Balconi affittati, Ncc infuriati, volti Rai. Il racconto dell’ultimo saluto al presentatore che ha fatto la storia della televisione italiana
Militello, dal nostro inviato. La sola grande opera della Sicilia è il funerale, qui è il lutto la molla del progresso. Gli ha fatto l’ultimo regalo, il suo sipario, la kermesse del San Pippo Baudo a Militello, il crisantemo e la “cassatedda” come addio. Balconi affittati per la diretta televisiva (c’è chi dice a colpi di 500 euro) bar presi d’assalto, autisti di Ncc che maledicono presunti dirigenti Rai (che non hanno pagato il conto), corazzieri che svengono per il troppo caldo, vecchie glorie con il parrucchino e le scarpe di vernice, il settimanale Vanity Fair fra le testate accreditate, gli arrivi di Al Bano, Gigi D’Alessio e Lorella Cuccarini… E’ il funerale baldoria e sagra, il funerale Pnrr, la bara di Baudo che spinge la regione Sicilia a “potenziare i trasporti”, la bara vanto perché, dice con tenerezza il sindaco di Militello, Giovanni Burtone, del Pd, “Pippo è stato l’Enrico Mattei della Rai e ogni volta che tornava a Militello non voleva barriere. Ha scelto di essere seppellito qui”.
Si litiga per accedere in chiesa, Santa Maria della Stella, si smanaccia perché, per il funzionario della questura, sono “300 i soli giornalisti, ma ci sono anche gli artisti, i parenti, le autorità. Comprendete?”. Si fingono tutti cugini di Baudo e garantiscono che Baudo li ha sposati e che ha battezzato i loro figli: “Non ci crede?”. Si va a caccia delle foto di Baudo chierichetto e la chiusura cittadina, prevista per rispetto, si rovescia nell’apertura straordinaria. La sala stampa viene improvvisata presso l’archivio del comune. Funziona tutto come dovrebbe funzionare, nella Sicilia che non funziona. La gelataia del Bar Faragone si domanda: “Dovevamo essere chiusi per lutto, ma qui si mangia, eccome, se si mangia. Grazie a Pippo”.
Un paese di seimila e duecento abitanti (“eravamo 15 mila vent’anni fa”) uno dei borghi davvero più belli d’Italia, ma ormai spopolato e pieno di cartelli “si vende” (un trilocale ve lo cedono a 20 mila euro) si offre alla Rai, a Mediaset, ad Antenna Sicilia che qui vale più della Bbc. Il vescovo di Caltagirone, Calogero Peri, parla del dolore di Baudo, della morfina, ma c’è anche il parroco, Giuseppe Luparello, che nell’omelia svelerà i segreti di Baudo: “Pippo mi ha confidato che il successo non riempie il cuore. Si è battuto fino alla fine contro la mafia, un male da estirpare”. Sono sedici i preti concelebranti, sedici, e gira la testa fra agenti di Finanza, Polizia, un cordone da capo di stato, come per Mattarella, che, e lo dice ancora Burtone, “riteneva Baudo l’espressione dell’Italia migliore”. All’entrata del paese due camion sandwich sostano con la foto gigante: “Ciao Pippo, Grazie Pippo”. In piazza hanno allestito il megaschermo come fosse la finale dell’Italia al Mondiale. Chiunque vorrebbe morire come Baudo, con le mamme siciliane venute in piazza con la borsa termica, i panini e l’ombrellone, “sa, per il sole”. Vi conducono fino alla sua vecchia abitazione, “questa è casa Baudo, dei genitori”, vi fanno da informatori, “ci sarà anche il figlio australiano di Pippo”. Chiunque vuole morire così, ma può una morte essere tutta la vita di un’isola?(segue a pagina due)
Cosa resta alla Sicilia? Funerali, stragi, naufragi, incendi e ultimamente truffe minori. Sono morti Sciascia, Battiato e Camilleri e ora se ne va Baudo che, spiega il direttore del quotidiano la Sicilia Antonello Piraneo, “tutti gli italiani conoscevano. Anche i bambini. Fai la prova. Se chiedi chi è Pelè può capitare che qualcuno ti dica: chi? Ma nessuno dirà: Baudo, chi?”. Vogliono ancora lui, Baudo, tanto che anche la mezza star della Rai, Alberto Matano, che si presenta a Militello, fa la figura del passante. Desiderano ancora la vecchia televisione, che non torna, come si rivuole l’amore dei vent’anni. Solo per Lorella Cuccarini e Al Bano scatta la corsa: “Mih, Al Bano arrivò!”. Il grande regista qui non è Sorrentino ma Michele Guardì dei “Fatti Vostri” che piange, piange, come piange l’assistente di Baudo, Dina Minna, “la Dina” che a Militello era di casa, Dina che, ricorda il prete, “è rimasta sempre vicina”. E’ vero che si stanno prendendo un pezzo di Baudo, e se lo prendono le mezze tacche, i saltimbanchi, i cantanti stonati. Se lo prende il presidente della regione Sicilia, Renato Schifani, che corre a farsi fotografare insieme al ministro Adolfo Urso, il sottosegretario Mazzi e poi Ignazio La Russa, il presidente del Senato, che almeno ha il gusto della battuta: “Di Baudo io posso dire: l’ho scoperto io già a nove anni”. Ci sono le corone di fiori della Camera e del Quirinale e le rose rosse del comune di Castelraimondo, ci sono i volontari della Croce Rossa che sono stati mobilitati da ogni paese della provincia. Uno di loro si avvicina e fa sapere: “Vengo da Belpasso, distaccato come tutti quelli che vedi. E’ un servizio d’ordine imponente, ma per Pippuzzo si fa”. Arriva Gigi D’Alessio che si collega con il Tg1 di Gian Marco Chiocci e che spiega Baudo con la metafora del passaporto: “Quando hai il timbro di Baudo puoi andare ovunque”. Solo che Baudo tornava a Militello, accettava perfino di fare il presidente del Teatro Stabile di Catania. Fu lui a far conoscere ai catanesi il teatro di Emma Dante o di Pippo Delbono, i grandi nomi che le matricole di Lettere leggevano sui cartelloni del Teatro Argentina di Roma. Baudo non ha mai deciso, come hanno fatto alcuni siciliani, “mai sotto le Eolie. Mai più”.
Baudo è rimasto. Non è tanto, e non è solo la Rai, per cui lo celebrano. Gli riconoscono la fatica dello studiare, quella vecchia idea che in Sicilia è sempre più logora, “studia e vedrai”, macché, una frase ormai buona per “Carosello”. E’ probabile che anche Baudo avrebbe avuto a noia questo “Baudogiro”, questo interminabile funerale che è il funerale delle idee, delle tv, dei giornali, lo spremere fino alla fine le vite e le teste, gli archivi, di Baudo, questa convinzione balorda che chi fa cose belle, buone, le possa replicare, a gettone. Militello se lo merita, ma il resto dell’isola? A che serve dire in Sicilia, come già fanno: gli dedicheremo statue e vie? E’ da due anni che il terminal dell’aeroporto di Catania, il terminal che nel 2023 prese fuoco, è in riparazione. Due anni. Solo Baudo, ostinato, voleva tornarci, perfino da morto. Qui le salme sono l’unico ponte con il progresso.