L’uso della Guardia nazionale nella capitale diventa un test di forza politica, tra esigenze di sicurezza e rischi per l’equilibrio federale
Milano. La decisione del presidente americano Donald Trump di militarizzare Washington somiglia a quella di qualche mese fa a Los Angeles. Invece dei migranti e i “bad hombre” da rimandare indietro, a D. C. il target della Guardia nazionale sono i criminali “assetati di sangue”, le “gang violente” e i senzatetto, che con le loro tende sistemate lungo i viali che portano al Campidoglio rovinano il senso trumpiano del decoro nella capitale. I critici hanno accusato Trump di aver usato una scusa bannoniana per non parlare dei file del pedofilo Jeffrey Epstein, altri hanno tirato fuori i dati per sottolineare che le sparatorie sono in diminuzione rispetto al picco pandemico del 2023. A quanto pare, però, gli accampamenti e le violenze sono per D. C. e i suoi abitanti un problema vero – quasi 200 gli omicidi nel 2024, e un migliaio gli assalti con armi da fuoco, per una popolazione di 700 mila persone. Di recente anche due deputati sono stati vittime della criminalità: una è stata aggredita in ascensore, a un altro hanno puntato una pistola addosso rubandogli l’auto. Ed è impossibile non incappare nelle tende piazzate sulle grate della metro tra le vie del centro, a due passi dagli edifici federali. Per quanto i numeri possano essere in discesa, come dice il municipio, la questione sicurezza non è un’invenzione dello Studio ovale. Come molte altre città – tra tutte Philadelphia, Chicago e la vicina Baltimora – D. C. ha un problema. Ed è stato questo il punto degli articoli pubblicati da due dei principali quotidiani nazionali, stranamente allineati sul tema: il Wall Street Journal e il Washington Post. Il WaPo, di proprietà di Jeff Bezos – da qualche tempo morbido verso l’Amministrazione Trump – funziona anche da giornale locale per il District of Columbia e segue da sempre la cronaca e le politiche della sindaca democratica Muriel Bowser. “Molti residenti non si sentono sicuri”, ha scritto ieri l’editorial board del giornale, “e quello di cui avrebbe bisogno è più polizia”, e leggi che facilitino le azioni penali per i minori, e più attenzione a problemi come l’assenteismo scolastico. “Ripulire la città è un obiettivo onorevole”, ha scritto sempre ieri il Wsj, aggiungendo che Trump ha ragione: “L’amministrazione locale è disfunzionale”, e se il presidente vuole fare il poliziotto e sistemare la città, ben venga.
Il problema però è il metodo. Animato dalla retorica punitiva dell’alt-right, che vuole fare “pulizia” in ogni occasione possibile, dai “parassiti” che “avvelenano il paese” ai migranti che “mangiano cani e gatti”, Trump ha capito che può usare l’esercito come un passepartout. Fucili e uniformi diventano uno strumento per creare paura e promettere “ordine”. In queste azioni e in questo atteggiamento gli accademici esperti di regimi vedono la tipica pulsione autocratica. Il Washington Post ha definito l’invio di 800 membri della Guardia Nazionale uno “show di Trump per mostrare la sua forza”. Per volere della Casa Bianca il dipartimento della polizia della città è stato messo sotto il controllo federale. Bypassare il potere di governatori e delle autorità locali mette a rischio, a livello teorico, le posizioni federaliste dei padri costituenti, che speravano in un presidente che lasciasse agli stati più autonomia possibile.
Questo, secondo il giornalista del New York Times W. J. Hennigan, è un modo che sta usando il presidente per “esercitare controllo sulle parti blu del paese”, cioè le zone governate dai democratici, applicando dei poteri esecutivi raramente usati in passato. Dove non vince, occupa, come un Risiko che sfrutta i vuoti costituzionali e le situazioni di “emergenza”. Scrive Hennigan sul Nyt: “Il presidente a Washington ha più autorità che in qualsiasi altro luogo, ma i leader delle città in tutto il paese presteranno attenzione a quello che succederà qui”. La paura è che si crei un precedente, in cui il presidente-sbirro inizia a mandare in giro i suoi agenti armati per risolvere i problemi, togliendo autorità a sindaci e governatori e distruggendo il bilanciamento di potere che ha fatto reggere l’esperimento democratico americano fino ad ora.