Fresco campione d’Europa, il portiere migliore del mondo è relegato a ruolo di reietto, condannato a non vincere il Pallone d’oro a causa di uno sfregio, un marchio disegnato sul volto: quello di “sgradito”. Luis il mago non lo vuole più, e lo dichiara con coraggio a tutto il mondo
La solitudine è una bella compagnia. Eppure la rifuggiamo, come si scappa da una paura. Ci sono momenti in cui si dovrebbe restare soli per capire, e altri per non capire, accontentandosi di perdonarsi e di perdonare, senza pretendere di dare una spiegazione a ciò che di sbagliato pensiamo di aver fatto. Mi immagino la solitudine di Donnarumma, fresco campione d’Europa. Pensa e ripensa ai quattro anni vissuti in Francia, alle vittorie e alle sconfitte. A quella palla perduta tre anni fa al Bernabeu contro Benzema, e a tutte le parate che hanno permesso al Paris Saint-Germain di vincere quest’anno la Champions League. E soprattutto, all’abbraccio ricevuto dal Luis Enrique dopo il successo contro l’Inter, un abbraccio falso (con il senno di poi) e oltremodo beffardo.
Il miglior portiere del mondo relegato a ruolo di reietto, condannato a non vincere il Pallone d’oro (è, o forse era un candidato autorevole) a causa di uno sfregio, un marchio disegnato sul volto (ce l’ha per davvero), quello di “sgradito”. Il motivo ufficiale è che Luis il mago non lo vuole più, dichiarandolo con coraggio a tutto il mondo (perché ce ne vuole di coraggio a dirlo). Donnarumma non piace per i suoi impacci palla al piede, in un calcio sempre più totale.
Mi torna in mente il portiere della grande Olanda, quella degli anni Settanta. Si chiamava Jongbloed, e sembrava un portiere per caso. Camminava avanti e indietro, in lungo in largo nella sua area, difficilmente stava in porta. Nei miei ricordi di bambino mi pare addirittura di averlo visto fischiettare durante una delle due finali mondiali giocate, ma forse è solo una suggestione della memoria. Prima di essere convocato in Nazionale, gestiva una tabaccheria, e con lo stesso spirito si occupava della sua porta. Un pacchetto senza filtro? Prego signor Gerd (Muller), ecco le sue sigarette preferite. Parava eretto, quasi senza buttarsi, e infatti parava poco. Però era bravo con i piedi, anzi bravissimo, il primo regista della squadra, tanto che Rinus Michels gli aveva messo sulle spalle il numero 8.
Quell’Olanda giocava più o meno come il Psg campione d’Europa: possesso, squadra corta, grande pressing. Il ricordo di Jongbloed è pieno di nostalgia: quanto lo amai! Mi sembrava un oggetto strano, qualcosa di avulso dal calcio, una parola stonata dentro una poesia. Quel portiere non sapeva parare, eppur giocava, mentre Donnarumma sa fare il contrario, eppur qualcuno non lo vuole più. Il tempo ha ribaltato il gusto, come si fa con un maglione verde e celeste, oggi abbinato con nonchalance mentre una volta adoperato come straccio. Ma non pensare a questo, caro Gigio, quando da solo ti troverai a riflettere. E anzi in solitudine perdonali, perché probabilmente non hanno proprio idea di ciò che fanno.