Non sarà una favola, il calendario è sfavorevole ma le due vittorie consecutive, contro il Montenegro prima e contro la Repubblica Ceca ieri, hanno regalato sei punti alle Fær Øer che, per l’aritmetica, sono vicine ai play-off del prossimo Mondiale tanto quanto l’Italia, la Turchia o la Polonia
Non illudiamoci: le isole Fær Øer non andranno ai Mondiali. L’ultima partita delle qualificazioni le vede impegnate in Croazia, mentre la Repubblica Ceca ospiterà Gibilterra. Fine del sogno, l’aritmetica dice che i play-off sono ancora possibili (12 punti contro 13) ma la realtà è quella che conta. Ma non serve qualificarsi a un Mondiale per entrare nella letteratura calcistica: certe notti, come quella di Tórshavn, valgono più di mille partite ripetute ogni quattro anni nelle (banali) qualificazioni sudamericane.
L’incredibile settimana delle Fær Øer
Dopo il 4-0 al Montenegro, le Fær Øer, 55mila anime su 18 isole in mezzo alle intemperie dell’oceano, hanno battuto (2-1) anche la Repubblica Ceca, 97 posti più in alto nel ranking mondiale. C’è un che di ironico in questo numero: quasi cento gradini di differenza e una logica ribaltata da un calcio che ogni tanto ci ricorda perché è così popolare. Da un lato una nazionale con calciatori che giocano in Premier League, dall’altro diversi pescatori e studenti part-time, allenati dallo sconosciuto Eyðun Klakstein, che hanno sfruttato al meglio i programmi di finanziamento Uefa e Fifa per le federazioni più piccole come la loro. Lo stadio è un piccolo gioiello tra il mare di Norvegia e il Nord dell’Oceano Atlantico, ma non parliamo di infrastrutture. Parliamo di novanta minuti che hanno cambiato, per sempre, la storia di una delle cenerentole delle qualificazioni europee.
La partita è stata una parabola. Più che di tattica, di volontà. Hanus Sorensen, giocatore impegnato nella seconda divisione slovena, ha trovato il gol del vantaggio nella prima parte della ripresa. Poi l’incertezza del destino, che si traveste sempre da difensore sbadato, ha permesso ai cechi di pareggiare con Karabec. Ma un minuto dopo, ecco il gesto da leggenda minore: Martin Agnarsson, entrato da sessanta secondi, approfitta dell’ennesima goffaggine della serata e insacca facilmente a porta vuota. I cechi, 39esimi al mondo, non trovano più il filo. In quella mezz’ora scomposta, tra errori e sogni, il calcio si è concesso il lusso di dimenticare il proprio valore: nessun procuratore, nessun ranking, solo un pallone e un paradosso.
La classifica tra sogni e realtà
Quattro vittorie in un girone di qualificazione sono un record per le isole Fær Øer. Il primato precedente, in Lega D di Nations League, si era fermato a quota tre ma le avversarie erano Andorra, Lettonia e Malta. Stavolta i faroesi sono terzi in un gruppo con Croazia, Repubblica Ceca, Montenegro e Gibilterra. Un’altra storia, ma la classifica è spietata e la Repubblica Ceca non avrà pietà di Gibilterra mantenendo il punto di vantaggio per andare ai play-off. Insomma, i fari del Mondiale resteranno lontani da Tórshavn. Ma la cronaca va oltre le tabelle: perché ogni tanto il calcio che conta dimentica di contare. E qui si torna al cuore del discorso: le partite marginali, quelle che la pay-tv non manda in loop, i cui reel girano solo nelle pagine di nicchia che seguono il “calcio minore”, sono le ultime a conservare il gusto primitivo di questo sport. Ieri si è giocata anche San Marino-Cipro, non ci sono stati acuti da ricordare, ma sono storie che il calcio non riesce più a regalare e che, proprio per questo, ogni tanto, ci restituisce all’improvviso, tra i venti dell’oceano e un gol al minuto 79 che non vale un titolo, ma vale tutto il resto.