“Occorre una svolta, altrimenti saremo rassegnati a restare indietro. Troppe scuse per giustificare la nostra lentezza”, ha detto l’ex governatore della Bce, che insieme a von der Leyen ha fatto il punto sull’attuazione del suo rapporto sulla competitività
La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e Mario Draghi hanno presentato questa mattina i progressi fatti dalla Commissione nell’attuazione delle raccomandazioni contenute nell’importante rapporto redatto dallo stesso Mario Draghi – un documento del 2024 che affronta la competitività europea e il futuro dell’Unione europea. È trascorso infatti un anno da quando l’ex presidente della Banca centrale europea ha presentato il documento, che contiene oltre 170 raccomandazioni volte a rilanciare l’economia europea.
L’ex governatore della Banca centrale europea ed ex presidente del Consiglio italiano ha sottolineato che “ciascuna delle sfide analizzate dal rapporto Draghi è diventata più acuta”. In particolare, Draghi ha evidenziato l’indebolimento delle fondamenta della crescita europea: “Le basi della crescita europea, l’espansione del commercio mondiale e le esportazioni di alto valore si sono ulteriormente indebolite”. Ha poi descritto un contesto globale sempre più ostile, nel quale “gli Stati Uniti hanno imposto i dazi più elevati dall’era della pace, la Cina è diventata un concorrente ancora più forte, sia nei mercati terzi che negli Stati Uniti, e i dazi deviano i flussi all’interno della stessa Europa”. A rendere la situazione ancora più grave, l’impennata del disavanzo commerciale con Pechino: “Da dicembre dello scorso anno, il surplus commerciale della Cina con l’Ue è aumentato di quasi il 20 per cento”.
Nonostante il peso economico dell’Ue resti significativo, l’ex presidente della Bce ha lamentato una risposta ancora troppo limitata e condizionata da forti dipendenze esterne. “L’ Europa ha cominciato a rispondere ma a un anno di distanza, ora si trova quindi in una situazione ancora più difficile. Il nostro modello di crescita sta svanendo. Le vulnerabilità aumentano. E non esiste un percorso chiaro per finanziare gli investimenti di cui abbiamo bisogno”, ha spiegato. “Occorre una svolta, altrimenti rassegnati a restare indietro”.
La dipendenza strategica dell’Europa sta compromettendo la sua capacità di agire efficacemente sul piano commerciale, economico e geopolitico. In particolare, Draghi ha denunciato il peso della subordinazione europea agli Stati Uniti nel settore della difesa: “È stata citata come uno dei motivi per cui abbiamo dovuto accettare un accordo commerciale in gran parte alle condizioni statunitensi”. Draghi ha poi puntato il dito contro le vulnerabilità legate alla supremazia della Cina, spiegando come la dipendenza da materiali critici cinesi abbia “limitato la nostra capacità di impedire che l’eccesso di capacità produttiva della Cina invadesse l’Europa o di contrastare il suo sostegno alla Russia”.
In questo quadro, Draghi ha riconosciuto che la diversificazione dei mercati di riferimento rappresenta una risposta concreta già in atto. “Poiché gli Stati Uniti assorbono circa tre quarti del deficit delle partite correnti globali, diversificare dal loro mercato è irrealistico nel breve termine”, ha detto, ma ha indicato anche che “l’accordo Mercosur con l’America Latina può offrire sollievo agli esportatori”. Un segnale, secondo lui, che l’Europa sta iniziando a muoversi nella direzione giusta, seppure con grande ritardo.
Sebbene abbia riconosciuto alcuni segnali positivi, Draghi ha messo in guardia rispetto a un crescente senso di impazienza diffuso tra imprese e cittadini europei: “C’è una crescente frustrazione. Sono delusi dalla lentezza con cui la Ue si muove. Ci vedono incapaci di tenere il passo con la velocità del cambiamento altrove. Sono pronti ad agire, ma temono che i governi non abbiano colto la gravità del momento”, ha detto. “Troppo spesso si trovano scuse per questa lentezza, diciamo che è semplicemente il modo in cui è costruita l’Unione europea. A volte l’inerzia viene persino presentata come rispetto dello stato di diritto. Questo è compiacimento”.
Poi un appello a un cambio di passo immediato: “I concorrenti negli Stati Uniti e in Cina sono molto meno vincolati, anche quando agiscono nel rispetto della legge. Continuare come al solito significa rassegnarsi a rimanere indietro”. La strada, secondo lui, esiste ma richiede scelte coraggiose: “Un percorso diverso che richiede nuova velocità, scala e intensità. Significa agire insieme, non frammentare i nostri sforzi. Significa concentrare le risorse dove l’impatto è maggiore. E significa produrre risultati entro mesi, non anni”.
