Gli europei consigliano al capo della Casa Bianca di usare le maniere forti con il Cremlino, ma nemmeno il drone russo esploso in Polonia convince il presidente americano a pretendere chiarezza da Mosca
Donald Trump è impaziente di avere una data e una località in cui organizzare l’incontro fra il presidente ucraino Volodymyr Zelensky e il capo del Cremlino Vladimir Putin. Ha fatto sapere che entro fine agosto il vertice avverrà. Zelensky ha dato la sua disponibilità a sedersi di fronte all’autore della guerra contro il suo paese. Putin non ha detto nulla, almeno ufficialmente. La Casa Bianca ha fatto sapere di essere al lavoro per organizzare, dai russi non escono notizie. La scommessa di Mosca è semplice: dopo questo sforzo per ottenere dei colloqui, se non avrà successo Trump si stancherà di lavorare a un accordo. Il capo della Casa Bianca non ha dato nessun nuovo ultimatum a Vladimir Putin, il capo del Cremlino può continuare a tentennare sull’incontro con Zelensky quanto vuole, nel frattempo potrebbe pretendere condizioni sempre più severe per l’Ucraina in cambio delle quali concedere un vertice. Ad Anchorage, in Alaska, il 15 agosto, nell’unica frase pronunciata in inglese, Putin ha già svelato come intende proseguire i negoziati: con un altro bilaterale, non con Zelensky ma con Trump, a Mosca (“Next time in Moscow”). Fonti europee hanno riferito al Foglio che i leader arrivati alla Casa Bianca lunedì 18 agosto, in compagnia del presidente ucraino, avrebbero suggerito a Trump di costringere Putin a incontrare Zelensky minacciando “gravi conseguenze” e sanzioni se il vertice non dovesse tenersi entro fine agosto per complicanze create dal Cremlino. Trump non ha voluto.
Tutte le decisioni importanti sono state rimandate, ogni giorno sembra il decisivo e invece conduce verso altre attese, mentre l’Ucraina continua a essere colpita dagli attacchi di Mosca.
L’alacrità di Trump per organizzare l’incontro è stata notata da alcuni leader internazionali finiti ai margini dei negoziati. Chi ha capito quanto il presidente americano tenga ad avere il vertice inizia a offrirsi come possibile ospite. Il premier ungherese Viktor Orbán ha ricevuto una telefonata da parte di Trump lunedì scorso, mentre i leader dei volenterosi erano con Zelensky alla Casa Bianca. Secondo Bloomberg, Trump avrebbe chiesto a Orbán di eliminare il suo veto sull’ingresso di Kyiv nell’Unione europea, ma durante la telefonata è uscito anche il tema del vertice e l’Ungheria sarebbe contenta di essere il teatro di un faccia a faccia tanto storico. O anche per il trilaterale, quando, come annunciato da Trump, per un terzo incontro sarà lui a unirsi ai presidenti di Ucraina e Russia. Nella lista dei luoghi che rendono ancora più improbabile l’incontro è finita anche Minsk, la capitale della Bielorussia, alleata di Mosca nella guerra contro l’Ucraina. Trump ha chiamato il dittatore bielorusso Aljaksandr Lukashenka mentre era in volo verso Anchorage, venerdì scorso. I due hanno parlato della liberazione dei prigionieri politici rinchiusi nelle carceri di Minsk, Lukashenka, che Trump ha definito “highly respected” (molto stimato), ha invitato il presidente americano in Bielorussia. Durante la conversazione è uscito l’argomento del trilaterale e anche il dittatore bielorusso ne ha approfittato per fare la sua offerta: venite a Minsk. Trump ha intanto accettato l’invito personale per una visita in Bielorussia. Il suo arrivo a Minsk normalizzerebbe il dittatore che sul suo ruolo di mediatore per conto della Russia ha sempre fantasticato. Budapest e Minsk accompagnano i nomi di tre trattati che all’Ucraina non hanno portato nulla di buono con Mosca: “Forse sono superstizioso, ma questa volta proverei a trovare un altro posto”, ha commentato Donald Tusk, premier di un paese, la Polonia, in cui ieri è esploso un drone militare mandato dalla Russia.