La presidente del Consiglio viene vista come un esempio, ma l’analisi francese è imprecisa: lei non è l’artefice di una “normalizzazione” della destra italiana. Il suo percorso si inserisce nella scia dell’evoluzione di An che nel 1995 aveva già intrapreso una via governativa
In Francia, nelle ultime settimane, si osserva un fiorire di riferimenti positivi a Giorgia Meloni. Un esempio: l’ex capo del governo Edouard Philippe, all’inizio di giugno ha lodato il pragmatismo della premier italiana. Più in generale, Giorgia Meloni viene utilizzata come simbolo di un potenziale scenario di unione delle destre, il che significherebbe nientemeno che l’ascesa al potere del Rassemblement national, nell’ambito di un’alleanza con la destra classica, ossia i Républicains, ma anche con alcuni settori della destra moderata macronista. Questo scenario è sostenuto da diverse personalità negli ambienti conservatori francesi, e molti vedono in figure emergenti come Jordan Bardella (nel Rn) oppure Bruno Retailleau (Républicains) potenziali protagonisti di questa svolta. E’ in questa direzione che si colloca anche l’intervista di Philippe, che con un apprezzamento per Meloni si posiziona come candidato sensibile alle tematiche della destra, se non addirittura aperto a eventuali alleanze in vista delle prossime presidenziali. A luglio, il settimanale Le Point ha dedicato una copertina all’“incredibile Italia”, con articoli elogiativi sulle capacità economiche e politiche del governo italiano e in quel caso, tra l’altro, la tenuta dei conti pubblici italiani è servita a criticare la tendenza francese a sforare regolarmente il proprio deficit.
Abbiamo inoltre osservato aperture francesi sulla gestione della demografia in Italia, un aspetto per certi versi paradossale, considerando che la denatalità italiana costituisce un punto critico, con politiche decisamente meno incisive rispetto a quelle transalpine. Anche l’azione del presidente della Repubblica francese sembra andare nella direzione di una rivalutazione del governo Meloni, come dimostra la visita compiuta a Roma il 3 giugno scorso: un gesto diplomatico volto a ristabilire la piena operatività del rapporto bilaterale. Anche in questo caso si può sostenere che le convergenze e le necessità della politica internazionale abbiano spinto verso questo riavvicinamento. I francesi tendono a leggere l’ascesa al potere di Giorgia Meloni come un fenomeno recente: quello di una traiettoria di moderazione di una presunta “estrema destra” italiana, capace di conciliare le “tre destre”, inglobando Forza Italia e la Lega. Un riferimento, questo, ai temi cari al decano della politologia parigina, René Rémond, che classificava la destra francese in monarchici legittimisti (quindi controrivoluzionari), orleanisti liberali e bonapartisti. Oggi, le tre destre francesi non sono più esattamente le stesse, ma la formula è rimasta viva, ed è quindi piuttosto facile cedere alla tentazione di applicarla anche nel confronto con l’Italia.
Ma questo calcolo politico dimentica alcuni parametri fondamentali. Il primo è che le ultime elezioni non hanno prodotto una maggioranza nel paese, ma hanno comunque segnalato un netto rifiuto nei confronti dell’ascesa al potere del Rassemblement national, con l’unione delle destre (proposta da ex Républicains come Eric Ciotti) fortemente ridimensionata. Inoltre, si è aperta una competizione a destra con l’ascesa di Bruno Retailleau alla presidenza dei Républicains, il che offre loro una concreta possibilità di riconquistare lo spazio neo-gollista e dunque l’egemonia sulla destra. L’interesse francese per l’Italia può essere accolto positivamente a Roma, il problema, però, è che l’analisi francese è largamente imprecisa. Come spesso accade, l’interesse francese è una proiezione delle proprie visioni e non implica una reale conoscenza delle dinamiche italiane. Il percorso di Giorgia Meloni si inserisce nella scia dell’evoluzione di Alleanza Nazionale, che con la svolta di Fiuggi del 1995 aveva già intrapreso una via governativa, nel contesto delle alleanze architettate da Silvio Berlusconi.
Si tratta quindi di una storia lunga, che non corrisponde alla lettura francese secondo cui Meloni sarebbe l’artefice di una “normalizzazione” della destra italiana. Se applichiamo alla Francia una griglia di lettura italiana, la trasformazione del Rassemblement national in un partito di governo esplicitamente postlepenista sarebbe una condizione necessaria per entrare realmente in una dialettica di potere con le altre forze di destra. Si tratta, però, di un passaggio che l’analisi francese tende a ignorare, e ciò può legittimamente far sorgere dubbi sulla reale concretezza di questa “droite à l’italienne”.