Appassionati, indemoniati, commissariati. L’associazione giovanile del Partito democratico si avvicina finalmente a un congresso dopo anni di litigi e confusione. Storia di una tempesta politica
“Stanno in ferie fino al 25 agosto”. Il gendarme vicino al Nazareno tiene in braccio una mitra mentre ci avvisa, dopo appena uno squillo al citofono del partito. Volevamo sapere se fosse possibile iscriversi ai Giovani democratici. Provare a farlo sul sito ufficiale è impossibile. L’home page è una landa desolata, eterea, pare di vederci una balla di fieno che rotola. Sull’angolo dello schermo compare una scritta: “Acquista questo dominio”. Google ci propina lo spazio digitale che fino a qualche anno fa ospitava eventi, annunci e comunicati stampa dell’associazione giovanile del Partito democratico. Nel 2012 gli iscritti erano 50 mila, nel 2017 sono calati a 28 mila, oggi non si sa.
Democratici giovani e commissariati. Elly Schlein ha scelto l’avvocato Lorenzo Innocenzi per sanare l’odissea congressuale che da anni blocca le loro attività. Come accade ai dem grandi, anche fra i più piccoli si litiga tra correnti e schieramenti opposti, in mezzo a lotte intestine e carte bollate. Piuttosto singolare, se pensiamo che l’intraprendenza giovanile e la voglia di scollarsi dalla polvere dei dem adulti erano i primissimi semi della loro storia. Oggi la faccenda sembra vicina a una soluzione. Si cercano candidati freschi per la segreteria, nella speranza che le vecchie asprezze siano ormai annichilite.
“Tanti adolescenti si approcciano alla politica per la prima volta proprio grazie alla giovanile del Pd”, dice Andrea Casamassima. E’ nei Gd di Milano dal 2019, ma per lui è il momento di uscire dal nido. “Questi sono i miei ultimi mesi perché sto per compiere 30 anni. Si può entrare a 14, e dopo il compimento del ventinovesimo anno non si può più rinnovare la tessera”. Per il Nazareno si smette di essere giovani una volta toccati gli enta. E stanno per arrivarci anche tutti e tre i dem che negli ultimi anni si sono azzuffati per la leadership della segreteria nazionale.
C’è Tommaso Sasso, candidato che piace in zona Campidoglio e in aree dem vicine al deputato Claudio Mancini e al responsabile esteri del Pd Beppe Provenzano. Poi Paolo Romano, consigliere regionale lombardo e di area Schlein, e infine Claudio Mastrangelo, abruzzese e membro della direzione nazionale del Pd. Quest’ultimo si era già sfilato dalla corsa. Lo aveva annunciato al Foglio all’indomani della nomina dell’avvocato Lorenzo Innocenzi a commissario ad acta per il congresso che i Gd attendono da cinque anni. “Ormai tutti e tre ci muoviamo ad ampie falcate verso i 30 anni”, diceva il dem, con l’auspicio che l’arrivo di un legale al Nazareno potesse essere “l’opportunità per una nuova generazione di giovani democratici, per prendere in mano l’organizzazione giovanile e mettersi finalmente alle spalle le tossine di questi cinque anni”.
A confermare l’esclusione anche per gli altri due ci hanno pensato le ultimissime riunioni dei segretari provinciali: tutti fuori dai giochi, serve freschezza. Quella che caratterizza un po’ tutti i giovanotti delle varie sezioni dei Gd sparse per l’Italia. “Nel corso dell’anno ogni territorio crea le sue iniziative. Ma tutto è legato ai ritmi scolastici, perché i tesserati vanno ancora a scuola oppure studiano all’università. In prossimità delle festività o delle vacanze estive c’è molta più calma per organizzare eventi e dibattiti”, spiega Casamassima. E poi c’è una delle attività più classiche del proselitismo politico: volantinaggio davanti a scuole, biblioteche, atenei e tutti i luoghi dove si concentrano le persone nel target d’età giusto per interessarsi di diritti civili, sociali, salario minimo e così via.
Si entra a 14 anni e dopo i 29 non si può più rinnovare la tessera. Per il Nazareno, a 30 anni non si è più giovani
Finito? Macché. Un Gd dell’Emilia-Romagna ci liquida in pochi secondi: “Stiamo finendo di montare le ultime cose per una Festa dell’Unità che inizia proprio in questi giorni”. Con turni di volontariato “si dà una mano a organizzare tutti gli eventi del partito dei grandi”, prosegue il quasi non più giovane dem milanese. Ovviamente il supporto è reciproco. Per allestire gli eventi spesso i Gd si appoggiano agli spazi dei circoli Pd, offerti gratuitamente, sempre che non si preferisca prenotarne uno in autonomia. Ma con quali soldi? “La principale fonte di sostentamento sono gli iscritti, ma essendo studenti hanno tutti poca disponibilità economica”, dice Casamassima. Il prezzo di una tessera dei Gd è pari a 10 euro, “ma un under 30 può iscriversi automaticamente sia al Pd che ai Giovani democratici con una quota minima di 17,50 euro”, spiega Edoardo Gussoni, segretario del Gd Milano del Municipio 8. In poche parole, prendi due e paghi uno. “Vedremo il regolamento congressuale cosa prevederà. Anni fa per tesserarsi alla giovanile bastavano 5 euro”, ci dice Alberto Bortolotti, ex responsabile Europa dei Gd Lombardia.
