Decisivo il pressing dei leader per la candidatura dell’ex presidente dell’Inps. Cosa accadrà in caso di sconfitta? Intanto a Bari il Pd è ancora impantanato: stallo tra Decaro ed Emiliano
“Sento forte il dovere di restituire alla mia terra ciò che mi ha dato. Ho deciso di dare la mia disponibilità per una mia candidatura alla presidenza della regione”. Pasquale Tridico rompe gli indugi: è in campo. Sarà lui il candidato della coalizione di centrosinistra in Calabria a inizio ottobre. E pensare che quando Elly Schlein, poco più di una settimana fa, propose al M5s il suo nome, l’ex presidente dell’Inps e oggi capo delegazione del M5s all’Europarlamento, saltò sulla sedia. “Preferirei di no”, disse riluttante come Bartleby, lo scrivano di Herman Melville. Le preoccupazioni, questo giornale lo ha raccontato, erano diverse. Due su tutte. Le richieste della moglie che dopo il trasloco sarebbe rimasta volentieri in Belgio e il timore di chi lo avrebbe potuto accusare di lasciare la Ue dopo poco più di un anno dall’elezione. Come già accaduto ai suoi colleghi eurodeputati del Pd Matteo Ricci e Antonio Decaro, pronti a correre come candidati presidenti nelle loro regioni (Mache e Puglia). La vera fucina di candidati presidenti di regione del campo largo d’altronde si conferma l’ Europa.
Cosa farà dunque Tridico in caso di sconfitta? Resterà in Calabria a guidare l’eventuale opposizione a Occhiuto? O tornerà a coordinare la pattuglia dei 5 stelle europei? Sono domande che cominciano a circolare con una certa insistenza e senz’altro hanno alimentato anche i dubbi e i tentennamenti dell’ex presidente dell’Inps. “La testa gli diceva che non era il caso, ma il cuore… il cuore è un’altra cosa”, spiega Vittoria Baldino, deputata calabrese del M5s che qualcuno aveva già indicato come altra possibile candidata in caso di indisposizione di Tridico. Sarà stato il cuore, l’amore per la sua Calabria, sarà stato forse anche il lungo pressing telefonico che Schlein, Conte e tutti gli altri leader gli hanno fatto in questi giorni (compresi i quadri locali di Azione e riformisti), fatto sta che adesso, da riluttante che era, Tridico è in campo. L’ufficialità, dopo una telefonata tra i leader, arriverà oggi.
I dem calabresi già parlano di “generosità” del Pd, al quale pure sarebbe spettato, per rapporti di forza interni, di indicare il candidato. In realtà è stata proprio Schlein a lanciare la candidatura di Tridico, l’unica in grado di superare i veti dei dem locali – compresi il segretario Nicola Irto e il sindaco di Reggio Calabria Giuseppe Falcomatà che aspiravano alla candidatura e mai avrebbero accettato un’altra candidatura dei 5 stelle – e persino di Avs che rivendicava per sé la scelta del nome. “Con una candidatura di prestigio come quella di Tridico direi che i giochi sono finiti”, riconosceva ieri il segretario regionale del partito di Fratoianni e Bonelli, Ferdinando Pignataro. Anche perché, con “papà Reddito di cittadinanza”, il centrosinistra torna competitivo. “A destra sono preoccupati”, dice una vecchia volpe del Pd calabrese.
I guai per i dem infatti arrivano adesso sempre da sud, ma dall’altra costa, quella adriatica. In Puglia l’incontro tra Antonio Decaro e Michele Emiliano è andato male. I gran cerimonieri – i fedelissimi di Schlein, Igor Taruffi e Francesco Boccia – non sono riusciti a trovare una quadra. Emiliano vuole un ruolo anche nel futuro della Puglia, se non nelle liste almeno in giunta, con cariche per sé e i suoi fedelissimi. Vendola, l’altro ex presidente che Decaro non vuole in campo, è di Avs e quindi non può essere il Pd a chiedergli un passo indietro. E’ stallo. Se poi Decaro dovesse rinunciare, a questo punto, chiunque fosse candidato sarebbe considerato un burattino di Emiliano e Vendola. A meno che il candidato non fosse proprio Boccia. Ma il capogruppo del Pd al Senato ha altri sogni nel cassetto. Se il campo largo vincesse nel 2027, lui, Mr. Wolf di Schlein in persona, immagina per sé incarichi ben più prestigiosi. In questo ginepraio in tanti hanno cominciato a domandarsi “Ma Elly, dov’è?”. Lei per adesso si defila nella speranza che la matassa si srotoli senza il suo intervento.
E d’altronde che le cose siano più complicate proprio lì dove il Pd e i suoi capi bastone sono più forti lo si era già capito in Campania – dove la candidatura di Roberto Fico è ancora in ostaggio delle richieste di Vincenzo De Luca e Schlein ha cominciato a saggiare l’opposizione persino dei suo fedelissimi, vedi alla voce Sandro Ruotolo, furibondo per l’idea di dare la guida del partito campano a De Luca junior – e in Toscana, dove l’appoggio del Movimento al governatore Pd uscente Eugenio Giani – totalmente ininfluente per la vittoria – è stato pagato a caro prezzo, con un accordo di coalizione messo nero su bianco che accoglie tutte le richieste del M5s. A partire dal no al rigassificatore di Piombino.