Con le dimissioni del premier giapponese e l’umiliazione diplomatica della Corea del Sud, gli alleati asiatici degli Stati Uniti si scoprono fragili. Le mosse unilaterali del presidente americano incrinano le relazioni storiche e spianano la strada a una Cina sempre più forte
I due alleati più strategici di Washington e del resto delle democrazie occidentali in Asia continuano ad affrontare una crisi dietro l’altra, e almeno in uno dei due casi la causa è riconducibile direttamente all’Amministrazione Trump. In Giappone, il primo ministro Shigeru Ishiba ha resistito a lungo nel suo ruolo di capo del governo – quasi un anno dalla sua nomina – ma dopo le due sconfitte elettorali del Partito liberal democratico ha ceduto, nonostante il suo indice di gradimento fra gli elettori fosse in risalita. Prima di annunciare le dimissioni, però, Ishiba è stato costretto a negoziare con Trump l’accordo sui dazi: il lavoro sporco che nessun leader di partito voleva assumersi. E così Ishiba, che non ha ricevuto nemmeno la gentilezza di essere chiamato per nome dal presidente americano, ma sempre “Mr. Japan”, ha portato a casa un accordo che, tra le altre cose, riduce i dazi all’export in America delle auto nipponiche fino al 15 per cento. E così la crisi della leadership giapponese ricomincia da capo, mentre il sentimento anti stranieri e il populismo di destra continua a crescere. L’effetto Trump sulla Corea del sud è stato più devastante.
Il presidente sudcoreano Lee Jae-myung era alla Casa Bianca solo due settimane fa, aveva ottenuto un accordo, c’erano stati annunci di investimenti giganteschi da parte sudcoreana in America. Poi, il 4 settembre, oltre 300 sudcoreani sono stati arrestati durante blitz dei poliziotti dell’immigrazione americana in uno stabilimento di batterie in costruzione in Georgia, joint venture fra Hyundai Motor e Lg. Il raid è stato ordinato come messaggio politico: gli investimenti stranieri in America devono prevedere manodopera americana. Il problema è che per alcuni settori la manodopera specializzata in America ancora semplicemente non esiste. In queste ore Seul sta cercando di rimpatriare i coreani, e di fare i conti con un alleato che cambia di continuo le condizioni degli accordi. Dopo l’India, l’America di Trump rischia di perdere anche le due più grandi potenze dell’Asia orientale.