Meno polarizzazione, distanza dalle piazze pro-Gaza e un messaggio a Landini: l’unità si fa sui contratti e sul recupero del potere d’acquisto. La strategia del sindacato di via Lucullo
Sono molti a ritenere che la Uil in queste ultime settimane di acceso confronto intersindacale abbia scelto di viaggiare a fari spenti. Niente talk-show, niente interviste, e tanta attenzione a non sbagliare mossa. Negli ultimi dieci anni – un’enormità – i media e gli addetti ai lavori si sono abituati a considerare la confederazione di Via Lucullo una sorta di assiduo compagno di strada della Cgil.
E’ perlomeno dallo sciopero generale del 2014 contro Matteo Renzi e il suo Jobs act che va avanti così, e la scelta è stata confermata con i successivi governi Draghi e Meloni. Con altri scioperi generali con Cgil e Uil a braccetto, e la Cisl a casa. Succederà anche quest’anno con la legge di Bilancio? Sarebbe il terzo contro Giorgia Meloni. Stavolta la Uil è decisamente più guardinga.
Il leader della Uil Pierpaolo Bombardieri non è uno sprovveduto, e così le scelte della confederazione non appaiono predeterminate. Vuoi perché la Uil è contro l’attuale polarizzazione sindacale, vuoi perché in almeno due importanti occasioni recenti (referendum e scioperi pro Gaza) la terza confederazione ha preso posizioni molto differenti dalla Cgil.
Non è facile uscire da un decennio a senso unico, e infatti Bombardieri punta molto sul negoziato in corso tra Cgil-Cisl-Uil e Confindustria, e tra le stesse sigle e la Confcommercio. Se specie dal primo tavolo dovesse uscire un documento comune (i bene informati dicono che gli sherpa sono già al lavoro di scrittura), la Uil avrebbe risolto. Avrebbe contribuito a rafforzare l’unità sindacale, avrebbe ripreso il filo del dialogo con i padroni (interrottosi sotto la presidenza Bonomi) e potrebbe porre il confronto con la Meloni esclusivamente sul merito e non su una scelta di campo aprioristica.
E veniamo proprio al merito. Con una battuta potremmo dire che la Uil è decisamente salarialista: il tema chiave della sua azione è il recupero del potere di acquisto, sia via rinnovi contrattuali che per via fiscale, con la detassazione degli incrementi salariali.
“Il salario è il nostro core business” dicono in Via Lucullo, e con questa posizione sperano di incrociare consensi prima nel tavolo con la Confindustria, e poi nel confronto con il governo sulla manovra di fine anno. Poco importa a Bombardieri se la Cisl, specie dopo l’entrata di Sbarra al governo, sembra schiacciata su Meloni. E altrettanto poco importa che la Cgil abbia già convocato una manifestazione nazionale per il 25 ottobre. Se dai tavoli si esce con documenti comuni allora “tutto cambia”, sostengono gli uomini di Bombardieri. Di sicuro mentre Cisl e Cgil sono seduti al negoziato con dei retropensieri, la Uil non ne ha: “Non siamo né contro il governo né collaterali, decideremo sul merito”.
Ovviamente, per patriottismo di organizzazione, alla precisa domanda Bombardieri risponderebbe che ha sempre fatto così, anche quando si era accodato alla Cgil lo aveva fatto per la condivisione del merito, ma ormai questi sono dettagli. L’importante è che l’unità sindacale oggi non vada ulteriormente in pezzi, lasciando la Uil in mezzo al guado. E, cosa più importante, non siano lasciati alla stessa sorte i lavoratori senza recupero del potere d’acquisto. La più piccola confederazione si avvia così a reagire a cosa accadrà nelle prossime settimane, a cominciare dalla convocazione di venerdì prossimo da parte del governo.
Su Gaza e gli scioperi pro Pal la posizione della Uil alla fine è stata analoga a quella della Cisl ma senza che si ricreasse la vecchia abbinata. Bombardieri ha fatto raccogliere fondi e aiuti destinati alla parrocchia di padre Romanelli, e i delegati Uil venerdì 3 ottobre sono andati regolarmente a lavorare. Ma proprio le ultime manifestazioni seminano qualche dubbio sulla volontà della Cgil di recuperare la vecchia unità sindacale, piuttosto che marciare con i Cobas.
Dentro la Uil la scelta di Landini non viene considerata come già fatta, ma appare condizionata dal non voler perdere il contatto con la sua base e la coalizione sociale. Tutta tattica. Poi per le questioni vere, il salario in primis, tutto dipenderà da cosa ci sarà scritto nel documento comune firmato con la Confindustria.