Il MIA 2025 segna una svolta: l’IA non è più tema di dibattito ma infrastruttura operativa. Tra efficienza e nodi etici, l’industria audiovisiva ridisegna i propri confini per non perdere l’anima delle storie. Produttori, autori e distributori a confronto su dati, diritti e creatività
Dove andranno a finire le storie, se un domani a idearle e raccontarcele potrebbe essere una macchina? Al MIA, Il Mercato Internazionale dell’Audiovisivo 2025, l’annosa questione dell’intelligenza artificiale in campo cinematografico e televisivo smette di essere un tema circoscritto a un singolo panel e diventa un terreno operativo e di confronto con il quale produttori, distributori, broadcaster e piattaforme devono fare i conti. Dal 6 al 10 ottobre, a Roma, a moltiplicarsi sono stati infatti proprio gli incontri, i forum e le sessioni di business che hanno cercato di fare ordine e creare un punto per mappare lo stato attuale dell’uso dell’AI lungo nell’intera filiera dell’audiovisivo dallo sviluppo alla produzione, fino a vendite, alla blockchain, ai diritti e alla post-produzione/VFX. Una serie di “interventi sulla catena del valore” per cercare di capire meglio quali siano i processi, e di tracciare in qualche modo delle (seppur mobili) linee di confine in un ecosistema che cambia continuamente, tra diritti, workflow e finestre di sfruttamento che vengono ridisegnate quasi giorno dopo giorno.
E se da una parte le opportunità appaiono concrete, tra accelerazione di ricerca e della preproduzione, previsioni sui mercati, ottimizzazione di set e di post-produzione, altrettanto concreti sono i nodi: trasparenza dei dataset, tutela di interpreti e creatori, remunerazione, stesura di standard etici condivisi, opt-in e opt-out. Al MIA, insomma, forse la vera parola d’ordine su questo campo dovrebbe essere “responsabilità”: perché, nel continuo ping-pong tra speranze e timori, il MIA 2025 offre anche un termometro lucido nel quale emerge soprattutto come l’AI, forse, on dovrebbe essere un fine ma prima di tutto una nuova infrastruttura che permea processi creativi e decisionali. Ricalibrando la vera sfida nell’obiettivo di trasformare la mera potenza del calcolo in un vero valore aggiunto culturale ed economico, senza delegare alla macchina ciò che definisce da sempre l’identità delle storie: lo sguardo, la responsabilità, e soprattutto l’umanità.