Così Erdogan fa le prove generali di come si sottomette l’opposizione

I giudici hanno annullato i risultati dell’ultimo congresso provinciale del Partito repubblicano del popolo (Chp). Si apre una nuova fase nella strategia del presidente turco: indebolire il Chp dall’interno. Le aperture tattiche ai curdi e il piano di blindare il sistema prima delle elezioni del 2028

Crescono in Turchia le tensioni politiche dopo la decisione di un tribunale di annullare, con l’accusa di irregolarità elettorali, i risultati dell’ultimo congresso provinciale di Istanbul del Partito repubblicano del popolo (Chp), il principale partito di opposizione. Lo scorso 2 settembre, i giudici hanno stabilito che le votazioni tenutesi durante il congresso sarebbero state viziate da mazzette e corruzione. Ozgur Celik, il segretario provinciale eletto, e gli altri membri del consiglio sono stati rimossi. Al posto di Celik è stato nominato dalla magistratura un commissario straordinario, Gursel Tekin. Tekin è a sua volta un ex segretario del Chp di Istanbul ed è considerato vicino a Kemal Kilicdaroglu, l’ex leader del Chp che in tredici anni alla guida del partito non ha mai sconfitto il presidente Recep Tayyip Erdogan alle urne.

La polizia in assetto antisommossa è intervenuta con cannoni ad acqua e gas lacrimogeni per disperdere un gruppo di manifestanti radunatosi sotto la sede di Istanbul del partito. Le tensioni si sono inasprite all’arrivo di Tekin, con la polizia che aveva già circondato il palazzo per evitare che al commissario venisse impedito l’ingresso. Secondo i media locali, ci sono stati numerosi arresti e alcuni feriti durante gli scontri, tra cui alcuni eletti del Chp. Nella serata di lunedì, il partito ha informato le autorità di aver cambiato l’indirizzo ufficiale della propria sede.

A partire dalla fine dello scorso anno, il Chp è finito al centro di una serie di indagini giudiziarie, che hanno portato all’arresto del sindaco di Istanbul, Ekrem Imamoglu, il principale rivale politico di Erdogan, tuttora detenuto in custodia cautelare. Lo stesso Celik, pochi giorni prima della sentenza, aveva denunciato un attacco a 360 gradi ai danni del suo partito: a settembre, solo a Istanbul, sono previste quattordici diverse udienze in cui vari esponenti del Chp saranno chiamati a rispondere a vario titolo in tribunale. Sul partito, oltre alle pressioni esterne, si sono accentuate anche quelle interne, con alcune correnti fedeli alla vecchia guardia pronte a riprendere il controllo degli organi chiave. Inoltre, le iniziative di protesta lanciate a marzo contro l’arresto di Imamoglu hanno gradualmente perso trazione, lasciando all’attuale leadership margini di azione sempre più limitati. Intervistata da Turkey Recap, Gonun Tol, direttrice del Turkey Program presso il Middle East Institute, sostiene: “Negli ultimi anni si è assistito a una progressiva chiusura di tutti gli spazi democratici. Non solo l’opposizione viene perseguitata giudiziariamente, ma adesso non può nemmeno scegliere liberamente i propri rappresentanti. Il presidente Erdogan punta a voler trasformare il sistema politico entro il 2028, anno delle prossime elezioni, arrivando a selezionarsi da solo gli avversari”.

L’estromissione giudiziaria di Celik anticipa gli sviluppi attesi per la prossima settimana. Lunedì 15 settembre, il tribunale di Ankara si pronuncerà sull’eventuale invalidazione del congresso nazionale del Chp, che nel 2023 ha eletto al suo vertice Ozgur Ozel. La decisione porterebbe all’azzeramento dei vertici del partito, gli stessi che a marzo 2024 avevano portato il Chp a superare, per la prima volta in vent’anni, i consensi dell’Akp di Erdogan. Se i giudici dovessero accogliere le tesi della procura, si aprirebbe la possibilità di un ritorno di Kilicdaroglu o, in alternativa, il partito finirebbe sotto il controllo di un commissario governativo. “E’ difficile fare previsioni: tutto può accadere. Non è possibile stabilire con certezza fino a che punto Erdogan sia intenzionato a spingersi. A questo punto, se il tribunale decidesse di reintegrare Kilicdaroglu, la decisione non stupirebbe più di tanto”, prosegue Tol.

Per comprendere la traiettoria che il governo intenderà percorrere, molto dipenderà anche dall’allineamento di altri tasselli, sia sul fronte domestico sia su quello internazionale. In particolare, il rilancio del processo di pace con il Pkk e gli sforzi per giungere a una stabilizzazione nella Siria post Assad. L’attuale stretta sul Chp e la contemporanea apertura ai curdi vanno infatti lette come una mossa preventiva per disarticolare un possibile fronte comune delle opposizioni, che si stava profilando sotto la leadership di Imamoglu. Se questi due dossier dovessero progredire secondo i piani dell’esecutivo, il futuro del partito fondato da Ataturk rischia di farsi ancora più incerto.

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