Fratelli d’Italia ce l’ha con Lorenzo Fontana per come non ha gestito il caso Almasri

Il presidente della Camera nel mirino della premier perché in Giunta per le autorizzazioni il relatore del procedimento sarà dell’opposizione: “Il caso mediatico scoppierà durante le regionali”

La chiamano gestione “leggera”. Lo accusano di “superficialità”. I vertici di Fratelli d’Italia in queste ore hanno un diavolo per capello. Ce l’hanno con il presidente della Camera Lorenzo Fontana e i suoi uffici per come “non hanno vigilato” dal punto di vista tecnico politico e procedurale sulla vicenda Almasri. Domani è prevista la prima riunione della Giunta per le autorizzazioni della Camera per definire il calendario delle sedute. Il tribunalino dovrà decidere se mandare a processo i ministri Carlo Nordio e Matteo Piantedosi e il sottosegretario Alfredo Mantovano (che potrebbero essere auditi o depositare una memoria). La rabbia del partito di Giorgia Meloni nei confronti della Terza carica dello stato nasce dalla facilità con la quale il presidente della giunta Devis Dori (Avs) ha nominato un esponente dell’opposizione come relatore: il deputato del Pd Federico Gianassi. La scelta, che non ha tanti precedenti, rischia di accendere di nuovo un caso mediatico che sembrava sopito.



Secondo il partito di Via della Scrofa il fatto che ci sia un relatore di minoranza in questo caso è esplosivo. Al di là del documento che alla fine sarà bocciato dalla maggioranza della Giunta che è di centrodestra, a preoccupare è ciò che scriverà Gianassi e che diventerà di dominio pubblico. Dentro FdI e nel governo c’è il forte timore che le migliaia di pagine secretate e depositate insieme alla relazione del Tribunale dei ministri possano finire in qualche modo nella relazione. Non riportate in maniera pedissequa ma comunque estrapolate concettualmente. La conseguenza è chiara: il riaccendersi di una bufera mediatica pronto a investire il governo, costretto a difendersi dalle accuse dei magistrati, magari anche con dettagli e ragionamenti inediti. Questo scenario inoltre, sempre secondo i timori della maggioranza fronte FdI, porterebbe anche a illuminare di nuovo il ruolo di Giusi Bartolozzi, capo di gabinetto di Carlo Nordio.


Figura centrale, secondo i magistrati anche se non indagata al momento, nella scarcerazione e nel rimpatrio lo scorso gennaio del generale libico Almasri, sul quale c’era (e c’è) un mandato d’arresto per crimini di guerra e contro l’umanità spiccato dalla Corte penale internazionale. Negli atti inviati alla giunta per le autorizzazioni il suo nome compare diverse volte e in un passaggio dei giudici viene specificato che “la versione fornita da Bartolozzi è da ritenere sotto diversi profili inattendibile e, anzi, mendace”.


Non essendo direttamente coinvolta nel procedimento, non c’è comunque alcuna ipotesi di reato a carico della capo di gabinetto, ma non si può escludere che – esauriti i necessari passaggi con il Tribunale dei ministri – la procura possa indipendentemente valutare il ruolo svolto da lei o da altri soggetti nella vicenda, per i quali si seguirebbe il percorso della giustizia ordinaria. Tema di dibattito da settimane al punto che in caso di indagine nei confronti di Bartolozzi nel governo c’è anche chi ha pensato di allargare lo scudo del Parlamento nei suoi confronti (in virtù di altri precedenti di imputati laici, cioè né politici né parlamentari né con responsabilità di governo). Ecco il fatto che sia passato senza il minimo problema un relatore di opposizione fa sì che anche la vicenda Bartolozzi possa di nuovo finire in pasto all’opinione pubblica mettendo in difficoltà il ministro della Giustizia, costretto prima della sosta estiva a uscire con una nota dai tratti surreali in cui spiegava che il ministro era lui: “Ritengo puerile ipotizzare che il mio capo di gabinetto abbia agito in autonomia”. Al punto di ribadire che “tutte, assolutamente tutte le sue azioni sono state esecutive dei miei ordini, di cui ovviamente mi assumo la responsabilità politica e giuridica”.


L’idea insomma che da mercoledì riscoppi questo bubbone non fa impazzire di gioia il partito della premier, che in parallelo sarà impegnato a cercare di portare a casa le elezioni regionali, test per il governo e per la tenuta della maggioranza. Fratelli d’Italia rimprovera a Fontana di “aver dormito” di non aver dunque capito il potenziale esplosivo di tutta la faccenda. Non tanto dal punto di vista giuridico, ma da quello mediatico, dunque iper politico. Ma appunto per la relazione di Gianassi che sarà bocciata, magari arrivando a un altro relatore questa volta di maggioranza, ma solo per non aver mosso un dito davanti a questa evenienza. Alla possibilità cioè che l’opposizione possa ritagliarsi in giunta un ruolo di primo piano nella ricostruzione della controversa vicenda, magari anche con nuovi elementi. La Giunta delle autorizzazioni avrà un mese per arrivare al voto poi dovranno passare altri trenta giorni per il parere decisivo dell’Aula di Montecitorio sul futuro di Nordio, Piantedosi e Mantovano. Fratelli d’Italia non teme sorprese nel voto, ma la gestione del caso è ben più delicata. “E Fontana avrebbe dovuto capirlo”.

Di più su questi argomenti:

  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d’autore.

Leave a comment

Your email address will not be published.