Oltre alle tessere, le casse dei piccoli dem si rimpinguano grazie a donazioni e raccolte fondi. Se un membro della giovanile riesce a farsi eleggere da qualche parte, è buona prassi fornire contributi economici più sostanziosi. E qualora un parlamentare Pd si interessi delle sorti di questa o quella sezione dei Gd, sfociamo nel mecenatismo.
Con una tessera sola gli under 30 si possono iscrivere ai Gd e anche al Pd. Prendi due e paghi uno
Il manifesto fondativo è datato 6 settembre 2008. Nell’associazione confluiscono i ragazzi di Sinistra Giovanile, l’organizzazione del Partito Democratico della Sinistra (prima) e dei Democratici di Sinistra (dopo), e quelli dei Giovani della Margherita, afferente al partito centrista di Francesco Rutelli. Le due giovanili si fondono, così come le due entità più grandi si mescolano nel nuovo inquilino di Via Sant’Andrea delle Fratte, il Pd, fondato nell’ottobre del 2007. Le primarie dei giovani premiano Fausto Raciti (dalemiano e ultimo segretario di Sg) con il 77 per cento dei consensi. Il secondo nome più votato (anche se con solo il 10 per cento) è quello di Giulia Innocenzi, mosca bianca radicale dell’Associazione Coscioni e oggi giornalista e regista.
I princìpi che muovono i Gd sono quelli del partito-madre: costruzione dell’identità europea, la spinta verso una sinistra liberale e i diritti civili. Oltre alla rivoluzione liberale di Gobetti, nel manifesto si sottolinea anche la necessaria autonomia dell’organizzazione giovanile dal Pd. Eppure, giovanotti e senior svolgono i loro lavori sempre al Nazareno, e qualche minima influenza ci dovrà pur essere. “I giovani avevano un po’ di voce in capitolo sulle decisioni di partito, ma dipendeva dalla segreteria di turno”. A dirlo è Enrico Pagano. Oggi la politica non la pratica più, ma a 26 anni era il presidente dei Gd romani. Poi nel 2019 in diretta televisiva su La7 annunciò di dimettersi nell’eventualità in cui il Pd di Zingaretti avesse firmato un accordo col Movimento cinque stelle per governare insieme. Un paio di giorni dopo arriva il governo Conte II, Beppe Grillo strilla ai giovani dem “E’ il vostro momento!”, e Pagano trasloca in Azione insieme a Carlo Calenda. “Alle elezioni politiche del 2012 Bersani ha dato la possibilità a molti giovani di giocarsela. Poi la segreteria di Renzi ha investito sulla nostra formazione lanciando Classe Dem, la scuola di politica del Pd”, spiega l’ex presidente. Maurizio Martina ha dato poco, non fosse altro che per i pochissimi mesi in segreteria. Ma nel 2019 è il turno di Nicola Zingaretti, allevato tra le file della Federazione giovanile comunista italiana e in seguito segretario della Sinistra giovanile: “Grazie al suo passato, ha avuto sempre un occhio di riguardo per noi”, dice Pagano.
In realtà è proprio con quella segreteria che la situazione si incrina. “I problemi sono iniziati quando Zingaretti ha modificato lo statuto rendendo automaticamente gli under 30 del Pd anche iscritti ai Gd”, dice Giuditta Pini, ex deputata e già segretaria dei Gd Modena. Quel prendi due-paghi uno è suonato come un tentativo da parte del Nazareno di diluire e confondere fra loro i tesseramenti tra grandi e piccoli. “Questo automatismo era presente già nei primi anni dell’associazione, ma i Gd fecero una grandissima battaglia per rimuoverlo”. Con un tesseramento separato il partito ha molta meno possibilità di influenzare le attività dei giovani. “Nel caso opposto – prosegue Pini – il partito permette di far entrare nei Gd qualsiasi persona sotto i 30 anni, che magari non è neanche interessata, e soprattutto senza che l’organismo dei Giovani abbia voce in capitolo sul suo ingresso o meno. Così facendo l’associazione perde la sua autonomia”.