A nove mesi dall’avvio del suo secondo mandato, Ursula von der Leyen ha risposto alle critiche sulla lentezza dell’attuazione dell’“agenda Draghi”. Durante la conferenza stampa con l’ex premier italiano, la presidente della Commissione ha ricordato che “il primo atto del nuovo mandato è stato la nostra Bussola per la competitività, che traduce il rapporto Draghi in politiche concrete”. Ha poi rivendicato i risultati già raggiunti: il Patto per l’industria pulita, le gigafactory per l’intelligenza artificiale, il nuovo quadro per gli aiuti di Stato al piano per l’energia accessibile e i piani d’azione per settori chiave come auto, siderurgia e chimica. Ha ricordato poi “il più grande aumento degli investimenti nella difesa della nostra storia” e l’avvio di un fondo per start-up, scale-up e quantum. “Questo è lo spirito di urgenza che abbiamo promesso”, ha detto. Tuttavia, pur sottolineando la mole di iniziative avviate, von der Leyen ha precisato che il punto centrale resta l’impatto concreto di queste misure sull’economia reale: “La competitività riguarda i posti di lavoro. Riguarda buoni stipendi per le persone e buoni profitti per le aziende. Riguarda il nostro modo di vivere”. Nessun riferimento, invece, a una possibile emissione di nuovo debito comune europeo, che resta una delle questioni più divisive sul tavolo.
Ursula von der Leyen ha voluto rivendicare i primi risultati della strategia tecnologica dell’Unione europea, sottolineando che l’approccio adottato comincia a dare frutti concreti. “La strategia dell’Unione europea nel campo della tecnologia sta iniziando a pagare”, ha detto durante il suo discorso. Ha poi inquadrato la sfida tecnologica globale come ancora aperta, ma con un’Europa sempre più protagonista. “La leadership globale è ancora in gioco. E l’Europa non è solo una sfidante, ma un leader in molti campi che definiranno questa corsa”. Ha ricordato che “l’Europa dispone di alcuni dei migliori supercomputer al mondo” e che, nonostante la concorrenza dei colossi tecnologici internazionali, “siamo riusciti a rafforzare la nostra posizione nella classifica mondiale”. Un progresso che parte da lontano: “Sei anni fa avevamo due supercomputer nella top dieci mondiale”. Il cambio di passo, ha spiegato, è avvenuto all’inizio del suo primo mandato, quando Bruxelles ha deciso di puntare su investimenti consistenti nell’high-performance computing. “Oggi abbiamo quattro supercomputer nella top dieci mondiale, grazie al lancio, lo scorso anno, di Jupiter in Germania e HPC6 in Italia”, ha detto. “Ovviamente, anche il resto del mondo sta correndo. Gli investimenti globali stanno crescendo alle stelle. Quindi, dobbiamo rimanere concentrati e rimboccarci le maniche. Questa non è una ‘missione compiuta’: questa è la missione del prossimo decennio per rendere l’Europa uno dei continenti leader nell’IA”.
Tra i temi centrali affrontati da Ursula von der Leyen nella conferenza stampa congiunta con Mario Draghi, c’è stato anche quello del mercato unico europeo, che secondo la presidente della Commissione resta ancora incompleto. “Il nostro mercato unico è lungi dall’essere completo. Le barriere interne al mercato unico equivalgono a una tariffa del 45 per cento sulle merci e a una tariffa del 110 per cento sui servizi”. Un peso che grava direttamente sulla competitività delle imprese europee, frenando la crescita e l’integrazione. Proprio per questo, la Commissione ha messo in campo una nuova iniziativa di lungo termine per affrontare il problema in modo sistemico. “Questo è il motivo per cui abbiamo annunciato una tabella di marcia del mercato unico fino al 2028, che collegherà il nostro lavoro su capitali, servizi, energia, telecomunicazioni, la quinta libertà per la conoscenza e l’innovazione, nonché il 28º regime per le imprese innovative con scadenze concrete”, ha spiegato.
Sul tema della decarbonizzazione la presidente della Commissione ha evitato di rilanciare impegni vincolanti sulle scadenze, in particolare per quanto riguarda l’obiettivo di riduzione delle emissioni al 2040, la cui decisione è stata recentemente rinviata dai governi europei. Pur senza fornire nuove date, ha ribadito l’importanza strategica della transizione verde, descrivendola come “una grande opportunità” per l’Unione. Le ragioni non sono solo ambientali, ma anche economiche e geopolitiche: dalla riduzione dei costi energetici, fino alla diminuzione della dipendenza dalle importazioni di combustibili fossili.
Secondo von der Leyen, uno dei principali obiettivi europei è il rafforzamento dell’autonomia strategica, in particolare nei confronti della Cina. “Nell’ultimo anno – ha detto – abbiamo visto i controlli sulle esportazioni dalla Cina bloccare le linee di produzione in Europa. Ma come possiamo essere competitivi se una potenza straniera detiene le chiavi delle nostre fabbriche?”. Ha poi snocciolato dati preoccupanti sul controllo cinese delle materie prime critiche: “Oggi un singolo Paese controlla il 75 per cento della lavorazione del cobalto, il 90 per cento delle terre rare, il 100 per cento della grafite”. Una situazione che ha definito “critica, senza dubbio”, ma tutt’altro che irreversibile. “Con le giuste politiche, possiamo rafforzare la nostra sicurezza e costruire la nostra indipendenza. Ed è questo che l’Europa sta facendo oggi”, ha detto. “È ora di agire, ce la possiamo fare”, ha concluso il suo intervento Ursula von der Leyen.