Che culo che abbiamo in Italia se solo pensiamo a Londra o a Parigi

Abbiamo qualche seria debolezza in molti campi, ma non le voragini minacciose che toccano ad altri. E’ il miracolo di una destra nazionale che si comporta decentemente e senza boria, anche di fronte alle aggressioni stupide e infamanti

Che culo che abbiamo in Italia. Una destra sorvegliata, femminilizzata, revisionista della propria storia senza enfasi d’abiura, intenta a garantire stabilità e allineata sulle questioni che contano alle tendenze dominanti nell’Unione europea, prima di tutte l’opposizione al bullismo autocratico di Putin, capace di tenere a posto i conti e risparmiarci la velenosa malattia della crisi da budget iperespanso, forte nelle politiche del lavoro, attenta a soluzioni non demagogiche nelle politiche dell’immigrazione, con un presidente del Consiglio che isola senza strepiti i quattro scalmanati delle sue parti e, ben più pericoloso, il suo alleato leghista primitivo e ignorante, con i suoi colonnelli Buttiglione, come si vide quando la destra era la convergenza di grillini e leghisti, il governo del contratto, i porti chiusi e altre fesserie di successo oggi riprese dai vannacciani in vestaglia.

Che culo che abbiamo se solo pensiamo che a Londra, dico a Londra, centocinquantamila persone hanno sfilato e fatto a botte con la polizia al comando di Tommy Robinson, la feccia della destra populista europea, mentre Nigel Farage, il brexitaro parolaio, ha preso la pole position nella corsa elettorale; se pensiamo che in Germania al primo posto nei sondaggi sta la AfD, un partito patibolare e völkisch; se pensiamo che in Francia la ridotta dei liberali è al lumicino di fine Macron con le demagogie neofrontiste di sinistra e di destra che galoppano, i socialisti riformisti divisi e impotenti. Che culo un sistema di alternativa senza grilli per il capo, una sinistra un po’ scema ma abilitata dal consenso a fare il suo lavoro di opposizione, un tono generale di normalizzazione conservatrice che lascia poco spazio alla bestialità politica, ridotta solo alle piccole intemerate di minoranze vocali antifa e alle per ora marginali follie dell’antisionismo antisemita e a qualche grottesco delirio radical-chic (“assassinare l’avversario politico è sbagliato, ma…”).

I pessimisti dicono, ma la Meloni è un po’ trumpiana, dicono, eppure quando Musk va a Londra è per far comiziacci distruttivi via Starlink, per eccitare le folle dell’antidemocrazia, quando viene a Roma è per sventolare i suoi pargoletti contro il declino demografico e chiacchierare amabilmente nel Festival di Spoleto detto Atreju, un convenzionale luogo di discussione della destra tranquillizzante. E Meloni è trumpiana come Ursula von der Leyen, fa buon viso a cattivo gioco, lascia che il suo collegamento con i Maga sia confinato alla pappa del cuore della vicinanza ideologica con l’arruffato mondo cristianeggiante dei congressi arancioni e della distanza ideologica rispetto ai demosocialisti che Trump ha infilzato e sconfitto, mi sembra il minimo sindacale.

Abbiamo qualche seria debolezza in molti campi, ma non le voragini minacciose che toccano ad altri. Non si vedono minacce alla libertà di stampa e di associazione, non si vede il profilo neoautoritario di tante esperienze destrorse di qua e di là dall’Atlantico, si vede il contrario, il miracolo di una destra nazionale che si comporta decentemente e senza boria, anche di fronte alle aggressioni stupide e infamanti, anche di fronte ai subdoli laudatori di Tyler Robinson, il cecchino della Provvidenza incensato in modo ipocrita e sghembo dal matematico tra le nuvole e altri provocatori fessacchiotti. Che abbiamo fatto di bene per non avere tra le palle i gilet gialli che si riproducono di generazione in generazione, lo spirito barricadero dei mezzi ricchi del ric rac francese, lo strepito britannico incendiario, il pericolo germanico? Abbiamo fatto quasi niente, siamo solo fortunati.

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  • Giuliano Ferrara
    Fondatore
  • “Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.

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