Gli 80 anni dell’Onu: tanti fallimenti e pochi successi

Un terzo dei finanziamenti delle Nazioni Unite arriva dagli Stati Uniti, ma con Trump la musica si è fermata e il famoso “sud globale” non paga. L’aristocrazia umanitaria è in bancarotta

Dai rossi italiani ai vini di Samarcanda, per trovarli sulla stessa carta si può riservare un tavolo alla Delegates Dining Room delle Nazioni Unite. E’ uno dei migliori ristoranti di New York. Da lì si può anche godere della vista sull’East River e sul Queens. Ma entro la fine del 2026, i dipendenti di tre agenzie dell’Onu, UN Women, Unicef e il Fondo per la popolazione (Unfpa) trasferiranno la loro sede centrale da New York a Nairobi, dovendosi accontentare della cucina keniota. Ma visto che il cosiddetto “personale professionale” dell’Onu, che si sposta in tutto il mondo, guadagna uno stipendio base che va dai 46 mila dollari all’anno per un esperto alle prime armi ai 205 mila dollari per un dirigente, saranno più che sufficienti per costruirsi una dolce vita anche nelle capitali africane pronte ad accogliere le agenzie dell’Onu. Un afflusso di lavoratori ben pagati dell’Onu fornisce, infatti, una spinta economica per qualsiasi città.



Quando le Nazioni Unite furono istituite nel 1945, le città americane gareggiarono per ospitarne la sede centrale. Da allora, città come Copenaghen e Ginevra hanno conquistato le agenzie delle Nazioni Unite con nuovi edifici scintillanti e incentivi fiscali. I calcoli dell’ufficio del sindaco di New York suggeriscono che l’Onu aggiunge 3,7 miliardi di dollari al reddito annuo della città, scrive l’Economist. L’Onu, le sue agenzie e affiliate rappresentano insieme il 22esimo datore di lavoro di New York, con 10.900 dipendenti.



Ora il Palazzo di vetro sta finendo in bancarotta. I primi segni della crisi si videro cinque anni fa, quando le scale mobili sono state disattivate per un po’ presso la sede centrale di New York per risparmiare denaro. E tagli mai visti prima saranno presentati come una opportunità per “decolonizzare” l’Onu.

Da 106.059 dipendenti nel 2017 a 133.126 nel 2023. Molte agenzie spendono metà del budget in personale. Ora è arrivata l’austerity



L’Unaids, l’agenzia per la lotta all’Aids, sta tagliando il personale della sua sede centrale di Ginevra di oltre l’85 per cento, passando da 127 a soli 19 dipendenti, nell’ambito di una radicale ristrutturazione che durerà un anno. Anche l’Oms prevede di ridurre le posizioni di medio livello del 40 per cento e i tagli potrebbero raggiungere il 40 per cento presso la sede centrale a Ginevra, da poco ristrutturata e che conta oltre 2.600 dipendenti. Alcuni dipendenti e dipartimenti verrebbero trasferiti in altre città meno costose. L’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Volker Türk, prevede di trasferire 120 dei 900 posti di lavoro con sede a Ginevra in centri meno costosi. L’Agenzia per il commercio e lo sviluppo prevede di tagliare 70 posizioni, pari al venti percento della sua forza lavoro. Si prevede che i nuovi tagli all’Organizzazione internazionale per le migrazioni avranno un impatto su almeno il venti percento degli oltre mille dipendenti della sede centrale. L’Alto Commissariato per i Rifugiati ha dichiarato di ridurre i costi del 30 per cento e dimezzare le posizioni dirigenziali. L’agenzia delle Nazioni Unite per l’infanzia, l’Unicef, prevede che i suoi finanziamenti saranno ridotti di almeno un quinto nel 2025 rispetto al 2024. Anche l’Ufficio per il coordinamento degli Affari umanitari, noto come Ocha, ha annunciato di tagliare di un quinto il suo personale di 2.600 persone. Secondo una nota interna visionata da Reuters, il Segretariato delle Nazioni Unite si sta preparando a tagliare del venti per cento il suo bilancio di 3,7 miliardi di dollari e a tagliare 6.900 posti di lavoro su 33 mila persone. Cosa sia l’Onu lo spiega Jean-Pierre Lehmann, professore di Economia politica internazionale a Losanna: “Oggi serve come una miniera d’oro per un sistema occupazionale gonfio”. E’ la più grande burocrazia del mondo.



