L’aborto come diritto è ora iscritto nella Costituzione francese. Ma è la vita il primo diritto di un individuo, e il concepito è un individuo. Aborto? No, grazie, diciamo di fronte all’umanitarismo falso per i bambini di Gaza
Cessate il fuoco, parola d’ordine che incanta, dilaga senza senso, e che andrebbe usata sì, e senza circospezione, per quanto la Costituzione francese oggi considera un diritto assoluto, l’aborto. La dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, votata dalla comunità internazionale tranne il Sudafrica dell’apartheid, l’Unione sovietica della dittatura del proletariato e l’Arabia Saudita, dice che il primo diritto dell’individuo è la vita. Bisogna accertarsi che un individuo sia un individuo, non si può negargli una personalità giuridica, e a quel punto il diritto alla vita è assoluto. Il concepito è per la scienza un individuo.
Lo è per statuto cromosomico, individuo differente da tutti gli altri e irripetibile nella struttura. È un individuo in atto, non solo in potenza, dotato di tutto quel che fa di un maschio un maschio e di una femmina una femmina. Lo si fotografa abitualmente attraverso tecniche visualmente perfette. C’è, incontestabilmente, e risiede per un atto di concepimento nel corpo di una donna. Agisce e patisce, come sapevano per tradizione le donne incinte, dunque si segnala, batte colpi, prova piacere e dolore. Degradarlo, torturarlo, annientarlo è contrario alla concezione della vita, e poi e solo poi della libertà e del resto, che definimmo all’uscita della Seconda guerra mondiale con le eccezioni dette tra i firmatari, sulla scia della dichiarazione di Indipendenza americana e della dichiarazione seguita alla Rivoluzione francese e scritta dal marchese La Fayette. Insomma, i diritti naturali.
Quando provammo a fare una campagna contro l’aborto, con pochi mezzi e tra le provocazioni e i fraintendimenti, nel 2008, fummo sconfitti. Eravamo partiti dal rigetto di quella che ci sembrava un’oscenità morale, una contraddizione etica devastante: l’esibizione vanitosa del diritto alla vita quando si parlava di pena di morte, e si invocava una moratoria delle esecuzioni capitali, combinata con l’aborto come diritto: nell’obiettivo nostro era la vocalità umanitaria di Emma Bonino, che riciccia ora. Chiedemmo una moratoria per l’aborto, facendo scandalo, combattendo per una breve stagione culminata in una bruciante sconfitta elettorale della lista di scopo “Aborto? No, grazie”, e prima ancora in una disfatta culturale. Dopo qualche incertezza sulla legislazione abortista, che peraltro in Italia si intitolava alla “tutela sociale della maternità” (legge 194), sostenemmo che non era in questione la punibilità dell’aborto, ma l’orientamento contrario all’aborto da manifestare e inverare nelle politiche pubbliche, nella coscienza etica della società: bisognava offrire un’alternativa all’aborto moralmente sordo, una possibilità diversa a chi ricorreva al cosiddetto aborto di necessità, finanziare i programmi di assistenza e aiuto di eroici gruppi volontari che quell’alternativa cercavano in dialogo con le donne incinte e i loro partner, censurare l’aborto degradato da dramma a scelta di carriera o affermazione volitiva generica, proponemmo la sepoltura e catalogazione dei non nati ancora oggi considerati “rifiuti speciali ospedalieri” eccetera.
Unico impotente alleato strategico di una campagna laica e fatta da laici con metodi laici, alleanza esperita con tutte le cautele dell’istituzione, fu la Chiesa di Ratzinger e Ruini. Le mille testimonianze ideologiche, letterarie, poetiche a favore del no all’aborto, dal mitico Pasolini a Natalia Ginzburg a molti altri non solo italiani, furono considerate eccentricità e anticaglie.
Oggi quell’impresa sarebbe da riproporre, con tutto il suo carico di disperazione e fallimento, di fronte all’umanitarismo falso per i bambini di Gaza. Oggi dovremmo dire, come fu per la moratoria, “cessate il fuoco” contro i nascituri abortiti o in via di aborto, cioè annientati, nel segno del diritto costituzionale ormai iscritto nella Costituzione francese all’unanimità o quasi. Un mondo in cui si viaggia verso il miliardo e mezzo di aborti legali e condivisi dai primi anni Settanta, epoca delle leggi abortiste, non ha il diritto di assumere pose sconvolgenti di compassione, empatia o quel che volete voi verso la strage dei bambini a Gaza e, se è per questo, in molte altre parti del mondo.