Dentro di essa i piccoli imitano i grandi, anche nei giochini di potere. Alla soglia del congresso nazionale per trovare il successore di Andrea Baldini, all’epoca coordinatore-reggente, nel 2016 viene pubblicato un regolamento congressuale che sembra restringere il più possibile la cerchia dei votanti. Si può aderire solo telematicamente e previo pagamento di una quota di due euro tramite carta di credito. “E’ discriminante, io e tanti coetanei non ce l’abbiamo”, spiegava al Foglio Andrea Furegato, presidente della Consulta degli studenti di Lodi, minacciando di fare ricorso alla Commissione nazionale di garanzia. Contemporaneamente in molte sedi fioccano presunti casi di tesseramenti gonfiati. Parte dei giovani di Bergamo sospettano irregolarità sul tesseramento da parte dell’esecutivo provinciale, mentre a Roma si denunciano anagrafiche degli iscritti con dati incompleti. Nel febbraio dello stesso anno alcuni dirigenti bastonano, tramite lettera, i vertici nazionali dell’associazione per non aver vigilato abbastanza sulle iscrizioni alle giovanili “al fine di evitare tesseramenti gonfiati o problematici”.
Dalla Lombardia si lanciano sassi all’establishment di Baldini: “Non vi lasceremo fare i vostri sporchi giochi e lotteremo strenuamente finché non verrà ripristinata la democrazia all’interno dei Giovani democratici”. E alla fine – con oltre 20mila voti – a spuntarla è Mattia Zunino, sostenuto dal coordinatore uscente e da Future Dem, formazione parallela dei giovani riformisti nata nel 2012 su spinta di Renzi, all’indomani della sua sconfitta alle primarie contro Bersani. Un corpo estraneo, secondo molti Gd. “Oggi è difficile parlare di correnti all’interno dell’associazione, c’è un po’ più di uniformità. Ma sotto Zunino lo scontro tra renziani e la fazione più a sinistra era molto presente”, ci dice un ex giovane dem, da pochi mesi trentenne, che preferisce rimanere anonimo. “Alla Leopolda si respirava bene il distacco fra quelle due fazioni, ma anche nelle direzioni nazionali. In pratica si replicava lo stesso schema che si vedeva nel partito vero e proprio”. Renziani contro il mondo. “Le correnti avevano certamente un peso dentro i Gd, ma variava da regione e regione – ricorda Giuditta Pini – E poi essere piccoli era un vantaggio, perché non sei completamente dentro le dinamiche dei dem più grandi. Di conseguenza, certi schieramenti si potevano replicare così come scardinare, creando alleanze assolutamente inedite se non impossibili nel partito normale”.
Oltre alle beghe locali, anche le lotte per scalare il partito si fanno più ruvide. “I giovani democratici, come tutte le federazioni giovanili, avevano la possibilità di inserire un loro membro nelle liste ed entrare in Parlamento”, ci dice l’ex Gd Pagano. Le politiche del 2013, stravinte dal Pd di Bersani, sono state generose per gli under 30: Anna Ascani, poco più che venticinquenne, è diventata la più giovane deputata della legislatura, seguita dai quasi trentenni Giuditta Pini e Fausto Raciti, e anche da volti noti dei Gd locali, seppure di poco oltre i 30 anni, come Miriam Cominelli e Valentina Paris. Da menzionare (pur non essendo nei Gd) anche Enzo Lattuca che – eletto deputato a 25 anni e 15 giorni – è diventato il più giovane parlamentare di tutta la storia dell’Italia repubblicana. “Col trascorrere degli anni, però, lo slot a nostra disposizione è diventato uno solo, e molti hanno cominciato a sfruttare la giovanile come un trampolino di lancio per entrare a Palazzo, scatenando delle guerre fratricide”, ricorda Pagano. Pochi posti in paradiso, una guerra all’ultima bistecca.
Dopo le politiche del 2013, lo slot per il Parlamento si è ridotto. Scatenando una guerra fratricida tra i Gd
E’ con questo spirito che si scivola verso quel pasticciaccio brutto del 2020. Il congresso organizzato nella prima estate del Covid per decidere il nuovo segretario dei Gd, dopo Zunino, dà un risultato incerto. Le due mozioni contrapposte – una di Raffaele Marras e una di Caterina Cerroni – annunciano entrambe la vittoria. “Il risultato era sul filo del rasoio, ma Cerroni era leggermente avanti”, dice l’anonimo ex Gd romano. Da qui seguono mesi di conteggi, riconteggi e accuse reciproche di brogli. E in mezzo al caos, la commissione congresso si dimette in blocco, senza annunciare il vincitore.
