Il gioco da ragazzi di Putin con un occidente scomposto e smarrito

L’Europa senza una solida coalizione atlantica non esiste. La politica di Trump è un tributo al putinismo. Saggiare la forza della Nato imbracata nelle sue contraddizioni e dimostrarne il declino è un’occasione imperdibile per il Cremlino

Bisogna mettersi nei panni di Putin. Viste le sue dichiarate ambizioni, perché mai non dovrebbe cogliere il momento allo scopo di realizzarle? L’Europa senza la Nato, senza una solida coalizione atlantica, non esiste. Debole, non ha una sola voce, è divisa, con poteri strategici, in particolare quelli nucleari, Francia e Gran Bretagna, assediati da movimenti arrembanti che a Putin hanno fatto o fanno una faccia tutt’altro che feroce. La Nato in teoria c’è, inscena le risposte tattiche agli sconfinamenti aerei, alla cyberguerra, ai droni in libertà, alle parate e alle esercitazioni minacciose. Ma gli Stati Uniti hanno un presidente che ha già scambiato Taiwan con TikTok e ha aperto un vuoto politico e militare decisivo per il senso di sé e la iattanza della Russia. Anche la politica interna di Trump, chiamiamola così, è un tributo al putinismo, è la delineazione di un modello di potere che rovescia tutti i criteri del fu atlantismo nella Guerra fredda.

E Putin quello vuole, si parli di Ucraina, di Polonia o di Estonia, o delle infiltrazioni cyber che paralizzano i nostri aeroporti, vuole far ballare l’equilibrio del 1989, quello seguito alla “grande catastrofe del XX secolo” da lui considerata come la perdita del mondo russo, cioè delle acquisizioni imperiali seguite all’esito dell’ultima guerra mondiale. Licenziare Kimmel e minacciare il New York Times, prendersi la Cnn e gestire come una agenzia personale l’organismo incaricato di dare e togliere le concessioni alle emittenti, devastare le università, concentrare in forme spesso abusive un enorme potere personale, usato con la nota durezza nella repressione dell’immigrazione e nella lotta all’american carnage, sfruttando politicamente l’assassinio abominevole di Charlie Kirk, e darne testimonianza con un linguaggio truce e spiccio, tutto questo è pane per i denti forti del capo del Cremlino.

Le occasioni non mancheranno, a partire dal famoso corridoio ferroviario di collegamento con Kaliningrad, dalle aree russofone nei paesi baltici, e saranno sfruttate nonostante il vagito del riarmo e la preparedness militare dell’Unione e del piano ReArm Eu che deve aspettare anni per essere tale sotto la guida illuminata ma fragile di una presidente di commissione che non è un capo di stato o un leader nazionale bensì la guida di una grande burocrazia politico-mercantile, con la Germania per adesso unico scudo, ma anche lì con una governabilità esposta a tutti i venti. La vittoria campale del modello di potere di Putin, del suo linguaggio che contamina l’avversario strategico d’un tempo, quando la difesa della libertà era la bandiera esclusiva del fronte occidentale, è il collante della sicurezza che affetta la Russia oggi e che la spinge a praticare l’arte della provocazione, da cui tutta la vicenda ucraina fu generata e di cui è costellata la via alla guerra dispiegata nel febbraio del 2022. Non solo Putin ha il coltello dalla parte del manico, sente la forza del vento che lo spinge, ha anche trovato il modo di far funzionare un’economia autocratica e semiautarchica di guerra, forte del controllo del mercato interno dell’opinione blindata e di una rete di alleanze globali che intimorisce, fa impressione.

Ingenuo pensare che attaccherà frontalmente la Nato a breve. Ovvio che l’apertura di uno scontro generale non sarebbe nei suoi interessi e nelle sue attuali possibilità. Ma saggiare una forza imbracata nelle sue contraddizioni e dimostrarne il declino sui fronti diplomatico e militare, sfruttare il tutto al fine di dividere e indebolire un concerto di nazioni legate a regole e procedure lunghe e tortuose, in cui allignano e operano già i suoi emissari e agenti come l’Ungheria e la Slovacchia e una quantità di partiti e movimenti in rivolta contro l’establishment, per Putin tutto questo oggi è semplicemente un gioco da ragazzi, un’occasione imperdibile. Si è dimostrato infondato e affrettato il giudizio secondo cui il rapporto di Putin con la Cina era destinato a una specie di vassallaggio senza speciali conseguenze. Anche la Cina sta dando le sue toccatine di polso a Trump e all’occidente scomposto e smarrito, lo fa con Taiwan e TikTok, lo fa con il business e i dazi, lo fa con la paziente costruzione di un nuovo ordine internazionale, di cui Putin è parte e, in certo senso, avanguardia combattente.

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  • Giuliano Ferrara
    Fondatore
  • “Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.

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