Il romanzo familiare Coppi-Zanettin, in disaccordo sulla separazione delle carriere

“Mio genero vuole la separazione delle carriere. Io no. Ne discutiamo, ma per me è come un figlio”, dice Franco Coppi. L’avvocato d’Italia e il senatore di Forza Italia alla prova della riforma della giustizia. Storia di una saga famigliare

“Andiamo comunque d’amore e d’accordo”, dice al Foglio il vecchio padre. “Sono il figlio maschio che non ha avuto”, dice il genero. Separazione delle carriere – pare – ma non delle famiglie. Benvenuti a Casa Coppi. Dove a cena può capitare, sì, di parlare di giudici e pubblici ministeri, e di vederla all’opposto da un pizzo all’altro del desco. Ma dove tuttavia ci si guarda, sempre, con occhio sereno. E di giudici si parla, certo, ma con temperato distacco, con stoicismo legale, sine ira et studio.

Il romanzo famigliare è quello dell’avvocato d’Italia Franco Coppi e del senatore di Forza Italia Pierantonio Zanettin – che dell’avvocato è per l’appunto genero e nondimeno collega. A sentire l’uno e l’altro, il rapporto è “un idillio”. Più che un’affinità legale – nel senso dell’anagrafe – la loro è proprio un’affinità elettiva. “Si figuri… Viviamo uno sopra l’altro”, ci dice il suocero-padre alludendo a circostanze domestiche, forse condominiali. Lui è un tecnico e io un politico, taglia corto il genero a chiunque lo interpelli sulla querelle. Ed ecco quindi che solo un frutto, gettato sul tavolo, minaccia discordia: la riforma della giustizia. O meglio: la separazione delle carriere.

Fatto curioso se Franco Coppi, l’avvocato più noto e forse più amato del Bel Paese, è stato (tra i molti) il difensore dell’angelo custode della riforma: Silvio Berlusconi. E se invece il senatore Zanettin, ex membro del Csm, di Berlusconi coltiva la legacy in commissione Giustizia. Lo studio Coppi, comunque, registra spesso telefonate o mail in arrivo dai giornali. Oggetto? Intervista al professore sulla separazione delle carriere. O meglio: “contro” la separazione delle carriere. Così è capitato che l’avvocato del Cav. e Giulio Andreotti, di Vittorio Emanuele di Savoia, Francesco Totti, Gianni De Gennaro, Piero Angela e Sabrina Misseri diventasse di colpo una sorta di totem del Gruppo Gedi. Oppure l’ospite di pregio alle feste del Fatto. Dove l’argomento, appunto, è quella che l’avvocato Coppi definisce una “riforma ideologica, che non risolve nulla, che non taglia tempi né errori giudiziari”, “un’enorme spendita di quattrini”, e ancora: “una cosa mostruosamente difficile”.

Dal canto suo, il genero ovvero marito di Giuliana Coppi – funzionaria alla camera dei Deputati – la mette sulla genetica (sempre a proposito di legami parentali). “La riforma della giustizia fa parte del nostro Dna culturale”, dice. “E’ una battaglia che come centrodestra portiamo avanti da quasi trent’anni. Finalmente sta arrivando alla meta e avremo un giudice davvero terzo e imparziale”. E poiché la questione – si capisce – è una saga tutta famigliare, Coppi spiega spesso invece che giudici e pm smetterebbero di essere fratelli, con la riforma santificata da Zanettin, ma resterebbero in ogni caso cugini.

E c’è da immaginarseli, allora, i due avvocati, secondo lo schema della commedia brillante. Il padre difensore della tradizione, il figlio e marito per l’innovazione. Per quanto alla fine più della parentela, e dello scontro generazionale, a prevalere in casa sia appunto l’affinità degli eletti. E cioè la tendenza naturale, di alcune uomini, a combinarsi tra loro come reagenti chimici. A volersi bene nonostante gli accordi, i disaccordi, e gli inviti del Fatto. “Della riforma discutiamo sempre, certo”, ci dice l’avvocato. “Ma Pierantonio, per me, è come un figlio”.

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