Gli obiettivi del Pnrr sui processi civili appaiono lontani. Mercoledì il Consiglio superiore della magistratura approverà una delibera per aiutare gli uffici giudiziari più in difficoltà, in attuazione del decreto del governo. Ma restano le incertezze
Cagliari, Campobasso, Catanzaro, Firenze, Palermo, Potenza, Reggio Calabria e Taranto: sono queste le sedi di Corte d’appello più in difficoltà nel raggiungimento degli obiettivi del Pnrr sulla giustizia civile. A individuarle è il Consiglio superiore della magistratura nella delibera (visionata in anteprima dal Foglio) che il plenum approverà mercoledì, in attuazione del recente decreto giustizia del governo, che stabilisce interventi d’urgenza per cercare di raggiungere i target in scadenza il 30 giugno 2026. Due gli interventi principali: trasferimenti temporanei di magistrati da altre sedi (fino a 20 per ciascuna Corte d’appello) e applicazione a distanza, da remoto, di 500 toghe ai tribunali più in sofferenza (48 quelli individuati dal Csm). O almeno questa è la speranza. Bisognerà infatti vedere se le toghe risponderanno all’appello.
Il target principale concordato con l’Unione europea, cioè la riduzione del 40 per cento entro giugno 2026 della durata media dei procedimenti civili (il cosiddetto “disposition time”) appare al momento fuori portata, se si considera che al 30 giugno scorso si attestava al 20,1 per cento rispetto al 2019. Il secondo obiettivo previsto dal Pnrr è la diminuzione del 90 per cento delle cause civili pendenti al 31 dicembre 2022. Il raggiungimento di questo ultimo obiettivo risulta essere più fattibile, se si considera che a fine giugno la variazione risultava essere del -73,3 per cento per i tribunali e -70,5 per cento per le corti d’appello.
Nel complesso però la situazione attuale, così come risulta dalle ultime statistiche fornite dal ministero della Giustizia al Csm, risulta molto negativa. Per quanto riguarda le corti d’appello, il problema non è rappresentato soltanto dalle otto sedi già citate, per le quali – sottolinea il Csm – “appare necessario destinare magistrati che abbiano conseguito almeno la prima valutazione di professionalità”. Complessivamente, infatti, sono soltanto nove (su ventinove) le corti che risultano già aver raggiunto gli obiettivi del Pnrr: Ancona, Bari, Genova, L’Aquila, Milano, Sassari, Trento, Trieste e Venezia. Venti corti d’appello sono invece ancora lontane dagli obiettivi. Otto di queste sono lontanissime. Catanzaro ha visto addirittura aumentare la durata media dei procedimenti civili rispetto al 2019 (+43 per cento), mentre per altre corti la riduzione del 90 per cento delle pendenze appare un miraggio (come Reggio Calabria, ferma a -68 per cento, e Potenza, a -54 per cento). Fatta eccezione per Firenze, che paga la lenta riduzione del disposition time, -26 per cento), le corti d’appello individuate dal Csm come più bisognose d’aiuto sono tutte del sud.
Più variegato, almeno sul piano geografico, il panorama dei tribunali. Come detto, sono 48 i tribunali individuati dal Csm a cui applicare fino a 500 magistrati da remoto. Gli uffici per i quali sarà bandito il maggior numero di posti sono Napoli (67 posti), Venezia (66), Lecce (32), Bari (27), Bologna (24), Velletri (23), Genova (21), Cagliari (21), Brescia (20), Firenze (19). Insomma, non sono solo i tribunali del sud Italia a soffrire.
Per essere applicati in via straordinaria a distanza, da remoto, ai tribunali, i magistrati potranno presentare domanda entro il 18 settembre. Ancora da definire, invece, le procedure per il trasferimento dei magistrati alle corti d’appello.
La speranza del governo è che i magistrati rispondano in maniera numerosa agli interpelli, allettati dagli incentivi previsti dal decreto approvato l’8 agosto: ai magistrati che saranno trasferiti presso le corti d’appello, anche se di prima nomina, sarà attribuita un’indennità mensile “pari all’importo mensile dello stipendio tabellare previsto per il magistrato ordinario con tre anni di anzianità”; ai magistrati (anche fuori ruolo) che saranno applicati da remoto ai tribunali è prevista l’attribuzione di un’indennità, pari a circa 15 mila euro lordi, se al termine dell’applicazione saranno riusciti a definire cinquanta procedimenti civili (una sorta di premio di produzione).
Non è affatto detto, però, che questi incentivi funzioneranno, e che quindi una volta individuate le sedi bisognose il Csm riuscirà a portare a compimento il piano previsto dal governo e dal ministro della Giustizia Carlo Nordio. Che ha la grande responsabilità di essersi mosso con ritardo su questo fronte.
Non solo. Leggendo la delibera che il Csm si appresta ad approvare, si comprende anche come l’approccio del ministero della Giustizia continui a essere poco lucido. Insieme ai dati riferiti alla situazione degli uffici giudiziari, Via Arenula ha trasmesso al Csm anche un file in cui simula l’applicazione dei 500 magistrati ai tribunali che hanno oltre diecimila fascicoli pendenti. Una simulazione che, nota lo stesso Csm, lascia il tempo che trova: “Tale valutazione, non considera in alcun modo la situazione specifica dei singoli tribunali (come ad esempio quello di Torino nel quale i procedimenti civili durano già solo 396 giorni), ma, soprattutto, non si confronta con il dato normativo che impone di valutare ‘la gravità dello scostamento rispetto al raggiungimento degli obiettivi’ e non il diverso dato delle pendenze civili”. Insomma, al ministero della Giustizia hanno le idee molto confuse.