Schlein: “Premier? Io”. E agita il congresso anticipato

Dopo il voto in Calabria si riunisce la segreteria del Pd. “Non lascio, rassegnatevi”, si sfoga la segretaria. Bonaccini si avvicina a Silvia Salis

O fa la premier o si imbarca sulla Flotilla. Dopo il disastro Calabria dice: “Io resto, non lascio, si rassegnino. La candidata premier sarò io”. Torna ad agitare il Congresso anticipato del Pd, l’arma che le lucida Francesco Boccia, il Bravo. Elly Schlein sta dicendo: “Le regole del Pd sono chiare, il candidato premier per statuto sono io. I riformisti si mettano l’anima in pace. Inutile agitarsi”. La scena, lunedì mattina. Una segreteria Pd per invertire il racconto Calabria. Il Nazareno? Vuoto. Si videocollegano in 19 su 21.

Salta la grammatica, la lealtà anche tra i fedelissimi di Schlein. Pasquale Tridico perde, straperde, e la segretaria del Pd non spedisce neppure una nota per ringraziarlo. Il M5s, che è infuriato per la stampa ostile, che attacca Conte, sbotta in privato: “Che modi sono?”. In Toscana il candidato Eugenio Giani, e si vota domenica, è sicuro di vincere ma non è più certo di vincere benissimo. Si attendevano l’Effetto Gaza e si svegliano con l’Effetto Occhiuto. Alla Camera, i deputati del Pd: “Cosa sarebbe accaduto se Giani avesse accettato lo scambio, una candidatura in Parlamento?”. Lo sanno tutti: Schlein ha provato a imporre il suo Emiliano Fossi, il segretario regionale del Pd, un altro da Pd Teleflotilla, al posto di Giani. L’ha spuntata Giani ma se l’avesse spuntata Teleflottila Pd, oggi si parlerebbe probabilmente di “Toscana in bilico”. Siamo in piena fase elaborazione della sconfitta. Schlein, giovedì, va in Toscana, per il comizio finale mentre Conte è previsto per il 10 ottobre. Chiudono in testardamente unitari, ma separati. Il responsabile dell’organizzazione Pd, Igor Taruffi, Taruffenko, viene spedito in tv a fare il Gavino Angius, il vecchio comunista che analizzava le disfatte, i tonfi dei Ds, Marta Bonafoni, altra fedelissima di Schlein, che lamenta scarso spazio nel partito, è per la linea: “Congresso del Pd subito o ci schiacciano”. In Calabria su quattro consiglieri eletti, tre sono riformisti (Madeo, Alecci, Ranuccio). Il 24 ottobre a Milano, Lorenzo Guerini e Giorgio Gori organizzano una giornata economica, una grande giornata di centrosinistra.

I riformisti stanno alzando la testa, non vogliono, e lo ha dichiarato Guerini al Foglio, “sottomettersi a Francesca Albanese”. E’ accaduto dopo la segreteria Pd, lunedì mattina, una segreteria alla Beckett sulla manovra. Si decide non solo di vedersi, ma di presentare una controfinanziaria, di convocare, a giorni, associazioni, industriali. Su 21 solo due, il responsabile economico, Antonio Misiani, e Bonafoni, partecipano in presenza, il resto dei membri si collega. Dopo la segreteria, Schlein si sfoga: “Io resto, non me ne vado, si mettano l’anima pace. Sarò la candidata premier”. E’ preoccupata ma lo dissimula. Si divide anche il suo Teleflotilla Pd. Ci sono le colombe come Marco Furfaro dell’idea “non perdiamo la testa” (ha il privilegio di andare ospite a Porta a Porta) e ci sono i falchi, come Bonafoni che spingono per il Congresso anticipato.

Il rischio del Congresso è sempre il solito. Schlein si deve dimettere, il comando passa al presidente del partito, Stefano Bonaccini. Per eleggere il nuovo segretario passano 4 mesi, in piena campagna referendaria sulla giustizia, contro Meloni. Chi garantisce che Bonaccini non trami? E’ fedele a Schlein, ma di questi tempi di fedeli non ci sono neppure i cani. Non è un fogliettone dei giornali. Schlein non teme tanto Gaetano Manfredi, il sindaco di Napoli (e fa male) ma solo Silvia Salis. I rispettivi staff stanno preparando un “incontro chiarificatore”. Chiarificatore di cosa? Di tre dichiarazioni della sindaca, frasi del tipo “io ci sono, adesso sono a Genova, ma domani…”. Alla Leopolda di Renzi, Salis si è trattenuta per questa ragione. Bonaccini si sta avvicinando a Salis. Ricorda ovunque che è stato lui a sbloccare la sua candidatura, a scoprirla. Deve mostrare ai riformisti che è il loro presidente dopo averli persi per strada. Ecco cosa dicono i riformisti: “Tutti parliamo in privato della possibile sostituzione di Schlein, non è un mistero. Tutti ne parliamo ma l’incognita sono le eventuali primarie di coalizione, se dovesse cambiare la legge elettorale”. Il paradosso è che la legge la vuole cambiare Meloni, ma anche Schlein, Fratoianni e Bonelli perché la convinzione, dei tre, a sinistra, è che sia meglio perdere che pareggiare, evitare governi di larghe intese, i governi dove spadroneggiano i “riformisti da salotto”. Non sono uguali. Sono due partiti, due Pd, e non riescono a dirselo. Anche sul 7 ottobre si sono divisi. Da una parte Graziano Delrio, il Bernanos di Reggio Emilia (“è un giorno di lutto”) dall’altra, il Teleflotilla Pd.

A Genova consiglieri di Pd, Avs, M5s si sono presentati con la kefiah, in regione è andata peggio e non hanno partecipato al minuto di silenzio. Salis, la sindaca, che si è calata nella parte (fa la destra della sinistra Pd e la sinistra della destra Pd) si è vista bene dal prendere le distanze da Albanese, di passaggio nella sua città, e ha dichiarato: “Ho due eventi ravvicinati, ma vorrei salutarla, stringerle la mano”. Nel Pd si va a letto confidando ogni notte che, la mattina, da una sedia a dondolo si alzi un nuovo Prodi, un pensionato, un sindaco: “E’ lui, è lui”. Il congresso anticipato del Pd è solo un esercizio spirituali, Veni Creator Prodi. Non sanno chi sono, non sanno più dove vanno. Camminano.

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  • Carmelo Caruso
  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio

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