Milan weighting. Il salario minimo è “sciocco” (dice Sala). A caccia di strumenti migliori

Al di là di dispute su quale sia la migliore fonte d’ispirazione è fuori discussione che la città abbia bisogno di un sostegno ai redditi medio-bassi. Nonostante il primato nazionale nelle retribuzioni, il costo della vita cresce a ritmi più elevati

Per una volta Milano non fa da apripista. Stiamo parlando del salario minino che ha visto la sua prima applicazione a Firenze nel 2024 cui ha fatto seguito Genova lo scorso luglio: appena insediata l’amministrazione Salis ha precisato che nelle gare di aggiudicazione tra i criteri di valutazione ci sarà “l’impegno dell’appaltatore a garantire al proprio personale nell’esecuzione dell’appalto una retribuzione oraria lorda non inferiore a 9 euro lordi”. A Palazzo Marino si lavora a qualcosa del genere dal 2023, quando quattro consiglieri del Pd presentarono un ordine del giorno per assicurare un premio a chi garantisce il salario minimo. Va detto che il discorso non si limita agli appalti comunali ma riguarda tutte le partecipate e si estende anche ai subappalti. L’obiettivo è arrivare a una deliberazione entro il mandato, ma non sarà facile se si considera che per il sindaco l’operazione voluta dalla sua collega di Genova è inadeguata per Milano (l’ha definita “sciocca e inutile”). Come a dire: qui bisognerà fare qualcosa di meglio.

Un’altra opzione, più lontana ma ben sperimentata, arriva da Londra e si chiama London weighting. Introdotta nel 1920 e poi perfezionata con gli anni, si tratta di un supplemento che viene aggiunto nelle buste paga dei dipendenti pubblici – insegnanti, impiegati, forze di polizia – per convincerli a restare in una delle città più care del mondo. Lo stesso sistema è adottato anche nel privato da quelle imprese che vogliono attrarre manodopera. E’ forse questo il modello che più si addice a Milano, secondo Sala, ma al di là di dispute su quale sia la migliore fonte d’ispirazione è fuori discussione che la città abbia bisogno come l’aria di un sostegno ai redditi medio-bassi. Nonostante il primato nazionale nelle retribuzioni certificato dall’ultimo report della Cgia di Mestre, che calcola per il capoluogo regionale lombardo una retribuzione mensile media di 2.642 euro, il costo della vita cresce a ritmi più elevati: secondo il rapporto World’s Prices 2025, pubblicato da Deutsche Bank, Milano è la città più cara d’Italia e una delle più care d’Europa per l’acquisto della casa, gli affitti e le corse dei taxi. Da questo squilibrio retribuzioni-costo della vita deriva la fuga nell’hinterland per fortuna compensata dal massiccio arrivo di emigrati dal sud e dall’estero.

Situazione delicata, insomma, ma non siamo all’anno zero. E’ la posizione di Cristina Tajani, già assessore al lavoro con Pisapia e il primo Sala e adesso senatrice del Pd, che ricorda i passi avanti compiuti negli scorsi anni: “Abbiamo sempre avuto la massima attenzione alla sicurezza e alle condizioni del lavoro negli appalti e nei subappalti – spiega al Foglio – in particolare evitando di sottoscrivere contratti con le organizzazioni non rappresentative. Ci sono imprese che pagano 3-4 ero l’ora, ne ricordo una in particolare che ci venne segnalata su M4 con retribuzioni ben al di sotto di quelle minime e che si trovava sotto la sigla dell’Ugl”. Resta il punto che i privati devono essere messi nelle condizioni di potere aumentare le paghe: “Il costo del lavoro è alto, il pubblico deve fare la sua parte calibrando le gare, le basi d’asta devono essere adeguate a sostenere l’impegno dell’imprenditore. C’è poi un secondo livello su cui si può intervenire: il comune può esercitare una moral suasion sui privati per stimolarli a migliorare il trattamento dei lavoratori e rendere così più appetibili i posti di lavoro”. Per quanto riguardo i dipendenti pubblici la strada è un’altra: “Lo strumento per sostenere i loro salari è il contratto integrativo, l’ultimo per il comune di Milano l’ho firmato io nel 2019”.

A destra il salario minimo è visto con scetticismo. Marco Osnato, esponente di Fdi e presidente della commissione Finanze della Camera, indica strade diverse: “Che debba essere rafforzato il potere d’acquisto delle famiglie milanesi è evidente, purché si affronti davvero un tema che, in questo caso, riguarda l’organizzazione degli appalti”. Sotto accusa è la gestione di Palazzo Marino degli ultimi anni: “Se si va avanti con il massimo ribasso diventa problematico per le imprese partecipare e offrire livelli soddisfacenti di retribuzione: è una questione su cui dovrebbe esserci più attenzione da parte dell’amministrazione comunale che oggi è troppo concentrata sull’urbanistica”.

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