“La frase del cancelliere Merz, non siamo in guerra ma non siamo neppure in pace, riassume bene il tempo che viviamo.” Così Paolo Gentiloni, ex presidente del Consiglio e già commissario europeo, apre la sua riflessione sullo stato dell’Unione intervistato da Luciano Capone alla Festa dell’Ottimismo. “Questa condizione grigia dovrebbe spingerci, più che a moltiplicare le lamentele sull’Europa, a capire che la frontiera dell’Europa diventerà sempre più la frontiera della politica.”
Per Gentiloni, il confine orientale dell’Unione non è un tema di politica estera, ma il cuore della sfida democratica dei prossimi anni. “La discriminante si giocherà su due parole: difesa comune e Ucraina”, afferma. “Kyiv è più vicina a Milano che ad Atene. Non parliamo di una guerra lontana, ma della sicurezza europea”. Da qui l’appello a un salto politico: superare le logiche nazionali e costruire una vera difesa europea, sostenuta da risorse comuni. “Serve difesa europea, regole comuni e fondi comuni”, ribadisce, criticando “la timidezza imbarazzante anche da parte delle autorità italiane” nel chiedere un finanziamento europeo per la sicurezza comune.
Gentiloni lega il tema militare a quello economico: se l’Europa ha potuto condividere il debito con il Next Generation Eu, può farlo di nuovo “sulla difesa dell’indipendenza, dei valori e dei confini europei”. E avverte: “La Germania spenderà nei prossimi dieci anni mezzo trilione per la difesa. Bene, purché resti una Germania europea e non diventi un’Europa tedesca.”
Sull’Italia e la legge di bilancio, l’ex commissario apprezza “la prudenza nei conti” del ministro Giorgetti, ma richiama l’attenzione sul nodo della crescita: “Siamo fermi, e il fatto di essere fermi è particolarmente grave su due fronti: innovazione e potere d’acquisto”. L’Italia, spiega, cresce la metà della media europea e deve investire “sul sostegno alle imprese e sui salari”, perché “senza consumi interni l’economia italiana andrà sempre peggio”.
In chiusura, un messaggio politico al centrosinistra: “La forza o la debolezza non dipenderanno dal pallottoliere delle regioni, ma dalla capacità di costruire un’alternativa di governo credibile”.