Le tragiche disfatte di Trump

Un occidente diviso e impotente, un asse potente tra Russia, Cina, India, Turchia, Corea del nord, Iran, un’America teatro di conflitti fratricidi. Il presidente Usa e le sciagure dell’America first (e no, all’Italia non basta essere il paese ponte)

Il trionfo di Trump geopolitico è presto detto. Ora c’è un occidente diviso e impotente, ma c’è un asse tra Russia Cina India Turchia Corea del nord Iran Kazakistan e vari altri unito nelle premesse e potente come un’ombra d’acciaio. Temevamo una nuova Yalta, c’è Shanghai, coi fiori e tutto. Si attendono Budapest e Bratislava. Speravamo nella pace in Ucraina o in un più modesto cessate il fuoco, c’è una pioggia di missili e droni, e la capa di Bruxelles deve fare un atterraggio di emergenza. Al demente di Washington restano l’amicizia con Bolsonaro e poco altro, a parte il gangster che accoglie i suoi “rimpatriati”. Un capolavoro. America first è America di secondo rango. Ormai un’agenzia immobiliare impegnata sull’implausibile futuro di Gaza-Montecarlo e ostile ai visti per i palestinesi superstiti della Cisgiordania. Bel colpo, Anchorage. Narcisismo e autoritarismo si rivelano traditori, tradiscono un progetto che parla di Golden Age e mette ali di piombo al paese inutilmente più potente del mondo che fu, del mondo di ieri. Materia di riflessione per gli amici dissimulati del trumpismo in tutto il mondo, Italia compresa. Da certi abbracci bisogna sapersi sciogliere in tempo.

Il gauleiter americano è forse pronto a abbandonare del tutto la politica estera e di sicurezza, ora che ha rovinato il proprio sistema di alleanze e ne ha costruito un altro fatto su misura per contrastarlo, trasformando nel frattempo il suo paese nel teatro di un conflitto fratricida in cui la resistenza di media e giudici è ancora l’unica flebile garanzia di sopravvivenza della democrazia e dello stato di diritto. Il grande ripiegamento è nei fatti. Non sembra allo stato avere molte alternative. Tutti quelli con la testa sulle spalle lo denunciano come una prospettiva realistica, senza altre vere opzioni. Urgente metterci una pezza, e che non sia la classica pezza a colori, almeno nel sistema Europa o in quel che ne resta. Noi siamo sempre stati specialisti nello stare né di qua né di là. La politica famosa del piede di casa ci ha portato, fino al momento delle scelte, una relativa tranquillità.

Poi catastrofi notorie. Non è più così, non dovrebbe essere, anche solo per pragmatismo di governo. Il Cremlino ci tratta come un territorio politico potenzialmente colonizzabile, e noi gli mandiamo un ambasciatore per carità rispettabile ma nell’immagine utile solo alla loro propaganda. Litighiamo con un premier francese uscente, essendo diventati un paese che attrae ricchezza e promette stabilità, e ne gode al 110 per cento, ma in un quadro fragile e autolesionista di ideologia autoinflitta della decrescita pseudoegalitaria, da Milano in giù via procure e giornalate. Afferrarsi per i capelli è necessario a tirarsi fuori dalla pozzanghera trumpiana, perché l’unità dell’occidente non è più una politica, se alle condizioni dettate dall’erraticità di Trump, ma un flatus vocis inudibile. Nessuno ha bisogno di eroismi, a parte gli ucraini che ne abbondano, o della platealità impraticabile delle rotture vocalizzanti, e tutti abbiamo bisogno degli Stati Uniti. In questo il piede di casa aiuta a camminare. Ma occorre dimostrare ciò che non appare, che l’Europa è un affare serio per tutti, risoluta a non farsi prendere in giro nemmeno in nome dell’atlantismo e della Nato, e che l’Italia agirà da paese serio, non solo da pontiere che scavalca a parole un tragico abisso.

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  • Giuliano Ferrara
    Fondatore
  • “Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.

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