La credibilità delle Nazioni Unite non è mai stata così a terra: accusate di complicità con Hamas nella guerra di Gaza scoppiata il 7 ottobre 2023, inesistenti sul fronte ucraino, malate di sclerosi amministrativa e scandali. L’Onu festeggia un tristissimo ottantesimo anniversario. E se sparare contro le Nazioni Unite è stato quasi come sparare sulla Croce Rossa, il “ricorso all’Onu” è diventato l’alibi dei Brics che vogliono fare la pelle all’occidente e del pacifismo ad oltranza. In medio oriente, dal 2011, una serie di inviati delle Nazioni Unite – tre in Yemen, quattro in Siria e sei in Libia – ha cercato di risolvere le guerre civili, senza alcun successo. Se consideriamo i fallimenti (Srebrenica, Ruanda, abusi sessuali in Congo, colera a Haiti, oil for food in Iraq e altri) e i successi, la bilancia pende a dir poco verso i primi. Non c’è agenzia che non si sia compromessa con qualche dittatura. Molte svolgono un buon lavoro (Fao), altre sono inutili (Unido), altre dannose (Unrwa). E al vertice, l’Onu riflette ancora il mondo del 1945.



In un anno gli Stati Uniti hanno contribuito con oltre 18 miliardi di dollari, pari a un terzo dei finanziamenti totali delle Nazioni Unite. Gli Stati Uniti hanno fornito al sistema delle Nazioni Unite più finanziamenti di quelli di altri 185 stati membri messi insieme. Con Donald Trump, la musica si è fermata e ora l’Onu deve tagliare. La strategia del segretario generale, Antonio Guterres, di scommettere sul “sud globale” si sta rivelando più complicata del previsto (il sud globale non finanzia il Palazzo di vetro).



Eppure, il bilancio ordinario del Segretariato delle Nazioni Unite è aumentato in maniera mostruosa negli ultimi anni: 3,59 miliardi di dollari approvati per il 2024, 3,72 miliardi di dollari approvati per il 2025, quando storicamente, dalla fine degli anni 90 al 2010-2011, il bilancio biennale ordinario è cresciuto da 2,49 miliardi di dollari a 5,42 miliardi di dollari, con un aumento del 117 per cento. Tra il 2000-2001 e il 2010-2011, il bilancio è aumentato da 2,4 miliardi di dollari a 4,2 miliardi di dollari, con un aumento del 75 per cento. Ora è arrivato il momento dell’austerity.

L’anno scorso il Segretariato ha prodotto 1.100 rapporti, con un aumento del venti per cento dal 1990. Guterres: “Nessuno li legge”



Guterres, il cui stipendio è di 418,348 dollari all’anno (più alto di quello del presidente degli Stati Uniti), ha appena informato che l’anno scorso all’Onu si sono svolte 27mila riunioni che hanno coinvolto 240 organismi e che il Segretariato delle Nazioni Unite ha prodotto 1.100 rapporti, con un aumento del venti per cento dal 1990. “L’enorme numero di riunioni e report sta spingendo il sistema – e tutti noi – al punto di rottura”, ha affermato Guterres. “Molti di questi report non sono letti da nessuno”.



Alcuni membri pagano le loro fatture in ritardo e altri non lo fanno affatto. L’Onu riscuote le quote obbligatorie nell’anno in cui intende spenderle. Per questo motivo, i membri dovrebbero versare le loro quote a gennaio in modo che l’Onu possa pagare il personale e i fornitori. Ma i paesi pagano le quote obbligatorie sempre più tardi. Poi ci sono i free-rider. Quest’anno solo 49 paesi hanno pagato puntualmente, costringendo l’Onu a ridurre le spese e a rinviare i pagamenti. Nel dicembre 2024, le Nazioni Unite avevano chiesto 44 miliardi di dollari. Dopo sei mesi, i donatori avevano erogato appena un ottavo della somma richiesta. Così l’Onu ha ora rivisto le priorità e chiesto una cifra inferiore, pari a 29 miliardi di dollari. Questa estate l’aria condizionata è stata impostata a 26 gradi a Ginevra.



Secondo una delle opzioni, gli aspetti operativi del Programma alimentare mondiale, dell’Agenzia delle Nazioni Unite per l’infanzia, dell’Organizzazione mondiale della sanità e dell’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (che prevede di tagliare 3,500 posti di lavoro) verrebbero fusi in un’unica entità umanitaria. Si suggerisce di fondere l’agenzia delle Nazioni Unite per l’Aids nell’Oms e di ridurre la necessità di un massimo di sei traduttori alle riunioni. Cinque anni fa uno scandalo sessuale si era abbattuto su Unaids, dopo che Martina Brostrom, dipendente dell’agenzia Onu, aveva rivelato di avere subito per più di un anno molestie da parte di Luiz Loures, vicedirettore esecutivo della stessa istituzione ginevrina.