A sbloccare l’impasse ci ha pensato l’allora segretario Letta, nominandoli entrambi coordinatori. Ma il tandem politico ha influito poco sull’andamento dell’associazione, secondo il nostro interlocutore: “In sostanza una stava in segreteria nazionale, mentre l’altro faceva un po’ di scorribanda in Sardegna. Sulla carta sarebbero dovuti scadere dopo pochi mesi. Ma sono decaduti solo pochissimo tempo fa”. Colpa di un congresso che non arrivava mai. “Avremmo dovuto avere un regolamento congressuale alla Festa dell’Unità di Ravenna del 2023. La bozza invece è arrivata qualche giorno fa, dopo il commissariamento”.
Dalle prime riunioni dei segretari regionali, provinciali e delle aree metropolitane è emerso che il nuovo testo ricalca la disciplina e le regole dei congressi del Pd. “Sarà pubblicato nei prossimi giorni sul sito del Partito democratico e costituirà la base di un percorso trasparente, partecipato e condiviso da tutta la comunità dei Gd”, fa sapere il Nazareno in una nota. L’appuntamento per l’assemblea nazionale è fissato a novembre. In quell’autunno caldo “oltre 600 delegati da ogni parte d’Italia si riuniranno per eleggere il nuovo gruppo dirigente dei Giovani democratici”, prosegue il comunicato.
L’accelerazione verso il congresso si attendeva in realtà già dai primi mesi in cui Elly Schlein ha conquistato la segreteria del Pd, nel marzo 2023. “C’è stato molto entusiasmo fra i Giovani democratici in quel momento – afferma Casamassima – gran parte di noi l’hanno sostenuta, e anche tanti non iscritti si sono avvicinati al partito proprio dopo la sua vittoria”.
Lei, la più giovane alla guida del partito. Lei, che dopo l’affossamento della candidatura di Prodi al Quirinale nel 2013 per mano dei franchi tiratori, occupa le sedi del partito insieme ad altri baby dem indignati al grido di #OccupyPd. Nel dicembre 2020 anche qualche Gd adotta lo stesso approccio, e prende possesso della pagina Facebook dell’associazione. “Pagina occupata. Operazione verità”, si leggeva nell’enorme scritta gialla, subito rimossa. La lezione è stata seguita meglio dai giovani di Fratelli d’Italia, che a metà agosto si sono barricati dentro la sede della federazione romana da via di Sommacampagna per protestare contro il tentato trasferimento alla Garbatella. Il tutto, costringendo polizia e digos a intervenire.
Quella spinta propulsiva, però, non arriva. Schlein lascia i pischelli dem a galleggiare fra i veleni e l’incertezza. Fino a quando, a inizio 2024, oltre 200 militanti si incontrano a Roma e minacciano di sfilare sotto la sede del Pd per “fare casino”. Non una bella cartolina per il partito a pochi mesi dalle elezioni europee. Interviene Igor Taruffi, responsabile organizzazione del Pd, che chiede ai tre contendenti alla segreteria un incontro, promettendo finalmente regole chiare e una data definitiva.
Oggi fra i dem si registra entusiasmo. “La segreteria nazionale ha dato una mano per far ripartire i motori – dice Michele Fina, senatore e tesoriere del Pd – Il partito farà un investimento straordinario sui Gd, sia in termini di attenzione, spazio politico, e risorse economiche”. E a quanto ammonteranno? “Tutto quello che serve. Le loro attività sono già ben presenti su base territoriale, serve cucire tutto a livello nazionale”.
“Il partito investirà tutto quello che serve per ricucire i Gd a livello nazionale”, dice Fina, tesoriere del Pd
Si attende l’autunno per mettere a posto i cocci dei giovanotti, e dal Nazareno si pretende quiete: “Il partito ha chiesto ai Gd di non rispondere ai giornalisti, in questa fase così delicata”, ci dice il nostro anonimo ex giovane dem. Sembra però che gli unici ad aver seguito il consiglio siano stati i tre (ormai) ex contendenti alla segreteria, che in cinque anni ormai si sono fatti grandi. “Grazie per l’attenzione, ma in questo momento è più corretto non esporsi”, rispondono in coro Mastrangelo e Sasso. Romano invece silenzia direttamente il telefono. Qualcosa si muove lentamente, anche se il prezzo da pagare per una nuova leadership pare essere un’autonomia sempre più sottile. Prima i tesseramenti agganciati, poi un regolamento a immagine e somiglianza di quello del Nazareno: i Giovani democratici ne escono invecchiati, una versione miniaturizzata del Pd, dove a gestire il traffico è un avvocato. Dalla passione politica fra i banchi di scuola alla burocrazia delle carte bollate. Già essere adolescenti è difficile, figurarsi se si è pure di sinistra.