La svolta della Bolivia: dopo vent’anni non avrà un presidente di sinistra

Il candidato democristiano Paz Pereira sorprende i sondaggi e supera l’ex presidente: andrà al ballottaggio con Quiroga. Dopo due decenni di dominio del Mas, la crisi economica spinge l’elettorato verso il centrodestra. Evo Morales è isolato e latitante

“La Bolivia chiede non solo un cambio di governo, ma un cambio di sistema politico”, dice ora Rodrigo Paz Pereira, promettendo “un capitalismo per tutti”. “È finita in Bolivia una notte di due decadi”, è il commento di Jorge “Tuto” Quiroga Ramírez, che annuncia a sua volta “un cambio radicale” e un taglio drastico della spesa pubblica. Sono loro due che al primo turno delle presidenziali boliviane si sono classificati per il ballottaggio del 19 ottobre.

Sotto un certo aspetto, è una grossa sorpresa. Rodrigo Paz Pereira è infatti arrivato primo col 32,14 per cento dei voti, quando i sondaggi lo davano appena quinto, con poco più del 6 per cento delle intenzioni di voto. Ma è comunque confermato che dopo un ventennio di egemonia del Movimento al Socialismo l’area politica corrispondente a quello che fu il partito di Evo Morales è stata marginalizzata.

Classe 1967, Rodrigo Paz Pereira è figlio di quel Jaime Paz Zamora che fu presidente socialdemocratico tra 1989 e 1993, e il cui padre era a sua volta cugino di Víctor Paz Estenssoro, fondatore del Movimento Nazionalista Rivoluzionario che con la rivoluzione del 1952 fece la nazionalizzazione delle miniere e la riforma agraria. Inventò anche la musica andina come simbolo di unità nazionale, ma il tutto d’accordo con gli Usa, come misure riformiste per prevenire il comunismo. Presidente nel 1952-1956, 1960-1964, e 1985-1989, nel suo ultimo mandato fu però fautore del neoliberalismo, in risposta ai disastri fatti da un governo di sinistra. È più o meno la posizione in cui si trova ora il nipote, che per conto suo si dichiara democristiano.

Al ballottaggio va con Jorge Quiroga Ramírez, della Alianza Libre di centrodestra, che fu già presidente dal 2001 al 2002 e che è passato dal 20 per cento dei sondaggi al 26,81. È invece arrivato solo terzo Samuel Doria Medina: importante imprenditore, magnate delle costruzioni e anche titolare della Burger King boliviana. Aveva dalla sua la sponsorizzazione dell’Internazionale Socialista, ma la sua coalizione aveva un profilo centrista e stava evocando il modello Milei per rimettere a posto l’economia. Dall’oltre 21 per cento che gli davano i sondaggi, con il primo posto, si è invece fermato al 19,86. Medina ha promesso il proprio appoggio a Paz Pereira: se i suoi elettori gli danno retta basterebbe a farlo vincere. L’ondata a destra è completata dal 6,62 per cento che ha ottenuto il sindaco di Cochabamba, Manfred Reyes Villa, anche se è un terzo in meno di quanto gli davano i sondaggi.

Il Mas sarebbe stato in crisi per la gravissima crisi economica, con il crollo della produzione di gas e una inflazione galoppante. In più si è unita la feroce faida tra Morales e il presidente Luis Arce, che dopo essere stato suo stimato ministro dell’Economia era stato eletto come suo erede politico, quando nel 2020 Morales non poteva candidarsi dopo la rivolta del 2019. Ma i due hanno poi rotto, perché Arce si è rifiutato da fare da prestanome. Il partito si è spaccato, Morales ha organizzato proteste contro il governo, mentre gli arrivava non solo la definitiva esclusione dalla possibilità di candidarsi, ma anche un ordine di arresto per una quantità di imputazioni: stupro di minore, tratta di esseri umani aggravata, diffamazione, terrorismo e istigazione.



Arce alla fine non ha avuto il coraggio di candidarsi, e il Mas ha presentato l’ex ministro dell’Interno Eduardo Del Castilo, che si è fermato al 3,16. Molto meglio è andato il presidente del Senato, il 37enne Andrónico Rodríguez, che ha rotto con entrambi. Ma anche lui non ha oltrepassato l’8,22. Latitante e asserragliato nella sua roccaforte del Chapare, protetto da una milizia di fedelissimi che il governo non osa sfidare, Morales ha predicato il voto bianco e nullo, che però non arriva neanche al 22 per cento. Secondo le prime analisi, gli elettori di sinistra delusi all’ultimo momento si sarebbero orientati piuttosto su Paz Pereira, considerandolo come l’opzione più moderata disponibile e determinando il suo exploit.

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