Da un woke all’altro: ora in America la cancellazione parte da destra

Dopo l’orgia di wokismo di sinistra che ha colpito università ed enti culturali ora è l’amministrazione Trump a voler aggiornare lo storytelling dell’America. Basta ricostruzioni dell’epoca della schiavitù, riferimenti alla cultura Lgbtq e agli impeachment dei presidenti. Lo scontro con lo Smithsonian

Nel 2026 gli Stati Uniti festeggeranno i 250 anni della loro storia, ma non è chiaro quale possa essere la narrazione comune con cui celebreranno l’Independence Day del 4 luglio. Da anni è in corso una rilettura del percorso storico da cui è nato il paese e dopo l’orgia di wokismo di sinistra che ha colpito università ed enti culturali, adesso è la volta dell’onda woke di destra, che promette di fare altrettanti danni. L’esempio più significativo è la battaglia in corso tra Donald Trump e lo Smithsonian, il conglomerato di spazi culturali a Washington che rappresenta la più grande istituzione museale al mondo. Un complesso di diciassette tra musei e centri di ricerca che è un po’ il cuore del racconto di “cos’è l’America”, destinato in particolare alle nuove generazioni.

“Lo Smithsonian è FUORI CONTROLLO – ha tuonato Trump sul suo profilo Truth, con il consueto eccesso di maiuscole – tutto quello che fa è discutere di quanto sia orribile il nostro Paese, di quanto fosse brutta la Schiavitù e di quanto poco hanno potuto fare gli oppressi. Niente sul Successo, niente sullo Splendore, niente sul Futuro”. Da mesi Trump minaccia di intervenire sulla Smithsonian Institution, una realtà governativa nata da un lascito dello scienziato britannico James Smithson che vive su un delicato equilibrio bipartisan fatto di indipendenza scientifica e finanziamenti pubblici. Adesso la Casa Bianca ha annunciato di aver messo in piedi una task force di avvocati incaricati di valutare testi e scelte delle opere in mostra, per eliminare quelle considerate woke. Si tratta, ha detto un portavoce di Trump al Washington Post, di far sì che lo Smithsonian “racconti la storia in un modo accurato, onesto e fattuale”.

In teoria un buon proposito, ma cosa significa in pratica lo dimostra la prima lista comparsa sul sito della Casa Bianca di opere ritenute da rimuovere. Al centro dell’attenzione sono finiti soprattutto il Museo nazionale di storia americana, il Museo di storia e cultura afroamericana, la Galleria dei ritratti e anche musei ancora in via di progettazione, come quelli dedicati ai latinos e alle donne. L’idea di fondo che anima l’Amministrazione è che vada raccontata una storia degli Stati Uniti più positiva e “great again”. Non piacciono a Trump e ai suoi revisori le eccessive – a loro dire – ricostruzioni dell’epoca della schiavitù, il ricordo della “Capanna dello zio Tom”, le mostre sugli schiavi nelle piantagioni che ogni anno vengono visitate da scolaresche in arrivo da tutto il paese. Non piace che venga ricordato che un genio come Benjamin Franklin fosse anche un proprietario di schiavi. Irrita che ci siano spazi di racconto dedicati alla “whiteness”, alla cultura dominante bianca messa in contrapposizione a quella delle minoranze.

Lindsay Halligan, l’avvocatessa trentacinquenne che Trump ha incaricato di guidare la revisione dello Smithsonian, in un’intervista a FoxNews ha negato si tratti di censura, descrivendo il processo in corso come un necessario aggiornamento dello storytelling dell’America. “Il fatto che il nostro paese sia stato coinvolto nella schiavitù è terribile, nessuno la pensa diversamente – ha detto Halligan – ma quello che ho visto personalmente visitando i musei è stata un’enfasi eccessiva sulla schiavitù, e penso che ci dovrebbe essere un’enfasi maggiore su quanta strada abbiamo fatto dai tempi della schiavitù”.

Non piacciono poi una serie di opere e mostre dedicate all’immigrazione, soprattutto quadri, foto e mostre che raccontano la sofferenza di chi ha cercato di raggiungere l’America dal confine con il Messico. Non piacciono i riferimenti alla cultura Lgtbq e non piace per niente che nella galleria dei ritratti sia stato inserito Anthony Fauci, l’ex direttore del National Institute of Health. Sono già stati fatti correggere, in una mostra sull’American Democracy, i pannelli dedicati alla storia dell’impeachment dei presidenti, una procedura avvenuta solo quattro volte, due delle quali nei confronti di Trump. Prima è stato rimosso ogni riferimento a Trump, poi sono emerse nuove didascalie molto più soft nei confronti del presidente.

Di più su questi argomenti:

Leave a comment

Your email address will not be published.