Trump chi? Omissioni e imbarazzi della sinistra italiana sulla tregua a Gaza

Sollievo e gioia per il cessate il fuoco, ma manca il riconoscimento che l’accordo è stato raggiunto anche grazie all’impegno negoziale del presidente americano. Schlein ringrazia tutti, Conte omette, e c’è chi attribuisce i meriti ai popoli scesi in piazza (Nobel a Landini?)

A sinistra non mancano le difficoltà nel dare a Trump quel che è di Trump. Si festeggia, certo, ma lo champagne sa un po’ di tappo. La scorsa settimana alla Camera infatti, nel voto sulla mozione presentata dal centrodestra – e poi approvata – che impegnava il governo a sostenere il piano di Washington, i principali partiti di opposizione – Pd, M5s e Avs – avevano votato contro. E ora l’imbarazzo nell’accogliere la realizzazione di almeno una prima fase di quel piano è difficile da dissimulare. Come si scorge anche dagli interventi tenuti in Senato questa mattina. Che fare? Intanto evitare di citare troppo l’elefante nella stanza (Ovale).

Ecco così che Elly Schlein commenta l’annuncio dell’accordo tra Israele e Hamas per la prima fase del piano di pace dicendo che “oggi è un passo decisivo” ma che “il cammino della pace sarà ancora lungo”. E già guarda avanti, agli “indispensabili prossimi passi per costruire la soluzione politica dei due popoli e due stati, per avviare il riconoscimento dello stato di Palestina e porre fine all’occupazione illegale in Cisgiordania”. “Ora serve che tutti rispettino l’accordo”, aggiunge la segretaria del Pd. E tuttavia ammette che “vanno ringraziati gli sforzi degli Stati Uniti, del Qatar, dell’Egitto e della Turchia e dei mediatori che hanno lavorato a quest’accordo“.

Più grosso è il rospo da ingoiare per Giuseppe Conte, che il nome di Trump non vuole proprio farlo: al Tg1 si dice emozionato dell’annuncio della tregua, al “pensare a tutti i palestinesi sopravvissuti al genocidio che finalmente possono vedere una Gaza dove tacciano le armi e arrivano gli aiuti umanitari”. E si augura che “questo primo passaggio segni una svolta definitiva nel processo di pacificazione e possa garantire un processo di pacificazione che metta al centro l’effettiva autodeterminazione del popolo palestinese, più che calcoli, speculazioni che nulla hanno a che fare con il suo benessere”. Un riferimento implicito agli interessi economici – americani e non solo – sulla Striscia. Conte evita di nominare i protagonisti del processo negoziale. E così fanno anche altri esponenti dem. Come Beatrice Lorenzin, vicepresidente dei senatori del Pd, che ha definito quella dell’accordo per la pace a Gaza “un’ottima notizia”, aggiungendo che “sembra per il momento più una tregua che altro. Ovviamente il ‘cessate il fuoco’ è un indispensabile punto di partenza”. Al sollievo per la popolazione di Gaza, di Israele e per l’intera comunità internazionale, deve seguire il lavoro per la pacificazione dell’intera area e per la soluzione dei due popoli e due stati, ammonisce Lorenzin. Anche Laura Boldrini invita a non abbassare la guardia: “E’ solo un primo passo e, purtroppo, molte volte abbiamo assistito ad accordi disattesi che lasciavano di nuovo spazio alle bombe”. Boldrini riconosce che l’accordo è “il frutto delle straordinarie mobilitazioni che da molti mesi portano milioni e milioni di persone nelle piazze di tutto il mondo”, e anche lei fa un accenno allo “sforzo dei negoziatori”, ma senza nominarli.

“Grande gioia per tutto ciò che può significare la sospensione, la fine – speriamo – del genocidio, dello sterminio del popolo palestinese. Ora grande attenzione perché costruire la pace significa riconoscere lo Stato palestinese, porre fine all’occupazione illegale di Israele in Palestina, porre fine al regime di apartheid, costruire la prospettiva di uno Stato palestinese indipendente”, dice Nicola Fratoianni, leader e deputato di Avs. “Tutto ciò che può portare alla pace è benvenuto. La natura di questo piano non mi convince ma mi auguro non solo di essere smentito, ma che a questo piano si aggiungano altri passaggi necessari”.

Tino Magni, sempre Avs: “L’Europa è mancata come protagonista politico, così come anche il governo italiano. C’è stata invece la marea umana dei cittadini che ha invaso le piazze del paese contro il genocidio ai danni del popolo palestinese e per fermare la guerra. Ringrazio chi ha rischiato di persona nelle flottiglie umanitarie. Occorre continuare con determinazione su questa strada”. Stessa linea per Marco Grimaldi, deputato di Avs, che nella trasmissione ReStart su Rai3, alla domanda se Trump meriti il Nobel per la Pace, risponde: “Lo meritano i popoli scesi in piazza”. E allora su, nominiamo Landini per il Nobel!

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