazione si attivò per suscitare scalpore e per coprire la notizia della liberazione di Izyum e della scoperta delle fosse comuni. Un gruppo chiamato Brat za brata accusò il sindaco della cittadina del “gesto blasfemo”. Uno il cimitero non era russo, due non era mai stato distrutto. La finta distruzione del cimitero fece così tanto scalpore che venne chiamata “operazione cimitero”.
Zuzana Kovacic Hanzelová è una giornalista famosa, con una trasmissione quotidiana, che ora non fa più. Alla fine di febbraio ha detto che c’è “un limite all’odio che una persona può assorbire” e quel limite lei lo ha raggiunto, proprio come la presidente Caputová. Le offese più dure e volgari le sono arrivate da esponenti del governo e dei partiti della coalizione di governo, con video e attacchi personali espliciti perché coperti dall’impunità. Un noto complottista ha pubblicato il numero di telefono di Hanzelová su un canale telegram, e le minacce e gli insulti si sono moltiplicati. “Lo speaker del Parlamento dice pubblicamente che sono una puttanella”, dice Hanzelová, il primo ministro Fico definisce molte giornaliste “sporche prostitute” che lavorano contro la Slovacchia. Da quando è tornato a fare il premier, quattro media importanti del paese sono stati banditi dalle sue conferenze stampa.