Secondo l’Associated Press, l’Oms ha speso 59 milioni di dollari per la tubercolosi, 71 milioni per l’AIDS e l’epatite, 61 milioni per la malaria, 200 milioni per i viaggi e 450 milioni per la poliomielite. Durante un viaggio in Guinea, la direttrice generale dell’Oms, Margaret Chan, ha elogiato gli operatori sanitari dell’Africa occidentale. Poi ha soggiornato nella suite presidenziale più grande dell’hotel Palm Camayenne di Conakry. Il prezzo della suite è di 1.008 dollari a notte. L’AP riferisce che Chan ha speso più di 370 mila dollari in viaggi in un solo anno. Bruce Aylward, che ha diretto la risposta dell’Oms all’epidemia di Ebola, ha accumulato quasi 400 mila dollari in spese di viaggio durante la crisi dell’Ebola. Un ex ministro norvegese, Erik Solheim, da numero uno della Unep, l’Agenzia delle Nazioni Unite per la difesa dell’ambiente, ha speso mezzo milione di dollari per viaggi ufficialmente di lavoro ma in realtà per piacere o motivi personali. Scandali che minano la credibilità di una struttura già considerata inutile.



La metà delle spese della Fao se n’è andata in gestione della struttura. Lo ha rivelato il rapporto di un comitato di valutazione commissionato dalle Nazioni Unite e guidato da Leif Christoffersen: “In molti uffici i costi amministrativi sono superiori ai costi del programma”. Brett Shaefer della Heritage Foundation ha calcolato che in un anno il 45 per cento del budget dell’Unesco va in spese del personale, viaggi e costi operativi. Denaro che non lascia mai la bella sede di Parigi.



Nel 2000, l’Onu aveva trentamila dipendenti. Il numero è aumentato a 106.059 nel 2017 e 133.126 nel 2023. Il numero di impiegati all’Unhcr, l’agenzia dei rifugiati, è passato da 4.142 a oltre diciannovemila. Anche la Corte internazionale di Giustizia è quadruplicata dal 2000 e con scarsissimi risultati, spesso comici. I giudici e i loro coniugi viaggiano in prima classe. Ora si torna indietro. Presso l’Unhcr, i licenziamenti sono già iniziati. Il numero totale di dipendenti è sceso da 19.768 a fine 2024 a 17.575 a maggio. Nel 1996, gli Stati Uniti di Bill Clinton suggerirono all’Onu di chiudere una delle sue agenzie più assurde, l’Organizzazione per lo sviluppo industriale (Unido). Oggi ha ancora 646 dipendenti. Quanto prende il direttore associato di un ufficio delle Nazioni Unite? Il conto lo ha fatto il New York Daily News: 143 mila dollari all’anno, 65 mila dollari di benefit e il rimborso di una parte dei viaggi per tornare nel paese di origine e per l’istruzione dei figli.



L’impatto economico dell’Onu è evidente a Gigiri, un angolo verde di Nairobi. I cartelli stradali lasciano intuire l’importanza dei cinquemila dipendenti delle Nazioni Unite che vi lavorano per l’economia locale: United Nations Crescent conduce a United Nations Avenue. Il quartiere è pieno di ristoranti, caffè e hotel di lusso, prezzi inaccessibili per la maggior parte dei kenioti.

Assicurazione medica. Contributi. Borsa di studio per i figli. Sussidio per l’affitto. Aumenti salariali regolari. Ancora conviene lavorare all’Onu



Qualche anno fa, un anonimo dirigente dell’Onu scrisse un articolo formidabile sul Guardian: “I rapporti che invii non vengono accolti con una risposta. Hai un ufficio. Non una tenda, non un container: un ufficio vero e proprio, con un telefono, un computer e una connessione internet a tutto gas. I tuoi colleghi vestiti Armani entrano, caffè in mano, alle dieci meno un quarto. Non c’è niente di urgente da fare, tutto può aspettare, è solo carta. Non ci sono famiglie ansiose sedute fuori dalla tua porta, in attesa di notizie del loro figlio rapito. Nessun volto affamato premuto contro il finestrino della tua auto mentre attraversi un campo profughi. Niente vedove, padri, madri che piangono e implorano un minuto della vostra attenzione. Non dovete lavorare nei fine settimana, perché nessuno lo fa e farlo creerebbe un brutto precedente. Inoltre, potete sposarvi e avere figli. Assicurazione sanitaria. Contributo pensionistico. Borsa di studio per i vostri figli. Sussidio per l’affitto. Aumenti salariali regolari. Impari a reclutare persone che non ti minacceranno: i mediocri, coloro che capiranno le regole del gioco”.



All’Onu circola così una battuta che è quasi un epitaffio sui suoi ottant’anni: l’unico malato che l’Organizzazione mondiale della sanità non è riuscito a curare è la burocrazia.

  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.

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