Per vincere il referendum al centrodestra basterà far parlare i magistrati da soli

Il segretario generale dell’Anm, Rocco Maruotti, critica la separazione delle carriere usando argomentazioni che nella sostanza, come ha fatto Davigo, delegittimano proprio la magistratura

Più ci si avvicina all’approvazione finale della riforma sulla separazione delle carriere e più sembra diventare chiaro che al centrodestra, per vincere il referendum, converrà far parlare i magistrati da soli, lasciando che le loro affermazioni, sempre più assurde, siano ascoltate dall’opinione pubblica. Sono le toghe, infatti, i nemici peggiori della propria categoria. La conferma, dopo le dichiarazioni incredibili di Piercamillo Davigo (secondo cui, con la riforma in vigore, i pm cominceranno a fare accertamenti patrimoniali nei confronti dei giudici che assolvono troppo, così terrorizzandoli), giunge dalle esternazioni di Rocco Maruotti, nientemeno che segretario generale dell’Associazione nazionale magistrati.

Durante un convegno tenutosi lunedì scorso, Maruotti si è scagliato contro i partiti e contro i consiglieri laici da loro eletti in Parlamento al Consiglio superiore della magistratura: “Un tempo i partiti eleggevano personalità di rilievo, come Giovanni Fiandaca, Carlo Federico Grosso, Vittorio Bachelet, potrei fare un elenco infinito. Andate a leggere i nomi degli attuali consiglieri del Csm. Ditemi se ne conoscete qualcuno, se conoscete il loro curriculum. O se invece semplicemente facevano gli avvocati della Lega, di Forza Italia o del Partito democratico”. Le parole hanno scatenato un putiferio, tanto, pare, da irritare persino Sergio Mattarella (che del Csm è presidente). Mercoledì, al plenum del Csm, i consiglieri (sia laici sia togati) hanno espresso la loro indignazione per le parole di Maruotti, che poi in serata si è scusato con una nota peraltro poco convincente. Il problema è che, al di là dell’attacco ai partiti e ai consiglieri laici, nel corso del convegno Maruotti si è lasciato andare a una serie di considerazioni ancora più paradossali.

Il segretario generale dell’Anm ha criticato la riforma Nordio usando argomentazioni che, nella sostanza, come nel caso di Davigo, delegittimano proprio la magistratura.

Maruotti ha per esempio criticato la scelta di introdurre il sorteggio come metodo di elezione dei membri togati dei due futuri Csm: “Non mi si dica che novemila magistrati sono tutti capaci a fare i consiglieri, perché non è così”. A parte che non risulta che i consiglieri attualmente selezionati dalle correnti svolgano, prima di essere eletti, un corso intensivo sull’ordinamento giudiziario e sulle attività del Csm, ma – cosa ancor più paradossale – dalle parole di Maruotti dovremmo concludere che un magistrato è in grado di decidere se condannare o meno un cittadino per omicidio, ma non di sedere al Csm per decidere su promozioni, trasferimenti e incompatibilità dei colleghi. Peraltro, forse Maruotti non lo sa, attualmente al Csm siede un consigliere (Andrea Mirenda), scelto proprio tramite sorteggio, che sta dimostrando di essere capace quanto gli altri di svolgere l’incarico.

Maruotti ha pure denunciato il pericolo dell’istituzione di un Csm per i pm: “Oggi nel Csm i pm sono cinque. Nel futuro Csm saranno quindici e decideranno da soli trasferimento e carriera per se stessi. Ma tu lasci a 2.500 persone un potere così forte? Sarà inevitabile il controllo della politica”. A parte, anche qui, che la presenza dei pm togati sarà attenuata dalla presenza dei consiglieri laici (un terzo, come avviene oggi), ma a colpire è il fatto che è Maruotti a dubitare in primis della capacità dei suoi colleghi pm di esercitare i poteri che saranno assegnati al Csm in linea con quanto previsto dalla legge e dalla Costituzione.

Come se non bastasse, Maruotti ha pure detto che la degenerazione dell’attività delle correnti al Csm “è figlia della riforma del centrodestra del 2006”, che ha introdotto il merito come principio guida nelle procedure di promozione dei magistrati. “Torniamo all’anzianità senza demerito”, ha proposto Maruotti, mostrando anche qui scarsissima fiducia nella capacità della magistratura di selezionare al suo interno, sulla base del merito, le figure migliori per dirigere gli uffici giudiziari.

Proprio un bel modo di promuovere le virtù della magistratura in vista del referendum.

  • Ermes Antonucci
  • Classe 1991, abruzzese d’origine e romano d’adozione. E’ giornalista di cronaca giudiziaria e studioso della magistratura. Ha scritto “I dannati della gogna” (Liberilibri, 2021) e “La repubblica giudiziaria” (Marsilio, 2023). Su Twitter è @ErmesAntonucci. Per segnalazioni: [email protected]

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