Il “sì” di Hamas alla proposta di tregua è un passo indietro, non un accordo globale

Gli israeliani scioperano per chiedere la fine della guerra a Gaza e un accordo per liberare tutti gli ostaggi. Al Cairo i terroristi accettano la vecchia offerta di Witkoff: dieci ostaggi vivi e diciotto morti nei primi 60 giorni. Un imbroglio per approfittarsi delle pressioni interne e mettere Israele con le spalle al muro

Hamas osserva Israele, lo studia e gli usa contro le sue stesse emozioni. È difficile non trovare una consequenzialità tra il grande sciopero iniziato in Israele domenica per chiedere la fine della guerra a Gaza e la notizia diffusa dall’emittente qatarina Al Jazeera, secondo la quale Hamas avrebbe accettato un’ultima proposta presentata dal Cairo e da Doha per la liberazione degli ostaggi e un cessate il fuoco. La proposta che il gruppo di terroristi avrebbe accettato è simile a quella avanzata dall’inviato americano per il medio oriente Steve Witkoff il mese scorso e prevede la liberazione di dieci ostaggi vivi e diciotto morti per sessanta giorni di cessate il fuoco, durante i quali negoziare la fine della guerra. Per liberare gli ostaggi rapiti il 7 ottobre, Hamas pretende la scarcerazione di 140 palestinesi condannati all’ergastolo, di 60 detenuti con una pena di oltre quindici anni, e di tutti minorenni. Per il restituire i cadaveri degli ostaggi, vuole i corpi dei terroristi tenuti dagli israeliani, non è chiaro quanti né se nella lista vogliano Yahya Sinwar. Israele aveva già accettato la proposta di Witkoff, Hamas aveva rifiutato e da parte del governo israeliano era arrivato un ultimatum: o un accordo globale per la liberazione di tutti gli ostaggi insieme o l’invasione di Gaza City.

Oggi il presidente americano Donald Trump ha scritto sulla sua piattaforma Truth che i terroristi avrebbero liberato gli ostaggi soltanto una volta sconfitti, lasciando intendere di concordare con il piano di Israele di entrare nelle roccaforti di Hamas. Il gruppo nella Striscia non ha la forza e l’organizzazione che aveva il 7 ottobre, non sarebbe in grado di compiere un attacco tanto pianificato e coordinato, ma le intenzioni rimangono. Ha perso i suoi miliziani migliori, i suoi comandanti più carismatici, ma rimane in grado di gestire tutto quello che accade nella Striscia. Giovedì in alcune città, inclusa Gaza City, sono state convocate delle proteste contro i terroristi, un segnale che per parte dei palestinesi il destino di Gaza non può più essere legato a Hamas.

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